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Marx ha dimostrato che il capitale ha due modi per aumentare la produzione di plusvalore: o aumentando il tasso di sfruttamento, prolungando l’orario di lavoro o abbassando i salari, oppure sviluppando la produttività attraverso la meccanizzazione del lavoro (1). Oggi possiamo constatare un calo degli aumenti di produttività nel contesto di un capitalismo terziarizzato, in crisi dal 2007-2008, che rende difficile la seconda soluzione.

Per il capitalismo in crisi non resta quindi che far capo alla prima delle modalità suindicate per continuare a riprodursi come sistema economico: aumentare il tasso di sfruttamento. È in questo contesto che dobbiamo comprendere l’attuale controriforma sulle pensioni.

Un lavoro riproduttivo sempre più mercificato

Questo aumento brutale dello sfruttamento si ripercuote su un altro ambito spesso invisibile, anche se essenziale per il funzionamento del capitalismo, quello che il femminismo marxista ha denominato “riproduzione sociale“. Infatti, per continuare a produrre, è necessario riprodurre le condizioni di produzione e, tra queste, l’esistenza di una forza lavoro costantemente rinnovata.

Il lavoro riproduttivo è proprio quello che produce e riproduce la forza lavoro, cioè lavoratori e lavoratrici, su base quotidiana e generazionale. Storicamente, questo lavoro è stato svolto principalmente dalle donne in famiglia (lavori domestici, cucina, educazione dei figli, ecc.). Sotto la spinta delle lotte sociali e femministe del XX° secolo, essa è stata in parte mutualizzata attraverso i servizi pubblici, ad esempio nel campo della sanità e dell’istruzione. Oggi, con lo sviluppo del neoliberismo, stiamo assistendo a un ultimo stravolgimento della sua erogazione: essa è sempre più mercificata, svolta dal settore privato, attraverso i servizi alla persona. Ma, come sottolinea Nancy Fraser, “in un contesto di crescente disuguaglianza, questo porta a una riproduzione sociale a due velocità: utilizzata come merce per coloro che possono pagarne il prezzo, rimane un onere per coloro che non possono permettersela” (2).

Verso una crisi della riproduzione sociale?

La controriforma delle pensioni, così come tutte le misure volte ad aumentare il tasso di sfruttamento, non farà altro che rafforzare la difficoltà delle famiglie, e in particolare delle donne, a garantire il proprio lavoro riproduttivo. Nel contesto della disgregazione dei servizi pubblici, dell’aumento del tempo dedicato al lavoro retribuito e dell’impossibilità di contare su lavoratori anziani che a loro volta lavorano sempre più a lungo, diventerà sempre più difficile per tutti rinnovare la propria forza lavoro e quella della propria famiglia. Non c’è tempo per preparare i pasti, per accudire i bambini, non ci sono servizi sanitari per curarsi, una selezione sempre più grande che rende difficile l’accesso all’istruzione, ecc. Tutte le attività sono quindi orientate verso il lavoro salariato. Questi sconvolgimenti contemporanei hanno portato alcuni autori a parlare di una “crisi della riproduzione sociale“. A lungo termine, questo potrebbe avere conseguenze importanti: una vera crisi della riproduzione sociale porterebbe a una crisi della forza lavoro, che a sua volta accelererebbe la crisi del capitalismo. Si tratta di una tensione non nuova, anzi si tratta di una tendenza globale del capitalismo che, fin dal suo allargamento nel XIX° secolo, ha sempre puntato a ridurre il più possibile il lavoro riproduttivo, per la semplice ragione che si tratta di un lavoro che non produce direttamente valore. Ha quindi cercato di risolvere questa contraddizione fondamentale in modo diverso nel corso della sua storia, in bilico tra la necessità di (ri)produrre la forza lavoro e quella di (ri)produrre profitti. Senza mai riuscire a superare tale contraddizione di fondo.

Diminuire il “regno della necessità”

L’unico modo per superare tale contraddizione è uscire dalla logica del profitto e rimettere al centro la vita: per questo dobbiamo chiedere un’altra organizzazione della riproduzione sociale. Per questo dobbiamo batterci per una diversa organizzazione della riproduzione sociale; e non certo per tornare alla cura individuale e isolata in seno alla desco famigliare, centro dello sfruttamento delle donne, ma al contrario rivendicandone la socializzazione. Ovviamente ciò richiede innanzitutto il finanziamento degli attuali servizi pubblici e il loro ampliamento, sia in termini quantitativi che qualitativi. Ma richiede anche una riorganizzazione della nostra vita quotidiana, mutualizzando una serie di compiti riproduttivi, ad esempio sviluppando mense collettive, lavanderie e strutture per l’infanzia a livello di immobili e/o quartieri. Tale condivisione porterebbe innanzitutto i compiti riproduttivi fuori dalle mura domestiche, centro nevralgico dell’oppressione femminile.

Inoltre, occuparsene collettivamente consentirebbe di risparmiare tempo: anziché far svolgere a ciascuno di noi gli stessi compiti a casa ogni giorno, facendoli svolgere in maniera intermittente, sarebbe necessario molto meno tempo. In questo modo rimetteremmo il tempo libero al centro della nostra vita, per poterlo sfruttare al meglio. Nelle parole di Marx, diminuiremmo così il “regno della necessità” per aumentare il regno della libertà: “Il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna;  si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria. (…) Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa” (3). Vorremmo semplicemente modificare Marx aggiungendo che la sfida non è solo quella di ridurre la giornata lavorativa, ma anche la doppia giornata lavorativa. Si comincia oggi, combattendo il governo la sua controriforma delle pensioni. Ma al di là di questa logica difensiva, è necessario avanzare un’alternativa alla disorganizzazione capitalistica della riproduzione sociale. È più che mai giunto il momento di far risuonare il nostro slogan: le nostre vite, non i loro profitti!

*articolo apparso su L’Anticapitaliste, nro 647, 2 febbraio 2023. Traduzione a cura del segretariato MPS

1.K. Marx, ‘Il Capitale’, Torino, 1975, Libro I

2. Nancy Fraser, “Crisi delle cure? Paradossi socio-riproduttivi del capitalismo contemporaneo”, in Tithi Bhattacharya (a cura di), Avant 8 heures, après 17 heures. Capitalisme et reproduction sociale, Toulouse, Blast, 2020, pag. 47.

3. K. Marx, ‘Il Capitale’, Torino, 1975, Libro III, cap. 48, pp. 1102 seg.

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