Tempo di lettura: 6 minuti

La tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (Carbon Capture and Storage – CCS) è stata originariamente sviluppata dall’industria petrolifera per recuperare le riserve petrolifere profonde di difficile accesso. Per questo è stata inizialmente battezzata come Enhanced Oil Recovery (EOR, letteralmente: aumento del recupero di petrolio).
Essa consiste nel pompare anidride carbonica (CO2) pressurizzata nei giacimenti per estrarre i depositi rimasti nei vecchi pozzi, e recuperare idrocarburi altrimenti inaccessibile, aumentando in modo significativo la produzione. È una tecnologia che è stata disponibile per l’uso per più di 45 anni, in particolare negli Stati Uniti, ma non è stata ampiamente utilizzato a causa di costi elevati.
Rinominata come Carbon Capture and Storage (CCS) viene ora proposta come tecnologia di rimozione dell’anidride carbonica (CDR), finalizzata a catturare e seppellire la CO2 emessa dalla combustione di idrocarburi, dalla produzione di cemento e acciaio, dalla raffinazione e da altri processi industriali. La CO2 catturata viene compressa in forma liquida e trasportata da un gasdotto in un sito dove può essere pompata sottoterra dentro formazioni geologiche, come giacimenti di petrolio o di gas, falde acquifere saline, o al di sotto del fondo marino – teoricamente per lo stoccaggio a lungo termine.
La tecnologia post-combustione, come metodo per rimuovere la CO2 dai gas di scarico dopo il processo di combustione, è l’opzione più comunemente proposta. Tutte le strategie di rimozione della CO2 necessitano di una sostanza in grado di agire come un filtro selettivo della CO2, nel senso che la CO2 si dissolve o si attacca a questo filtro. Il tipo di filtro più frequente consiste in solventi liquidi.
Ulteriori opzioni di filtro includono sorbenti solidi e membrane. Tuttavia, per consentire il loro uso ripetitivo, i filtri devono essere in grado di rilasciare la CO2 catturata.
Questo processo di rigenerazione richiede tipicamente alte temperature, che a loro volta richiedono elevati input di energia e compromettono l’efficienza dell’impianto in cui viene utilizzato. Per alimentare la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2, il consumo di combustibili fossili aumenta fino al 40%, rendendolo un processo costoso sia dal punto di vista energetico che finanziario.
La quota più alta è detenuta dal processo di cattura della CO2, che può causare un aumento fino al 30%. Ciò significa che per una centrale a carbone sarebbe necessario estrarre e bruciare ancora più carbone per produrre la stessa quantità di energia più quella necessaria al processo di Carbon Capture and Storage.
L’unità dedicata alla tecnologia CCS dell’International Energy Agency (IEA) descrive l’”Advanced EOR+” come un modo per “co-sfruttare’ due attività”: il recupero di petrolio e lo stoccaggio di CO2 a scopo di lucro.
Il processo di cattura e stoccaggio del carbonio porta all’estrazione e alla combustione di quantità maggiori di combustibili fossili, comporta significativi rischi ambientali, come la fuoriuscita di CO2 attraverso le fughe, è costoso e tecnologicamente impegnativo, ma ciò nonostante viene ora presentato come una “tecnologia climatica”, per catturare non tanto la CO2, quanto i fondi stanziati per l’emergenza climatica. In particolare, le fasi di “cattura” e di compressione del gas rappresentano il 90% del costo monetario totale della tecnologia CCS.

Gli attori coinvolti

Le compagnie petrolifere sono le più interessate a sviluppare la tecnologia CCS perché fornisce una fonte di CO2 sovvenzionata per l’Enhanced Oil Recovery e consente alle società di estrarre più petrolio. Decenni di ricerche e miliardi spesi da governi e imprese come la Shell, la Statoil e la ExxonMobil, hanno portato solo a poche operazioni di cattura e stoccaggio del carbonio su scala commerciale, evidenziando la misura in cui la tecnologia CCS è commercialmente praticabile solo se utilizzata per il recupero di petrolio.
Questo ulteriore sfruttamento dei combustibili fossili contraddice il suo presunto scopo. Il Global CCS Institute elenca 21 strutture operative in tutto il mondo sotto il nome di CCS commerciale, ma nella maggior parte dei casi si tratta di Enhanced Oil Recovery, e non dovrebbero essere classificate come CCS.
Delle 21 strutture elencate, due sono impianti di produzione di energia (entrambi a carbone), in sedici impianti la CO2 catturata viene utilizzata per l’Enhanced Oil Recovery, e le due strutture elencate come in costruzione sono anch’esse per l’EOR.
Queste statistiche mostrano chiaramente che la motivazione della tecnologia CCS è un’ulteriore produzione di petrolio, che aumenterà le emissioni.
Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, il più grande ente di finanziamento pubblico di progetti CCS, sostiene che ulteriori 200 miliardi di barili di petrolio potrebbero essere recuperati negli Stati Uniti utilizzando la tecnologia CO2 – EOR, raddoppiando la quantità di petrolio recuperabile.
I governi e l’industria dei combustibili fossili per molti anni hanno presentato la cattura e lo stoccaggio del carbonio come una soluzione semplice per il cambiamento climatico, usando la promessa della tecnologia come scusa ricorrente per ritardare una seria riduzione nell’uso di combustibili fossili.

Impatti della tecnologia

L’impatto principale della cattura e dello stoccaggio del carbonio è quello di prolungare la vita dell’energia sporca nelle comunità povere di tutto il mondo, con gravi impatti ambientali, sanitari ed economici, pur avendo poche prove che tale tecnologia possa affrontare la crisi climatica nella scala richiesta. La relazione simbiotica tra CCS ed EOR diminuisce il suo potenziale (teorico) di risposta ai cambiamenti climatici. In Nord America, il carbonio catturato dalle uniche centrali elettriche su larga scala equipaggiate con CCS – Petra Nova in Texas, e SaskPower in Saskatchewan (entrambe alimentate a carbone) – viene trasportato via gasdotto nei campi petroliferi dove viene iniettato per l’Enhanced Oil Recovery.
Al di là delle emissioni extra del petrolio recuperato, le stime dell’industria petrolifera indicano che circa il 30 per cento della CO2 convogliata in un sito EOR sarà direttamente emessa nell’atmosfera.
I supporters del Carbon Capture and Storage sostengono che lo stoccaggio di CO2 nei vecchi giacimenti di petrolio e gas, nelle falde acquifere saline profonde o sotto il fondo marino, sarà efficace e affidabile. Ma l’esperienza del mondo reale suggerisce il contrario: il carbonio catturato potrebbe fuoriuscire per molte ragioni, tra cui difetti nella costruzione, terremoti o altri movimenti sotterranei. Ciò significa che anche una preparazione meticolosa non può prevenire le perdite. A concentrazioni così elevate, la CO2 fuoriuscita è altamente tossica per la vita animale e vegetale. La CO2 iniettata può anche spostare gli inquinanti e le acque sotterranee saline, il che potrebbe portare al deterioramento della qualità delle acque superficiali.
Nei siti offshore, la CCS può aumentare l’acidificazione degli oceani e influire negativamente sugli ecosistemi marini, mentre non esistono metodi di misurazione consolidati per individuare le perdite.
I seguenti esempi evidenziano le incertezze dello stoccaggio sotterraneo:
• Nel 2000 Cenovus Energy ha iniziato a iniettare CO2 – proveniente da un impianto di gassificazione del carbone – nel giacimento petrolifero di Weyburn in Canada. I residenti si sono preoccupati dopo la morte inspiegabile di animali da fattoria e le osservazioni di bolle e film oleosi sui loro stagni. Anni dopo, una serie di studi, che dimostrano o smentiscono le perdite, lascia la verità su Weyburn avvolta nel mistero.
• Il progetto Sleipner nel Mare del Nord, gestito da ExxonMobil, Statoil, Lotos Norge e Total, ha iniettato fino a 1 milione di tonnellate di CO2 all’anno da un impianto di trattamento del gas naturale in una falda acquifera salina sottomarina [formazione di Utsira]. Sono state riportate osservazioni di acqua oleosa, incrinature inspiegabili e danni alla formazione legati alle iniezioni, una perdita di petrolio e movimenti imprevisti della CO2 iniettata. Queste osservazioni sono accompagnate da una notevole discrepanza tra la quantità di CO2 iniettata e quella rilevata nelle indagini sismiche.
• Una joint venture tra BP e Statoil in Algeria ha iniettato CO2 proveniente dalla produzione di gas in tre pozzi tra il 2004 e il 2011. Uno studio sismico ha indicato che l’iniezione aveva attivato una zona di frattura profonda, ed è stata trovata una perdita da una testa di pozzo vicina.
• Le perdite [di CO2 dallo stoccaggio], sia in piccole quantità per un lungo periodo di tempo, sia con un rilascio improvviso, potenzialmente catastrofico, minaccerebbe qualsiasi risultato in termini di “sequestro di carbonio”. Le perdite sono difficili da evitare. Negli Stati Uniti, oltre 3 milioni di vecchi pozzi di petrolio e gas sono stati abbandonati senza essere stati sigillati, e molti di questi penetrano nelle formazioni più profonde attualmente in uso – o prese in considerazione – per la CCS.
• I piani per lo stoccaggio di CO2 sulla terraferma, in particolare in Europa, sono stati accolti con forti proteste per problemi di sicurezza, portando alla cancellazione di una serie di progetti.
Facendo i conti con la realtà, la CCS è in gran parte un’ambizione estremamente costosa, e ci sono poche prove che sia efficace. Ai paesi produttori di petrolio e all’industria petrolifera interessa soprattutto ottenere crediti di carbonio o sovvenzioni, con un’attuazione limitata. I costi elevati e i problemi tecnici hanno portato negli ultimi anni ad un’ondata di cancellazioni di progetti di alto profilo: la sospensione del progetto CCS a Petra Nova nel 2020 è tra gli esempi più recenti. Anche i progetti che sono riusciti a raggiungere [la fase di] funzionamento, e sono stati annunciati come un successo, sono afflitti da problemi.
Anche il fatto che dipendano dalla tecnologia CCS diverse tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica, come la BECCS (Bio-Energy with Carbon Capture and Storage) e la Direct Air Capture, dovrebbe essere un serio motivo di preoccupazione, in quanto la CCS potrebbe dimostrarsi inefficace per la rimozione del carbonio. Quindi affidarsi ad essa è [un’operazione] altamente speculativa e pericolosa. u

*articolo apparso su Geoengineering Monitor. Geoengineering Technology Briefing: Carbon Capture and Storage (CCS) Gennaio 2021, pag. 4. Traduzione a cura di Ecor.Network.