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Dopo quasi quattro mesi di grandi mobilitazioni operaie e popolari senza precedenti nella Francia del dopoguerra, la conclusione della lotta dei sindacati francesi contro la controriforma delle pensioni dovrebbe essere ovvia: la controriforma è stata promulgata, il che significa che Macron ha vinto e i sindacati hanno persoMa cosa sta succedendo. Perché nessuno in Francia o all’estero osa fare la stessa osservazione? Cosa succede quando vediamo un rappresentante del prestigioso (molto) grande capitale internazionale come l’agenzia di rating Fitch Ratings declassare il rating della Francia con la motivazione così eloquente che “lo stallo politico e i movimenti sociali (a volte violenti) rappresentano un rischio per il programma di riforme di (Emmanuel) Macron e potrebbero creare pressioni per una politica fiscale più espansiva o un’inversione delle riforme precedenti”?

Quindi, quando Fitch si spinge a notare che a causa dello “stallo politico” che si è creato e dei “movimenti sociali” che continuano, Macron non solo rischia di non poter portare avanti le sue controriforme, ma addirittura rischia di vedere invertite quelle che ha già fatto, la conclusione è netta: questo Macron descritto da Fitch non può essere il vincitore, è già il grande perdente dello storico confronto di classe francese in corso! E naturalmente Fitch non è l’unico a dirlo. Lo dicono tutti i “nemici”, ma anche un numero sempre maggiore di amici di Macron nei media, nei datori di lavoro, nella destra tradizionale francese o persino all’interno del suo stesso partito. Ma soprattutto lo dicono i francesi, o almeno la stragrande maggioranza di loro, che si rifiutano ostinatamente di “esaurirsi”, di “sfaldarsi” e di “accettare la realtà”, come i media francesi non si sono stancati di prevedere e auspicare negli ultimi quattro mesi.

E non si tratta solo del fatto che le manifestazioni del Primo Maggio di quest’anno sono state cinque o addirittura dieci volte più grandi di quelle precedenti degli ultimi tre o quattro decenni! Né il fatto che, nonostante la controriforma sia stata promulgata, i francesi continuino ad opporsi ad essa con percentuali simili a quelle degli ultimi quattro mesi. Né il fatto che almeno la metà della popolazione francese si dichiari favorevole a proseguire e intensificare le mobilitazioni. Né che l’Intersindacale delle confederazioni sindacali rimanga unita, contraddicendo quotidianamente i media che da quattro mesi ne prevedono la “divisione”.

È che Macron, il suo Primo Ministro e i suoi ministri non possono più uscire dai loro uffici senza essere affrontati da centinaia, persino migliaia di cittadini che li fischiano, arrivando persino a inseguirli in diverse occasioni! E questo vale per tutta la Francia, anche quando si recano nei piccoli villaggi! Risultato: il “ritorno al contatto con la gente” voluto da Macron finisce per essere un fiasco, visto che quasi la metà di questi “contatti” finiscono per essere… annullati all’ultimo minuto. Oppure diventano oggetto di scherno e ridicolo quando ministri, prefetti e funzionari di polizia ordinano la confisca di pentole e altri oggetti metallici che i manifestanti colpiscono per fare rumore, stabilendo addirittura che questi sono…. “armi improprie” ed equiparando le “casseruole” a… pratiche terroristiche!

Così come sono arrivati a vietare e confiscare, dopo severi controlli, i cartellini rossi che gli spettatori della finale della Coppa di Francia volevano mostrare a un Macron costretto a salutare i calciatori non al centro del campo, come di consueto, ma nei corridoi sotterranei dello stadio!

La lezione non è solo che la “derisione uccide”, a volte anche più delle armi stesse, come sanno bene i francesi che brandiscono questa “arma” da secoli. È soprattutto che coloro che attualmente la usano ogni giorno nelle loro casseruole e in altre manifestazioni e proteste in città e villaggi non lo fanno “a comando”.

Lo fanno spontaneamente, dando prova di ingegno (nella scelta delle forme di lotta) e di autorganizzazione quando si incontrano, discutono, decidono e passano all’azione, radunando nelle manifestazioni giovani e anziani, iscritti al sindacato e non, lavoratori e disoccupati, contadini e operai, uomini e donne, lavoratori manuali e intellettuali, militanti esperti e principianti.

Certo, contro la riforma antiprevidenziale e l’odiato Macron, ma anche per un cambiamento radicale della vita e del lavoro! Risultato: anche città e villaggi dove non c’è mai stata una sola manifestazione vedono ora scendere in piazza un quarto o addirittura un terzo della popolazione!

Come nel piccolo villaggio di Charny Orée, nella Francia centrale, dove per la prima volta nella sua storia hanno manifestato 110 dei suoi 500 abitanti. Oppure a Ouessant, la piccola isola spazzata dal vento in Bretagna, dove 184 dei suoi 830 abitanti hanno partecipato alla prima manifestazione in assoluto sull’isola…

A tutto questo si può aggiungere che i sindacati francesi, finora screditati e piuttosto scheletrici, così come la Confédération Paysanne, stanno reclutando come mai prima d’ora perché, secondo i sondaggi, sono diventati molto più popolari di tutti i partiti e delle altre istituzioni tradizionali.

In breve, ciò che ha reso letteralmente irriconoscibile l’attuale società francese negli ultimi 3-4 mesi è ciò che ora si può vedere a occhio nudo: l’enorme cambiamento nelle sue caratteristiche esterne, l’atmosfera festosa che regna nelle sue manifestazioni, che solo pochi mesi fa sembravano dei funerali. L’ingegnosità, la solidarietà e la fiducia in se stessi dei manifestanti che riscoprono la gioia dell’azione collettiva e dell’iniziativa personale.

La loro musica, i loro canti e le loro danze, anche quando soffocano in nuvole di gas lacrimogeni e vengono colpiti dai manganelli della polizia. I loro sorrisi e il loro ottimismo, mentre fino a poco tempo fa erano sempre cupi e fatalisti. Le conversazioni e gli scambi tra sconosciuti, quando solo pochi mesi fa ognuno evitava e temeva l’altro. Tutti questi segnali non possono trarre in inganno: sanno della polvere e ci ricordano qualcosa del maggio 68…

La conclusione che condividiamo con molti analisti francesi, e non solo a sinistra, è che qualunque sia l’esito finale del conflitto sulle pensioni, il movimento che è riuscito a svilupparsi è ormai così inedito, così ampio, così radicale e così profondamente radicato nella società francese che è impossibile che venga schiacciato, anche dalla polizia e dalla repressione senza precedenti (per una democrazia) usata da Macron e dai suoi.

Questo perché, con il passare delle settimane, l’enorme movimento popolare non si limita più a mettere in discussione la controriforma delle pensioni, ma tutte le politiche disumane del pericolosissimo signor Macron e, soprattutto, il lavoro e la vita molto miserabili del suo capitalismo neoliberista….

Tuttavia, c’è un… grande però: non si tratta solo della sconfitta di Macron, ma anche della vittoria dei sindacati, del movimento, del popolo e dei lavoratori. Perché nonostante i quattro mesi di mobilitazioni di massa storiche ed esemplari, è innegabile che Macron non abbia fatto la minima concessione e che, al contrario, stia diventando sempre più arrogante, sempre più autoritario, intensificando la repressione e corrodendo una democrazia già malandata.

Perché è così? Perché il grande movimento popolare ha voluto ma non è riuscito a colpirlo dove fa più male, nella sua economia (capitalista), che non è riuscito a bloccare!

Le cause di questa debolezza sono numerose e identificabili, la principale delle quali è l’impoverimento dei lavoratori, che li rende riluttanti a scioperare se non vogliono far morire di fame se stessi e le loro famiglie. Questo problema è accentuato dal fatto che gli scioperi indetti dai sindacati non sono molto mobilitanti, in quanto si tratta di solito di scioperi di un giorno e di avvertimenti, senza un obiettivo chiaro che esprima la volontà di andare fino in fondo, fino a sconfiggere i padroni o il governo.

Inoltre, al giorno d’oggi, i governi neoliberisti sembrano essere totalmente ignari delle conseguenze sociali e politiche del loro atteggiamento intransigente, per cui il successo anche delle richieste più piccole richiede ora molto di più delle mobilitazioni tradizionali. Piuttosto, è necessario qualcosa che assomigli sempre più a una vera e propria… rivoluzione!

Il problema che abbiamo delineato è molto vasto e non è né solo attuale né solo francese. Ci riguarda tutti, è il problema più scottante di tutti noi. Che cosa bisogna fare, dunque, per bloccare e paralizzare l’economia capitalista, ma anche per spezzare l’intransigenza di governanti sempre più autoritari e antidemocratici? È ovvio che nessuno oggi ha risposte pronte a questa grande domanda del nostro tempo, e non è in questo articolo che si inizierà a sviluppare la relativa riflessione.

Per il momento, quindi, ci limitiamo a constatare che, al di là di tutte le altre virtù, la mobilitazione storica in corso del movimento operaio francese sta dando un grandissimo contributo al movimento operaio e popolare mondiale, a tutta l’umanità oppressa e a tutta l’umanità in lotta: sta infatti aprendo il dibattito sull’identificazione e la soluzione dei problemi cruciali che questi movimenti operai e questa umanità in lotta devono affrontare nella loro lotta per mettere in ginocchio il grande nemico di classe prima che sia troppo tardi per l’umanità e il pianeta…

*articolo apparso sul sito http://www.dallapartedeltorto.it/ il 6 maggio 2023