Bertoli, keep calm e goditi il tuo sontuoso vitalizio!

Tempo di lettura: 3 minuti

A un nostro articolo che, partendo dalla posizione dell’attuale capo sezione del DECS, faceva un bilancio della politica di Bertoli negli ultimi 12 anni alla testa del DECS (Berger go home? * MPS – Movimento per il socialismo (mps-ti.ch)), l’ex-consigliere di Stato PS ha risposto piccato con il suo solito stile (https://naufraghi.ch/pino-sergi-stay-home/). Meritava una replica. (Red)

La mia prima reazione all’intervento di Bertoli è stata di rispondere con le parole di Dante, limitandomi a un “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Ma poi, soffermandomi sulla sostanza politica dell’intervento, ho pensato che valesse la pena scrivere qualche riga

E la sostanza è semplice da riassumere: Bertoli, senza temere il ridicolo, elenca una serie di riforme che avrebbero caratterizzato in senso estremamente positivo la sua presenza alla testa del DECS. L’elenco è lungo e non vogliamo tediare con una lunga trattazione. Ci limitiamo ad analizzarne uno, “la riduzione del numero massimo di allievi alle medie da 25 a 22”. Un’analisi ravvicinata di “riforme” come questa, su un aspetto per altro centrale della politica scolastica, mostra quanto le sue pretese realizzative siano inconsistenti.

La diminuzione del numero degli allievi per classe nella scuola media è stata una “riforma” della quale, praticamente, non si è accorto nessuno, talmente insignificanti sono state le sue conseguenze sulle condizioni di insegnamento e di apprendimento. Basti qui ricordare che quella riforma ha comportato, come affermava il messaggio del governo, “la nascita di 13 nuove sezioni”. Le sezioni di scuola media sono circa 600. Praticamente questa “riforma”, che qualcuno si è spinto a qualificare come “storica”, ha coinvolto in tutto e per tutto poco meno di 250 allievi delle medie su un totale di circa 12’000, il 2% del totale.

Potremmo dedicare la stessa analisi alle altre “riforme” evocate da Bertoli (pensiamo alla sua rivendicazione di miglioramenti salariali quando è noto e assodato che i docenti in Ticino sono tra i meno pagati di tutto il paese) e giungeremmo alla stessa conclusione: siamo ben lontani dal “riformismo forte” che egli rivendica, ma, come da tradizione social-liberale ormai consolidata, a un “riformismo” senza riforme.

D’altronde, la sua stizzita reazione è esattamente l’opposto delle numerosissime attestazioni di consenso ricevute per il mio articolo, a cominciare da molti elettori ed elettrici del PS. Per carità, non pretendo di aver detto nulla di originale: ho semplicemente dato voce a pensieri e considerazioni che moltissimi in questi ultimi anni  si sono limitati a esprimere sottovoce o in circoli ristretti; ho espresso pubblicamente considerazioni che persino personalità politiche vicine a Bertoli hanno espresso in passato (naturalmente in privato e guardandosi attorno circospetti per verificare che nessun altro  sentisse), sia su Bertoli che sui destini del suo capo-sezione una volta finita l’esperienza di governo. Diciamo che ho avuto solo il merito di avere un po’ più di coraggio di molti altri. Ma, questo, Bertoli non può né capirlo, né tollerarlo, confermando una sorta di “autismo politico” che ha guidato l’azione del capo del DECS in questi ultimi anni

Quanto all’invito che Bertoli mi rivolge di farmi da parte per permettere che, al mio posto, subentri in Gran Consiglio una “signora” (termine che per altro nasconde male un certo maschilismo che vorrebbe le donne comunque più educate e docili…), posso assicurare che la questione, assai prima del suo suggerimento, ci ha occupati intensamente nei giorni scorsi; anche perché, proprio per garantire e rafforzare la presenza femminile, lo abbiamo già fatto in altre occasioni. Ad esempio, quattro anni fa, io e Matteo Pronzini abbiamo lasciato il posto alle due subentranti in Consiglio comunale a Bellinzona, subendo le feroci critiche (mancanza di rispetto per le istituzioni democratiche e per la volontà degli elettorali) provenienti soprattutto dai compagni di partito di Bertoli (che hanno pure votato contro le nostre dimissioni).
Purtroppo, questa volta il tentativo di convincere la prima subentrante è fallito. Le due compagne dell’MPS non si sono ancora riprese dallo shock dei quattro anni passati in un’istituzione che ha dimostrato scarsissima disponibilità non solo ad affrontare le discriminazioni di genere nei loro aspetti diversi, ma anche solo a sentirne parlare. E Bertoli, con i suoi interventi – come dimenticare quelli nel dibattito sulla vicenda Unitas, è stato uno dei maggiori esponenti di questo modo di fare politica; la sua arroganza e la sua sicumera sono tra le cose peggiori viste negli ultimi anni.

Ma non abbiamo perso le speranze (e non deve perderle nemmeno Bertoli): la presa di coscienza che Bertoli non avrebbe più calcato le scene parlamentari sta sicuramente contribuendo a una nuova consapevolezza e non è detto che, prima o poi, si riesca a convincerle. Non tutto il male viene per nuocere.

articoli correlati

greewashingdeutschebank

È iniziata l’era del postwashing

EU riarmo

Nuovo disordine, transizione geopolitica e militarizzazione dell’Europa

Sudan

L’altra catastrofe: genocidio e fame in Sudan