Gli sviluppi degli ultimi giorni in Francia sono noti. Macron ha superato due mozioni di censura, depositate dopo il ricorso da parte del suo governo all’art. 49.3 della Costituzione che, di fatto, prevede che una legge debba essere considerata accettata se non vi è una maggioranza in Parlamento che vi si oppone.
Dopo questa decisioni si sono moltiplicate le mobilitazioni spontanee e gli scioperi in alcuni settori cruciali (trasporti, rifornimenti carburante, raccolta spazzatura, etc.).
È chiaro tuttavia che ormai il conflitto ha ampiamente superato la questione delle pensioni e si è elevato ad uno sconto politico più generale con il potere e il governo. Necessita quindi una nuova tappa, decisiva, nella mobilitazione. Un primo appuntamento sarà la giornata di sciopero generale indetta dall’Intersindacale per giovedì 23 marzo.
Pubblichiamo qui di seguito l’ultima presa di posizione dei nostri compagni e le nostre compagne del Nouveau Parti Anticapitaliste (NPA), fortemente implicati nella mobilitazione. (Red)
La censura (al governo, NdT) non è stata approvata per soli 9 voti. Questi 9 voti mostrano quanto sia debole il sostegno di cui dispone questo governo nell’Assemblea, nazionale eletta con uno sistema maggioritario con appena il 12% degli aventi diritti del primo turno.
49,3, 47,1, mozione di censura, l’illegittimità di Macron, del governo e della V Repubblica è totale; sono lì per imporre decisioni antidemocratiche, antisociali, autoritarie contro la maggioranza della popolazione. Bisogna farla finita.
Ma Macron non vuole intendere alcuna ragione, ha scelto lo scontro con il movimento operaio, con le sue organizzazioni, i loro diritti democratici. La repressione, pienamente dispiegata dopo il ricorso al 49.3 ne è l’illustrazione.
La sola risposta possibile è quella della piazza, di un’intensificazione della mobilitazione, con la costruzione di uno sciopero di massa, in tutti i luoghi di lavoro, il 23 marzo, ma anche dopo, giorno dopo giorno, per lo sviluppo di uno sciopero a oltranza. È questo l’unico modo per vincere e farla finita con questo governo.
I giovani che si stanno mettendo in movimento, vi contribuiranno mettendo in luce la gravità della situazione, la mancanza di futuro per la gioventù, tra lo SNU (un servizio universale nazionale funzionale alla irreggimentazione dei giovani, NdT), la crisi climatica e le riforme antisociali. L’utilizzo del 49.3 ha suscitato una indignazione così forte dando un secondo slancio alla mobilitazione. I settori che già si sono mobilitati sono stati rafforzati nella loro azione e sostenuti dalle diverse delegazioni di scioperanti/militanti. Esempi: fermate nel settore privato, scioperi nella nettezza urbana, in diversi comparti dell’energia, che appaiono come i settori di punta della mobilitazione (idroelettrico, centrali nucleari, depositi petroliferi e raffinerie) scioperi nei trasporti, nella scuola… In forme complementari numerosi blocchi stradali sono stati messi in piedi nelle città, sulle rotonde riprendendo la simbologia dei gilets jaunes, nelle zone industriali o nelle aree della logistica. A questo si aggiungono le manifestazioni tutti i giorni in molte città dopo il 49.3 e, soprattutto, lunedì sera, dopo il rigetto delle mozioni di censura.
Costruire la mobilitazione, per un’alternativa al sistema
La vera democrazia è nelle piazze. Ma noi dobbiamo esercitarla quando ancora l’auto-organizzazione è estremamente fragile. Dobbiamo strutturare le assemblee popolari, sui luoghi di lavoro, nei diversi ambienti, nei quartieri popolari per discutere i tempi della mobilitazione, delle sue modalità, del blocco totale del paese da parte di coloro che ne hanno la forza perché sono loro che producono la ricchezza. La manifestazione di giovedì 23 deve essere ancora più massiccia delle precedenti, mostrare la determinazione popolare per vincere.
Le organizzazioni del movimento operaio, sindacati, associazioni, partiti, devono contribuire a costruire un’alternativa al sistema e discutere di una piattaforma di rivendicazioni da contrapporre a quella del potere: per il ritiro delle riforma, ma anche per il ritorno ai 60 anni dell’età della pensione, per degli aumenti salariali, per una transizione ecologica, risorse per la scuola e gli ospedali, per l’indennità di disoccupazione, il ritiro della Legge Darmanin (ministro dell’interno autore di una legge poliziesca ipertecnologizzata, n.d.r.), ecc.
Le riunioni pubbliche e i dibattiti unitari, che già esistono in numerose città, devono moltiplicarsi per coinvolgere la popolazione e la costruzione di un’alternativa.
Gli stessi meccanismi parlamentari hanno rivelato a livello di massa l’aspetto totalmente antidemocratico della V Repubblica. Si pone la necessità di un’assemblea costituente per stabilire chi deve decidere quali debbano essere le priorità di un’organizzazione della società al servizio della maggioranza della popolazione, e si pone il problema dell’autorappresentazione delle classi popolari.
L’ampiezza delle mobilitazioni ha rimesso in evidenza la dura lotta che esiste tra le classi sociali. Se da una parte possiamo rallegrarci degli elementi di ricostruzione della coscienza di classe, non dobbiamo però sottovalutare gli elementi strutturali del periodo, tra cui l’ascesa dell’estrema destra. Con l’allargarsi dello scontro non può essere scartata l’ipotesi che la borghesia voglia ricorrere a una soluzione autoritaria. Questo rafforza la necessità della costruzione di un fronte unico, il più ampio possibile su un programma chiaro.
Tutto ciò non sostituisce la mobilitazione sociale, la costruzione dello sciopero e i blocchi delle strade. Sono al contrario degli strumenti complementari perché questo conflitto, che fin dall’inizio è uno scontro politico tra le classi possidenti e le classi popolari, trovi uno sbocco nella vittoria del mondo del lavoro e della gioventù.