Come molti cittadini e cittadine, siamo rimasti colpiti dalle notizie, emerse negli ultimi mesi grazie alla presa di parola delle vittime e alla benemerita azione della stampa, che hanno denunciato una situazione di molestie sessuali e mobbing che, da decenni, si è protratta presso l’Associazione Unitas, sfociata tra l’altro in denunce alla magistratura
Siamo rimasti ancor più colpiti per il fatto che si tratta di una delle maggiori associazioni private di assistenza in Ticino che riceve, per il suo funzionamento, un finanziamento importate da parte del Cantone; e che tra l’altro in passato è stata la destinataria di molti lasciti di persone che, immaginiamo, approvassero l’ambito di attività di questa associazione (assistenza ai ciechi e ipovedenti).
A seguito della polemica pubblica emersa abbiamo preso atto, come altri, della decisione di avviare un audit per verificare le responsabilità: un audit che in un primo tempo era stato sollecitato dalla stessa Unitas, ma che poi è stato avocato dall’autorità politica (il DSS attraverso La Divisione dell’azione sociale e delle famiglie – DASF).
Nelle scorse settimane, a seguito della consegna dei risultati di questo audit, abbiamo avuto diritto ad alcune dichiarazioni pubbliche (in particolare da parte di DSS e Unitas) che tendevano a considerare il problema “risolto”, facendo riferimento a generici provvedimenti in parte già predisposti da Unitas, in parte richiesti dal DSS.
Ma tutto questo non sembra aver né soddisfatto, né calmato le numerose persone che a più riprese, in passato, hanno denunciato la situazione e chiesto l’azzeramento degli organi direttivi di UNITAS.
In particolare, una recente intervista a La Regione, ha messo in luce, con l’intervento esplicito e scoperto di queste persone, i problemi rimasti sul tappeto e per nulla individuati (così sembra visto che l’audit non è pubblico) dall’audit; o, se segnalati, non sembrano aver trovato l’accordo di Unitas e della direzione del DSS.
Queste coraggiose vittime hanno pubblicamente sottolineato la propria delusione per quanto sta capitando; una ha ricordato: “Sono 40 anni che sono in UNITAS ed è sempre stato così. Gli piaceva toccare le donne e far loro proposte oscene, tutte eravamo molto a disagio. Quando c’erano i ritiri spirituali, di notte, bussava alle porte. Cercavamo tutte di tenerci alla larga e questo lo sapevano tutti. E la verità adesso deve venir fuori! Ce lo devono». O ancora, un’altra testimonianza: “È scandaloso che oggi alle vittime sia imposta una dirigenza che ha coperto oltre 20 anni di molestie”; e ancora:” La fiducia non c’è più; la dirigenza di Unitas se ne deve andare”.
A questo punto, pur non conoscedone il contenuto, viene da chiedersi se l’audit abbia effettivamente messo in rilievo i problemi che queste persone hanno coraggiosamente denunciato.
Dubbi sorgono leggendo gli orientamenti che, a mente del DSS, avrebbero dovuto guidare il mandato di chi ha effettuato l’audit. Nella comunicazione delle scorse settimane, relative alla conclusione di questa inchiesta, il DSS ricordava quale era l’obiettivo di questo audit: ““L’obiettivo di queste verifiche era quello di assicurarsi che quanto emerso, in particolare i presunti casi di molestie sessuali oggetto di segnalazione alle competenti autorità giudiziarie nel 2021, non pregiudicasse la qualità delle prestazioni erogate all’utenza. Più in generale, occorreva comprendere come l’Associazione avesse gestito queste situazioni, valutando se sussistessero ancora i necessari presupposti di fiducia nell’ambito del rapporto di partenariato intrattenuto con il Cantone.”
Come si vede l’obiettivo non era quello di mettere in luce i problemi legati alle molestie sessuali, ma l’unica preoccupazione era che queste cose non “pregiudicassero la qualità delle prestazioni erogate”. Come dire: se le prestazioni erogate erano di qualità (quelle agli utenti) poco importa cosa succedesse dal punto di vista dei rapporti interni (molestie sessuali e mobbing).
La stessa direzione del DSS conferma che l’audit si è di fatto fermato a questo livello: “Il rapporto finale redatto dall’avvocata Martinelli Peter conferma la presenza di criticità di natura formale e organizzativa, con particolare riferimento ai ruoli, alla vigilanza interna, alla gestione delle segnalazioni e al flusso di informazioni”. Di fronte alla prospettiva che venissero avviate misure di riorganizzazione, la stessa direzione del DSS conferma che “ A noi interessa più che altro il risultato, ovvero la qualità delle prestazioni e il rapporto di fiducia”.
Come già avvenuto per le vicende di molestie alla RSI, anche questo audit lascia aperte alcune delle questioni fondamentali e decisive poste da quelle donne che coraggiosamente avevano denunciato casi di molestie e mobbing. E non sorprende nemmeno che questi audit siano stati realizzati dalla stessa persona, che sembra ormai aver assunto il ruolo di punto di riferimento per questo tipo di esercizio nel nostro Cantone. Al di là del fatto di doversi attenere al mandato ricevuto, sorprende che i risultati siano in generale piuttosto “tranquillizzanti”.
Non osiamo pensare cosa potrebbe succedere con l’altro importante audit commissionato, quello relativo alla vicenda degli abusi e molestie in seno al DSS, perlomeno affidato ad un ente esterno al Cantone.
Resta il fatto che i meccanismi che sono alla base di questi audit sembrano non preoccuparsi di mettere al centro le denunce, le sofferenze e i bisogni di chi ha denunciato alcune situazioni, ma tendano a scivolare verso questioni di tipo organizzativo, formale, di funzionamento. Questioni che permettono quasi sempre alla parte denunciata di cavarsela a buon prezzo, che non si soffermano e non evidenziano le responsabilità di chi per anni vedeva e sapeva e non interveniva e che banalizzano o sminuiscono gli stati d’animo delle persone che hanno subito, per anni, molestie. Verosimilmente con UNITAS siamo avviati su questa strada.
L’MPS ritiene inaccettabile che queste vicende (come già è stato per il caso RSI) si concludano in questo modo. Chiede al governo innanzitutto di rendere pubblici i risultati dell’audit e di rimettere all’ordine del giorno la discussione su questa vicenda, che dovrà essere rianalizzata e affrontata in modo diverso. Si tratta inoltre di rispondere in modo adeguato alle preoccupazioni delle vittime che chiedono un azzeramento delle strutture direttive dell’associazione. Un atto dovuto per cercare di salvare la sua credibilità, non foss’altro per il fatto che, al suo interno, siede una persona che per anni ha diretto questa associazione.