La piazza finanziaria e bancaria di Lugano conosce il suo forte sviluppo nella seconda metà del XX° secolo. La vicinanza con l’Italia non è secondaria in questa dinamica di sviluppo e crescita. Nel paese vicino, infatti, la crescita economica, il famoso “miracolo economico”, ha permesso la creazione di grandi ricchezze che prendevano la via del Ticino per svariati motivi: la situazione politica instabile della penisola, il richiamo del segreto bancario svizzero, il desiderio di sfuggire al fisco italiano.
Lugano in particolare approfittò di queste contingenze, diventando una città a trazione bancaria, con uno sviluppo senza precedenti. Basti dare un’occhiata a due dati: nel 1950, in tutto il Ticino, c’erano circa 500 impiegati nel settore bancario, nel 1990 ne troviamo quasi 9’000. Da quel momento inizia un declino che ha lasciato profonde tracce nel tessuto sociale ed economico. Le scelte neoliberiste, anche nel settore della finanza e bancario, la globalizzazione del sistema finanziario, la razionalizzazione delle diverse attività finanziarie, la marginalità del Ticino rispetto ai grandi centri di potere in Svizzera, hanno condannato al fallimento di queste scelte politiche ben precise. La città di Lugano ha vissuto l’ascesa che abbiamo descritto e il relativo declino. Dichiarazioni altisonanti quali “Lugano si sta affermando come la terza piazza finanziaria svizzera; le banche stanno vivendo un momento d’espansione particolarmente forte e un mutamento della loro clientela, grazie alla crescente interdipendenza dei mercati finanziari e all’aeroporto di Agno” (RSI, Il Quotidiano, 19.11.1985), risuonavano senza sosta. Questa crescita andava di pari passo con la ricerca di personale, anche se poco qualificato per il tipo d’attività. Molti artigiani e operai abbandonarono le attività in botteghe, negozi e piccole ditte, per ingrossare le fila dei bancari, con il prestigio sociale che ne seguiva. La classe politica dominante di quel momento, la stessa per orientamento ideologico di oggi, seguiva sostanzialmente questa evoluzione, nella prospettiva illusoria di cavalcarla a proprio beneficio. Il resto è storia nota, con chiusure a ripetizione, perdita di centinaia di posti di lavoro. Solo nel periodo 2007-2016, il numero degli effettivi è sceso di ben 771 persone, una diminuzione dell’11.4% come confermano i dati raccolti annualmente dall’Associazione Bancaria Ticinese.
La recente vicenda di Credit suisse non fa che confermare tutto questo. E le dichiarazioni del municipale e vicesindaco Badaracco di qualche giorno confermano, ancora una volta verrebbe da dire, la totale incapacità della classe politica che governa Lugano di affrontare, magari anche anticipare, disastri annunciati. Le sue dichiarazioni mettono perfettamente in risalto questa incapacità quando afferma che “Ho anche avuto un’email da parte del direttore responsabile ticinese Mario Grassi, che rassicurava sulla stabilità di Credit Suisse” (ticinonews, 18 marzo 2023). Si vede che il Consiglio Federale si è riunito più volte nei giorni scorsi semplicemente perché non aveva altro da fare e anche perché la mail di Grassi non è giunta dalle parti di Palazzo federale.
Ma il Municipio di Lugano non sembra aver imparato dagli errori del passato. Il 3 marzo 2022, tra la città di Lugano e Tether (società che lavora nel settore delle criptovalute) è stato firmato il famoso Plan B (dove B sta per Bitcoin). Naturalmente le ambizioni sono a misura della città: fare di Lugano un hub specializzato, una delle prime città al mondo in grado di adottare un sistema completo di pagamento in criptovaluta, centro di eccellenza per startup innovative del settore, naturalmente con ambizioni nel settore della formazione dove si prevedono possibilità lavorative con crescita esponenziale e con dichiarazioni altisonanti del sindaco Foletti: “Bitcoin e blockchain sono termini che spaventano molto, ma a Lugano non siamo intimoriti: crediamo anzi che debbano essere divulgati e resi accessibili a tutti.”
Insomma, tutto a posto e futuro roseo per la città e i suoi abitanti. Anche in questo caso però le avvisaglie non sono propriamente allettanti. A partire dall’accordo di partnership con il paese di El Salvador, primo paese al mondo a dichiarare il bitcoin come valuta a corso legale. A un anno da questa scelta, fatta dal presidente salvadoregno Nayib Bukele, grande appassionato di bitcoin, il bilancio non è per nulla incoraggiante. Infatti nel paese centroamericano, il 76% delle persone intervistate a questo proposito, ha dichiarato di non aver mai utilizzato la criptovaluta e il 77% considera il progetto fallimentare. Foletti però ci crede….
Così come crede al commercio delle materie prime, altro elemento centrale della ripresa economica della città. Questo mercato ha generato lo scorso anno utili enormi. Le società che operano nel settore hanno annunciato benefici record. Valga per tutti l’evoluzione di Glencore, con un utile di oltre 17 miliardi di franchi. Lugano è la terza piazza di commercio di materie prime, dopo Ginevra e Zugo, sede di decine di aziende che operano con disinvoltura in un ambito economico che pone seri problemi di etica.
Dall’inizio dell’aggressione armata di Putin contro l’Ucraina lo scorso 24 febbraio 2022, la Svizzera, seppur con ritardo, ha aderito alle sanzioni internazionali contro la Russia. Questa decisione non è però stata seguita da un rigoroso controllo sulle sanzioni. Abbiamo denunciato molte volte questa situazione inaccettabile e abbiamo pure sostenuto che senza verifiche puntuali e molto rigorose, le sanzioni possono venir aggirate, senza nemmeno troppa fatica. Ad esempio, lo scorso mese di agosto 2022, la Svizzera ha importato oro russo per circa 312 milioni di franchi (5,6 tonnellate!), con la scusa, o scappatoia, che il metallo prezioso era già stato esportato dalla Russia prima dell’inizio del divieto, deciso dal Consiglio federale il 3 agosto. Questi valori hanno rappresentato un record assoluto, anche rispetto al periodo precedente l’aggressione armata contro l’Ucraina. L’oro, di cui la Russia è grande esportatrice a livello mondiale, rappresenta un’entrata economica importante per Putin e il suo regime.
Altro esempio evidente è rappresentato dai depositi degli oligarchi russi nelle banche svizzere, valutato dalla stessa associazione delle banche, a circa 150-200 miliardi di franchi. Quando si parla di banche svizzere si tratta, evidentemente, anche di banche ticinesi. Da più parti a livello internazionale si sono levate voci insistenti per spingere le autorità elvetiche a considerare la possibilità di congelare queste ingentissime somme (attualmente, in modo del tutto vergognoso, sono bloccati solamente circa 7 miliardi!) e di metterle a disposizione della popolazione ucraina a parziale compensazione della distruzione di parte del suo territorio. È in effetti evidente il legame tra il regime di Putin e la ristretta cerchia di oligarchi che con lui hanno condiviso la storia della Russia di questi ultimi 25 anni. Fare affari con questi personaggi significa fare affari con il regime di Putin. Facilitare l’arrivo sul territorio di aziende a loro legate, significa alimentare quel flusso di denaro che contribuisce, in un modo o nell’altro, a finanziare la guerra contro la popolazione ucraina. Uso il termine “popolazione ucraina” perché, in tutta evidenza, non si tratta più di una guerra scatenata contro un altro esercito, ma di una serie di crimini contro l’umanità perpetrati volutamente contro i civili, uomini, donne, bambini e contro strutture civili, scuole, ospedali, vie di comunicazione, paesi e città, centrali elettriche,…
Il sindaco di Lugano ha dichiarato ultimamente che il trading di materie prime e di energia è sempre più rilevante per Lugano. Addirittura il gettito fiscale di questo settore è ormai equivalente a quello delle banche, cioè circa il 15%. È sotto gli occhi di tutti l’aspetto fortemente speculativo del commercio di materie prime. La guerra in Ucraina ha scatenato delle ripercussioni a livello dei prezzi e della reperibilità di materie prime che nessuno, nemmeno paesi importanti come la Germania, ha saputo prevedere e affrontare per tempo.
Lugano e i partiti che comandano in città, invece, la sanno lunga e scommettono tranquillamente su criptovalute e materie prime. Esattamente come hanno scommesso a partire dalla seconda metà del secolo scorso sul un sistema bancario che si stava sviluppando principalmente sulla fuga di capitali dalla vicina Italia.
Alla fine a pagare le conseguenze di queste scelte non sarà certo la casta dei politici, ma cittadine e cittadini, lavoratori e lavoratrici che vedono le loro condizioni di vita peggiorare giorno dopo giorno. E l’orizzonte non cambia, come dimostra il progetto del PSE, fortemente voluto da tutte le forze politiche presenti in Municipio, appoggiato e sostenuto anche finanziariamente dal Cantone (le stesse forze politiche della città), che si basa ancora su aspetti fortemente speculativi, scommettendo su attori tipo Credit suisse, una sana banca ben inserita nel tessuto economico!