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Circa 200 persone hanno partecipato nel tardo pomeriggio a Bellinzona a una manifestazione organizzata dal comitato contro la guerra in Ucraina e per il disarmo. Pubblichiamo qui di seguito l’intervento di Luca Torti a nome del comitato. (Red)

“Un anno fa, il 24 febbraio 2022, l’esercito di Putin ha iniziato l’invasione armata dell’Ucraina, dichiarando di fatto una guerra assolutamente ingiustificata, inumana, contro uno stato indipendente e una popolazione di 43 milioni di persone, donne, uomini, anziani, bambini.

Fino a quel momento la Russia ha sempre negato qualsiasi volontà di attacco, motivando l’ammassamento di truppe al confine come semplici manovre militari di routine. Era evidentemente una menzogna!

Nei giorni seguenti sono arrivate le prime motivazioni assolutamente infondate e meschine: si trattava di una “operazione speciale” per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, descritta come uno stato nemico.

Putin e i banditi che lo affiancano, pensavano ad una passeggiata, una presa di Kiev nel giro di pochi giorni, pensavano che la popolazione ucraina li avrebbe accolti come liberatori, pensavano di rifare l’operazione Crimea, pensavano che l’Occidente non avrebbe reagito e che il resto del mondo avrebbe semplicemente ratificato il suo operato.

È andata esattamente al contrario! L’esercito ucraino non si è venduto, ma soprattutto c’è stata la reazione incredibile della società civile. Milioni di persone, donne e uomini di ogni età, hanno saputo in brevissimo tempo organizzarsi e costruire quella rete di resistenza che ancora oggi resta invalicabile per l’esercito russo.

La reazione  della popolazione ucraina è stato senza dubbio l’elemento di maggior sorpresa per Putin.

Fin dalle prime settimane di guerra, l’esercito russo e i gruppi militari privati che rispondono direttamente al Cremlino, si sono macchiati di crimini contro l’umanità: gli stupri di massa contro le donne, le torture e le uccisioni di civili, i rapimenti di minori, i bombardamenti indiscriminati contro obiettivi civili, la messa in pericolo delle centrali nucleari, la distruzione delle zone agricole, l’impedimento alle navi ucraine di esportare il grano, la distruzione totale di interi villaggi e città.

Irpin, Makariv, Bucha, Chernikiv, Kharkiv, Izyum, Mariupol, Kherson, Bakhmut, e un lungo elenco di villaggi e città che andranno ricostruiti, luoghi dove prima del 24 febbraio dello scorso anno la gente viveva la propria vita, fatta di famiglia, lavoro, scuola, tempo libero, politica, volontariato, feste. Tutto questo è stato rubato, azzerato, annientato, dalla decisione di Putin di aggredire militarmente l’Ucraina.

Di questo, prima o poi, i responsabili dovranno rispondere.

La decisione di attaccare militarmente l’Ucraina ha scatenato in Russia molte proteste. La reazione del potere putiniano è stata violenta e molto repressiva. Sindacalisti, femministe, giornalisti, politici, donne e uomini qualsiasi, chiunque abbia osato in questo anno anche solo criticare questa follia è stato arrestato, condannato, allontanato, impedito di parlare. Le femministe russe, in prima fila fin dall’inizio, nella denuncia di questa guerra, dichiaravano nel loro manifesto reso pubblico nei primi giorni dopo il 24 febbraio che “ La Russia non ha concesso all’Ucraina il diritto all’autodeterminazione né alcuna speranza di vita pacifica. Guerra significa violenza, povertà, sfollamenti forzati, insicurezza e mancanza di futuro. La guerra porta con sé non solo la violenza delle bombe e dei proiettili, ma anche la violenza sessuale. Durante la guerra il rischio di essere violentata aumenta di molto per qualsiasi donna. Questa guerra è anche combattuta all’insegna dei cosiddetti valori tradizionali, cioè la disuguaglianza di genere e il patriarcato. Chiediamo alle femministe di tutto il mondo di unirsi alla nostra resistenza. Siamo tante e assieme possiamo fare molto. Siamo l’opposizione alla guerra, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro che prevarrà. Chiediamo alle femministe di tutto il mondo di partecipare alle azioni contro la guerra e la dittatura di Putin, di diffondere la solidarietà con l’Ucraina. Abbiamo bisogno che il mondo intero sostenga l’Ucraina e si rifiuti di aiutare in alcun modo il regime di Putin.”

A pochi giorni dall’8 marzo, giornata internazionale della donna, giornata di lotta e non di festa, queste parole assumono un grande valore e necessitano tutta la nostra solidarietà!

In Russia si continua a negare che quella in corso sia una guerra. Si continua a parlare di operazione speciale. Le famiglie, i parenti e gli amici dei soldati russi morti in questo anno hanno però capito, eccome, che di guerra si tratta. Sono decine di migliaia, centinaia di migliaia, tra morti, feriti, invalidi, prigionieri, scomparsi. Una generazione intera mandata al massacro, spesso senza sapere dove e perché, inconsapevole di tutto. Giovani, provenienti dalle regioni più remote della Russia, attratti dal miraggio di un salario, dal miraggio di sfuggire ad una vita di povertà e stenti, magari anche convinti dalla propaganda putiniana che gli ucraini erano, sono, una minaccia per la Russia. In un regime dove l’opposizione viene sistematicamente eliminata, l’unica narrazione esistente riesce purtroppo a fare breccia tra la popolazione. Per questo la solidarietà internazionale deve occuparsi anche di difendere e proteggere le oppositrici e gli oppositori interni alla Russia. Per questo abbiamo fatto delle campagne in Svizzera per ottenere il permesso di rifugiati per tutte quelle e quei russi, soldati e non, che hanno deciso di lasciare il paese, di fuggire da questa follia, di rifiutare la logica della guerra. Chi diserta da questa guerra è sotto la nostra protezione! Il degrado della situazione sociale ed economica, unitamente ai giovani che non ritornano, potrebbe favorire una presa di coscienza collettiva, spingere la gente a mettere in discussione quello che sembra un potere assoluto. Il risveglio della società civile russa potrebbe diventare la chiave di svolta della guerra, la messa in discussione del potere di Putin potrebbe essere l’inizio di un percorso di democratizzazione della società russa e contribuire, magari in modo decisivo, alla fine della guerra.

Disarmiamo Putin, disarmiamo i banditi che con lui hanno deciso di scatenare questa guerra!

Per questo servono anche le sanzioni, per questo il nostro comitato, fin dall’inizio, ha chiesto a gran voce alle autorità, svizzere e ticinesi, di applicarle nel modo più restrittivo possibile. La Svizzera ha fatto affari con il regime di Putin da sempre, la Svizzera è una piattaforma mondiale nel commercio di materie prime, la Svizzera ospita decine di oligarchi russi tra le persone più ricche al mondo, la Svizzera ha facilitato il loro arrivo concedendo permessi facili e sgravi fiscali enormi, nelle banche svizzere ci sono tra  150 e 200 miliardi di franchi depositati da questi oligarchi.

Questa vicinanza economica l’abbiamo denunciata.

Non si può solidarizzare con un popolo aggredito militarmente e nel contempo non rompere ogni tipo di legame con l’aggressore.

I soldi degli oligarchi, le loro fortune, i loro possedimenti, vanno bloccati, sequestrati e dovranno servire alla ricostruzione dell’Ucraina. La Svizzera deve chiedere di annullare l’enorme debito estero dell’Ucraina. La Svizzera deve ordinare e controllare il mercato delle materie prime, prima fonte di entrate per il regime di Putin.

Il nostro comitato si batte anche contro il riarmo della Svizzera, contro la decisione di aumentare le spese militari da 5 a 7 miliardi.

Non ne abbiamo bisogno! Non lo vogliamo!

Questo riarmo si farà tagliando nel sociale, colpendo i bisogni della popolazione, la sanità pubblica, la formazione, la lotta ai cambiamenti climatici, la lotta contro le disparità di genere.

Ed è invece proprio di tutto questo che noi tutte noi tutti abbiamo bisogno. Non di aerei da combattimento e di cannoni!

Chi ha fatto affari con Putin in questi anni, descrivendolo spesso come un grande statista, intrattenendo con lui anche rapporti di amicizia, pretende oggi di riarmare la Svizzera per far fronte ai pericoli di una guerra da Putin stesso scatenata.

Lo fanno senza vergognarsi e li dobbiamo fermare!

Questa guerra significa anche un disastro ambientale. Significa, come tutte le guerre, accelerare la crisi climatica e rendere invivibili territori enormi per decenni, forse secoli. Ecosistemi distrutti, suoli inquinati, falde e risorse idriche contaminate. Anche di questo è responsabile Putin e anche di questo dovrà rispondere.

In questi ultimi mesi, in pieno inverno, l’esercito russo  non ha smesso un solo giorno di colpire in modo indiscriminato obiettivi civili: scuole, ospedali, centrali elettriche, vie di comunicazione, centri abitati. Il solo scopo è quello di terrorizzare la popolazione, intaccare la sua volontà di resistenza, punire e vendicarsi contro un popolo che ha deciso senza tentennare di organizzarsi e respingere l’aggressore. Ogni giorno si contano nuove vittime civili, gente comune come potremmo essere noi,  che vive però nel terrore da ormai un anno.

Siamo con voi e facciamo il possibile per contribuire ad arrestare tutto questo. Ammiriamo la vostra determinazione. Vi accompagneremo e saremo al vostro fianco fino a quando i vostri diritti, tutti, saranno rispettati.

Questa guerra ha provocato un esodo di milioni di ucraine ed ucraini. Si parla di circa 8 milioni, nella maggior parte donne e bambini, fuggiti all’estero.

Altri milioni, forse una decina, sono gli sfollati interni. Dietro questi numeri ci sono le vite, le famiglie, le speranze, le paure , i dolori, le gioie,  di chi nel giro di qualche ora si è visto stravolgere tutto, di chi ha perso tutto. In Svizzera più di 60mila hanno trovato rifugio, in Ticino poco più di 3mila.

Abbiamo espresso soddisfazione per le facilitazioni nei loro confronti, per il permesso S di cui possono beneficiare. Chi fugge da una guerra deve avere un’accoglienza degna di questo nome, ma abbiamo pure richiesto lo stesso per tutte le persone che arrivano in fuga, da qualsiasi Paese provengano.

Non ci sono rifugiati di serie A e altri di serie B. Non c’è una guerra diversa dalle altre!

Le nostre richieste oggi

sono quelle del 24 febbraio 2022:

1) Fine della guerra e ritiro incondizionato dei soldati russi dal territorio dell’Ucraina.

2) Putin e i suoi collaboratori sono  i soli responsabili di questo massacro e dovranno risponderne.

3) La Svizzera deve applicare con il massimo rigore le sanzioni contro la Russia e i suoi oligarchi.

4) La Svizzera deve facilitare l’accoglienza a tutte le persone in fuga dalle  guerre, indipendentemente dalla provenienza.

5) La Svizzera deve farsi portavoce presso le istanze internazionali per annullare il debito estero dell’Ucraina.

6) Non accetteremo nessuna forma di riarmo in Svizzera.

La solidarietà si costruisce con le forze a disposizione. Raggiungete il comitato contro la guerra, prendete contatto con noi. Grazie”

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