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Ormai tutte le forze politiche, da destra a sinistra, hanno abbracciato l’ideologia del meno imposte. Un’ideologia comune che si trasforma in proposte di sgravi fiscali che bruciano decine di milioni di franchi senza apportare un serio e decisivo aiuto ai redditi che più ne hanno bisogno, perché più pesantemente colpiti dalla crisi sociale. E non servono neppure al cosiddetto “ceto medio”, cioè i redditi netti tra 100’000 e 150’000 franchi.

Peggio ancora, questi sgravi fiscali milionari, diminuendo le entrate fiscali, alimentano le politiche di risparmio, di tagli quantitativi e qualitativi nei servizi pubblici, come scuole, ospedali, aiuti domiciliari, case per anziani, ecc. Un circolo vizioso socialmente inaccettabile – sgravi, riduzione delle entrate e piani di risparmio – che deve e può essere rotto.

E si può farlo agendo sulla ripartizione della ricchezza prodotta nel nostro cantone, seguendo lo slogan “I soldi ci sono, facciamo pagare i ricchi!”. Infatti, nel nostro cantone di ci sono due verità: la crisi sociale che aggrava le condizioni di vita di migliaia di salariati e salariate e, all’apposto, la ricchezza sempre più concentrata nelle mani di un’ultra-minoranza di possidenti, una ricchezza che inoltre non smette di crescere. A dirlo in maniera inequivocabile sono i dati pubblicati dall’Amministrazione Federale delle Contribuzioni in materia di ripartizione della sostanza netta dichiarata. La statistica sulla sostanza fotografa al massimo il 50% della sostanza realmente posseduta dai contribuenti con un patrimonio superiore ai 5 milioni di franchi. Infatti costoro sono quelli che praticano maggiormente l’evasione fiscale e che possono pagarsi i preziosi servizi di fiduciari e studi di avvocatura in grado di offrire le migliori soluzioni in materia di ottimizzazione fiscale.

L’analisi di questi dati fa emergere un quadro sociale ed economico inaccettabile. A partire da inizio anni ’90 la forbice fra le grandi e le piccole sostanze tende ad allargarsi progressivamente. È il risultato dall’avvio della contro-riforma neoliberale, particolarmente incisiva per quello che riguarda la ridistribuzione della ricchezza a favore dei possidenti, grazie alla defiscalizzazione dei grandi patrimoni e degli utili aziendali. A partire dal 2005 si assiste a un ulteriore cambiamento di rilievo: i patrimoni netti superiori ai 5 milioni di franchi e più progrediscono in maniera molto più marcata rispetto al passato. Nel 2008, lo stesso movimento caratterizza anche i patrimoni dai 10 milioni di franchi e più. Una crescita continua fino ai nostri giorni. La concentrazione crescente della ricchezza in mano a un numero ristretto di contribuenti diventa il tratto caratteristico della società ticinese degli ultimi 15 anni. Alcuni semplici dati illustrano perfettamente la situazione:

  • Nel 1981, i contribuenti con una sostanza netta dichiarata superiore a 1 milione di franchi erano 2’311 e rappresentavano il 2,43% dei contribuenti totali. La loro sostanza ammontava a 6,130 miliardi di franchi, pari al 44,03% di tutta la sostanza dichiarata. Nel 2019, il loro numero è salito a 13’349 unità, pari al 5,21% dei contribuenti totali. La sostanza da essi detenuta è lievitata a 55 miliardi di franchi, pari al 68% della sostanza netta dichiarata. Sul periodo preso in considerazione, la sostanza di questa fascia di contribuenti è cresciuta dell’800%.
  • Nel 1981, i contribuenti con un patrimonio dai 2 milioni di franchi in su detenevano il 29,73% della sostanza e rappresentavano lo 0,89% del totale dei contribuenti; nel 2019, i contribuenti con un patrimonio dai 2 milioni di franchi in su detenevano il 55,56% della sostanza netta e rappresentavano il 2,41% del totale dei contribuenti. Detto altrimenti, nel 1981, i contribuenti con un patrimonio dai 2 milioni di franchi in su erano 847 e possedevano 4,139,2 miliardi di franchi di sostanza netta. Nel 2019, i contribuenti con un patrimonio dai 2 milioni di franchi in su erano 6’175 e possedevano 45,105 miliardi di franchi di sostanza netta.
  • Ancora più violenta la crescita dei patrimoni dei contribuenti con 5 e più milioni di franchi. Nel 1981, questa categoria rappresentava lo 0,19% (179 unità) del totale dei contribuenti ticinesi e possedeva il 15,68% di tutta la sostanza dichiarata, ossia 2’183 miliardi di franchi. Nel 2019, i 2’136 nuovi contribuenti con 5 e più milioni di sostanza netta rappresentavano lo 0,84% del totale dei contribuenti e detenevano il 40,32% di tutta la sostanza dichiarata, una somma di 32,730 miliardi di franchi. Dal 1981 al 2019, il loro patrimonio netto totale è aumentato del 1’376%.
  • Sul fronte opposto, la situazione è peggiorata di molto. Nel 1981, i contribuenti con un patrimonio compreso tra 1’000 e 200’000 franchi – ossia i salariati e le salariate, alcuni con patrimonio ereditato – detenevano il 24,41% della sostanza netta (3,398 miliardi di franchi) e rappresentavano il 51,94% del totale dei contribuenti (81’862 unità). Nel 2019, questa fascia di contribuenti possedeva l’8,46% della sostanza netta (6,863 miliardi di franchi) e rappresentavano il 48,76% del totale dei contribuenti (125’038 unità).
  • Per quanto riguarda la fascia dei contribuenti a beneficio di una sostanza netta dichiarata compresa tra i 1’000 e i 50’000 franchi, la loro percentuale è passata dal 36,16% del totale (56’979 unità) nel 1981 al 28,68% (73’546 unità) nel 2019. Nel 1981 possedevano il 5,99% della sostanza totale (833,4 milioni), mentre nel 2019 non ne controllavano più che l’1,49% (1,208 miliardi di franchi).

In Ticino, ma in Svizzera è dappertutto la stessa cosa, la disuguaglianza in termini di patrimoni (ricchezza) è fenomenale e non smette di approfondirsi. Lo slogan “sempre meno ricchezza per tutti, sempre più ricchezza per pochissimi” è assolutamente pertinente. I dati sulla sostanza in Ticino inducono a una conclusione indiscutibile: 30 anni di sgravi fiscali hanno contribuito ad aggravare le disuguaglianze sociali, portando la concentrazione della ricchezza patrimoniale nelle mani di un’ultra-minoranza di super-ricchi a dei livelli che non hanno uguali non solo nei paesi capitalisti avanzati ma neppure nei paesi retti da sistemi politici oligarchici. Non è esagerato affermare che mai nella storia contemporanea elvetica si è assistito a una polarizzazione tale tra detentori di capitali e popolazione salariata. Il Credit Suisse, nel novembre del 2017, scriveva che «fra i 10 paesi con le più lunghe serie di dati sulla distribuzione della ricchezza, la Svizzera è la sola a non aver conosciuto una significativa riduzione delle disuguaglianze rispetto al secolo scorso» (1). La liberale Tribune de Genève affermava che «alla luce del coefficiente di Gini, la Svizzera ha tutti i tratti di un’oligarchia che vede i patrimoni concentrarsi in alcune mani» (2).

Non c’è nessuna “comunanza d’interessi”, non c’è nessuna “simmetria dei vantaggi” nel favorire la defiscalizzazione degli alti redditi, dei grandi patrimoni e dei profitti delle persone giuridiche. Così facendo s’incentiva esclusivamente la crescita e la concentrazione della ricchezza detenuta da una cerchia ristretta di possidenti e delle loro imprese, sulle spalle delle salariate e dei salariati che vedono invece peggiorare le loro condizioni di vita. Non è mai troppo tardi per prendere coscienza di questa condizione sistemica e di agire di conseguenza. 

Per queste ragioni, l’MPS propone un cambiamento radicale in materia di fiscalità. Mentre governo e partiti borghesi rilanciano nuove proposte di sgravi, l’MPS vuole andare a cercare i soldi la dove ci sono: nelle tasche di chi ha grandi capacità contributive, delle SA, dei grandi patrimoni! In questo senso, chiediamo:

1) L’aumento dell’aliquota sugli utili delle persone giuridiche al 15%;

2) il raddoppio dell’aliquota sul capitale delle persone giuridiche;

3) l’aumento (almeno del 20%) delle aliquote fiscali sulle persone fisiche per i redditi imponibili superiori ai 100’000 franchi;

4) l’abolizione dell’imposizione forfettaria (per i sempre più presenti ricchi stranieri);

5) la pubblicità di tutti i dati fiscali.


[1] Credito Svizzero, Global Wealth, Report 2017, novembre 2017, p. 53.

[2] Tribune de Genève, 9 maggio 2014.

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