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Ora è stata fatta finalmente chiarezza e nessuno (speriamo) potrà più nascondersi dietro a giustificazioni assurde per non assumersi la responsabilità di non aver agito a tutela delle vittime dell’ex funzionario pubblico del DSS (ora in pensione) e condannato per violenza carnale.

L’audit commissionato ad un ente esterno mette in evidenza responsabilità e carenze nella gestione del caso e chiarisce che i diretti superiori erano al corrente di quanto succedeva e non hanno fatto nulla per porre fine a quella situazione e per proteggere le vittime.

Una circostanza ancora più grave se si pensa che, tra i diretti superiori dell’ex-funzionario, vi erano persone che sedevano in strutture per la protezione delle vittime di violenza e molestie. Come è mai possibile che queste persone non abbiano gli strumenti per riconoscere una molestia e sapere come intervenire?

Nella presentazione pubblica delle conclusioni dell’audit commissionato dal Parlamento, la responsabile dell’analisi ha affermato con chiarezza che vi sono stati “errori specifici nella gestione del caso individuale dell’ex funzionario”. In particolare, un rifiuto di agire che, stando a chi ha svolto l’audit, ha anche rilevanza legale: secondo la Lpar (legge sulla parità), infatti, le molestie comprendono molti atti non necessariamente di natura penale ma che comunque rappresentano una violazione della legge.

Da quanto emerso dalla stampa le conclusioni dell’audit sono impietose e le carenze riscontrate gravi e ripetute.

L’analisi mette però in evidenza anche un problema più generale di gestione del personale all’interno dell’amministrazione; il che conferma che sicuramente non si tratta di un caso isolato ma di una gestione del personale che non rispetta i criteri di tutela e protezione necessari. Anche qui emerge chiaramente come la comprensione della natura delle molestie sessuali sfugga a tutta l’amministrazione e ai suoi dirigenti; di questo in fondo avevamo già avuto una conferma con l’assurdo comportamento tenuto , fino a livello del governo, nella recente vicenda Unitas.

L’audit infine sottolinea la mancanza di misure concrete interne all’amministrazione per tutelare il personale e agire concretamente per evitare altri casi simili.

Ora sarebbe davvero il caso che tutti coloro che per anni hanno fatto finta di non sapere, non hanno agito e addirittura hanno accusato le vittime di non aver parlato, chiedessero pubblicamente scusa e si assumessero le loro responsabilità e che la causa intentata nei confronti dello stato da parte di uno dei superiori venisse ritirata.

Sarebbe inoltre urgente e necessario che il governo si chinasse sulle raccomandazioni presenti nell’audit e in tempi brevi mettesse in atto tutte le misure necessarie per cambiare radicalmente modo di fare e promuovere all’interno dell’amministrazione azioni concrete per proteggere le vittime e prevenire le molestie.

Un vero piano d’azione che non renda vano il lavoro dell’audit e permetta a tutte le lavoratrici e ai lavoratori dell’amministrazione di lavorare in un ambiente sano e protetto.

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