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Il terremoto finanziario generato della profonda crisi di Credit Suisse (sapremo nelle prossime ore se fatale) potrebbe avere gravi conseguenze anche a livello locale, mettendo in tutti casi in evidenza la fragilità e l’inconsistenza di alcune scelte politiche.

Facciamo ovviamente riferimento al progetto speculativo del Polo Sportivo e degli Eventi (PSE). Un progetto all’interno del quale il Credito Svizzero e alcune sue società giocano un ruolo assolutamente decisivo. Un crollo della grande banca svizzera potrebbe far crollare oppure ritardare in maniera pesante la realizzazione del mega progetto immobiliare luganese, con buona pace di chi ne ha nascosto le evidenti fragilità in nome dell’interesse supremo dello sport.

Ricordiamo che Credit Suisse controlla il PSE attraverso due società: la Credit Suisse Funds AG e la Credit Suisse Anlagestiftungen. La prima si occupa di gestione degli investimenti (gestione patrimoniale, mercati dei capitali, fondi, azioni, materie prime, ecc.), la seconda rappresenta le società che gestiscono i patrimoni di oltre 1’000 casse pensioni, per un totale di attivi superiore ai 20 miliardi di franchi. Come detto, le società di Credit Suisse sono un perno fondamentale di questa operazione. Sono i committenti del Palazzetto dello Sport (PSE1), delle due Torri, del Blocco Servizi, dell’Edificio Sud e dei relativi autosili (PSE2), dell’Edificio Ovest (palazzi residenziali) e relativo autosilo (PSE3).

Il Credit Suisse è dunque il committente dei 4/5 del PSE, ossia l’investitore imprescindibile dell’intera operazione immobiliare. L’accordo di Partenariato Pubblico Privato (PPP) che regola i complessi rapporti commerciali e di proprietà alla base del PSE impone ai partner privati di attestare «di non essere in stato di crisi, insolvenza, liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo o altre procedure fallimentari» (p. 4). 

Ora, appare indiscutibile che Credit Suisse sia in profonda crisi, forse irreversibile. La situazione impone dunque alcune domande e osservazioni all’indirizzo del Municipio e del consiglio comunale di Lugano, oltre che del Cantone e del Parlamento cantonale che, senza problemi, ha deciso un regalo di 17 milioni non più di un paio di settimane fa (naturalmente all’insegna di una gestione oculata delle spese!). L’evidente crisi di Credit Suisse mette in discussione la sua partecipazione legale al progetto del PSE.

Al di là di questi aspetti, le autorità cittadine come stanno affrontando la situazione? Quale Plan B stanno elaborando? Più in generale, come pensano di gestire la situazione qualora la crisi di Credit Suisse diventasse fosse irreversibile? E quali effetti, in termini di tempistiche, di costi e legali, comporterebbe il fatto che Credit Suisse passasse nelle mani di un’altra proprietà (UBS o altri gruppi finanziari)? In definitiva, la crisi di Credit Suisse può essere fatale per il PSE? Tutte domande che impongono delle risposte rapide e approfondite. E di certo non basta l’ottimismo becero del Municipale Badaracco che afferma che non crede che a Credit Suisse possa succedere qualcosa. In ballo ci sono centinaia di milioni di franchi che le cittadine e i cittadini di Lugano dovranno coprire in futuro. E decine di migliaia di utenti sportivi cittadini.

Nel frattempo, una considerazione finale la esprimiamo noi. Noi abbiamo denunciato l’assurda scelta di realizzare il progetto sulla base del Partenariato Pubblico Privato (PPP). L’attualità delle ultime ore ci sta dando ragione. Se il Comune di Lugano avesse proceduto con un proprio investimento, quindi come committente e proprietario diretto, non solo avrebbe risparmiato milioni di franchi, ma avrebbe evitato di trovarsi in una situazione che rischia di minare o di ritardare pesantemente la realizzazione di questo progetto immobiliare. Le società private capitaliste falliscono, le istituzioni pubbliche no. Autorità politiche capaci non avrebbero dovuto assumere questi rischi. E adesso avanti con il sistema del PPP anche per il Polo Turistico Congressuale…