Pubblichiamo la presa di posizione dell’MPS in merito alle proposte di risparmio che sono in discussione in seno alla amministrazione cantonale: proposte contenute in un documento del governo reso pubblico oggi dal quotidiano La Regione. (Red)
Si tratta di misure che vanno in due direzioni ben precise, entrambe con conseguenze per i cittadini e le cittadine.
La prima, preponderante, è quella di agire sul personale del Cantone attraverso una serie di misure che, in realtà, tendono a peggiorare il servizio pubblico; questo avviene sia nell’ambito amministrativo nei rapporti verso l’utenza (ad esempio, attraverso un ulteriore aggravamento della politica di non sostituzione sistematica del personale partente), sia nell’ambito di servizi assai più delicati come, ad esempio, l’insegnamento (in questo ambito si prevede di agire sulle supplenze, sostituzioni, personale ausiliario, etc.).
La seconda, riguarda l’onere finanziario per i cittadini e le cittadine che fanno ricorso ai servizi dello Stato. In poche parole si scaricano sulle spalle dei cittadini e delle cittadine possibili risparmi sui costi delle prestazioni. Vanno in questa direzione, ad esempio, la cosiddetta “Limitazione dei contributi potestativi” che permetterà all’amministrazione di sfruttare il proprio margine di apprezzamento per spingere verso il basso i contributi da versare a cittadini (verosimilmente in difficoltà) e “sgravare” in questo modo i conti del Cantone; oppure, il cosiddetto “Aumento dei ricavi non fiscali (tasse causali)” che permette al Cantone di fissare un minimo e un massimo del contributo richiesto agli utenti per beneficiare di servizi e prestazioni.
Peggioramento del servizio pubblico e ribaltamento degli oneri sui cittadini e le cittadine che più hanno bisogno dell’intervento dello Stato: sono queste le due direttrici che emergono dal documento reso pubblico.
Si tratta di un intervento che l’MPS non condivide per il segnale regressivo che esso rappresenta, andando a colpire di fatto – qualitativamente e quantitativamente – i servizi che vengono offerti ai cittadini e alle cittadine.
Quanto alla logica di tale modo di procedere val la pena ribadire alcuni aspetti.
1. I provvedimenti prospettati andranno di fatto a colpire le fasce più deboli della popolazione; ciò non solo è condannabile dal punto di vista politico generale, ma appare in aperto contrasto perfino con gli orientamenti difesi da chi tale politica l’ha proposta e approvata (in particolare attraverso l’adozione del cosiddetto decreto Morisoli): infatti, almeno a parole, costoro escludevano che misure di contenimento della spesa potessero colpire le fasce più deboli della popolazione. Non sarà così proprio per la natura delle misure avanzate.
2. I provvedimenti prospettati nel documento verranno realizzati senza la possibilità di un confronto politico pubblica e una decisione politica. Non sostituire il personale, aumentare le tasse causali ed altre misure previste sono provvedimenti di natura eminentemente politica per le loro conseguenze sulle condizioni di vita dei cittadini e delle cittadine (sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo). Questo modo di procedere, che si nasconde dietro pretese di “ottimizzazione” e di “razionalizzazione” della spesa è in realtà una tendenza preoccupante che conferma un’involuzione del sistema politico sempre più dominato dagli esecutivi.
3. L’MPS non condivide la logica catastrofistica sulle finanze cantonali sottesa alla implementazione di tali misure e, più in generale, alla logica di contenimento e diminuzione della spesa pubblica e del debito pubblico. Un debito pubblico di due miliardi (continuamente messo in avanti con l’intento di spaventare i cittadini e le cittadine con cifre miliardarie) è assolutamente contenuto rispetto alla ricchezza prodotta nel Cantone che, lo ricordiamo, segnava nel 2020 (anno della pandemia), un PIL cantonale di quasi 30 miliardi. Riportato a questo dato il debito pubblico del Cantone (e un suo eventuale aumento) appare del tutto sostenibile.
4. Se si vuole agire (e per l’MPS appare necessario farlo) per aumentare lo spazio di manovra del Cantone, necessario per rispondere ai bisogni sempre più emergenti dalla società in vari ambiti, è sulle entrate che bisognerà concentrarsi, modificando la politica fiscale del Cantone che da ormai oltre due decenni favorisce i detentori di altri patrimoni e alti redditi. Politica confermata ancora con la proposta di riforma fiscale del 2018 (purtroppo approvata, seppur per meno di duecento voti, in votazione popolare). Ebbene, per noi la via maestra è la correzione di quella profonda sperequazione della ricchezza (e quindi anche del contributo fiscale) la quale abbiamo assistito, come detto, negli ultimi due decenni. Basterà qui ricordare che A partire da inizio anni ’90 la forbice fra le grandi e le piccole sostanze tende ad allargarsi progressivamente. A titolo puramente esemplificativo ricordiamo che i contribuenti con 5 e più milioni di franchi di patrimonio netto, ne 1981 rappresentavano lo 0,19% (179 unità) del totale dei contribuenti ticinesi e possedeva il 15,68% di tutta la sostanza dichiarata, ossia 2’183 miliardi di franchi. Nel 2019, questi contribuenti erano 2’136, rappresentavano lo 0,84% del totale dei contribuenti e detenevano il 40,32% di tutta la sostanza dichiarata, una somma di 32,730 miliardi di franchi. Dal 1981 al 2019, il loro patrimonio netto totale è aumentato del 1’376%.