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Sta assumendo aspetti tragicomici la vicenda delle alleanze elettorali nello schieramento “progressista”. Per rendersene conto basta passare in rassegna gli sviluppi di queste alleanze (e delle giustificazioni che le sottendono) per rendersene conto. Proviamo a farlo.

Dalle comunali alle federali: tutto e il contrario di tutto

Cominciamo dalle cantonali. Qui abbiamo avuto una situazione di partenza nella quale l’ipotesi iniziale era quella (difesa dal PS) di costruire un’alleanza rosso-verde con PS, Verdi, Forum Alternativo (FA) e coinvolgere la cosiddetta “società civile” per le elezioni al Consiglio di Stato.
L’atteggiamento del PC sulla guerra in Ucraina (di fatto un sostegno a Putin, “costretto, tirato per i capelli ad invadere l’Ucraina” “a causa dell’espansionismo della Nato”) è stato l’elemento che, soprattutto su spinta dei Verdi, ha impedito di integrare questa forza politica nell’alleanza per il governo.
Val la pena ricordare che la posizione del PS su questa tema non va tanto per il sottile e fa parte del DNA degli attuali dirigenti del PS (pensiamo al gruppo dirigente di provenienza ex-PSA): l’alleanza con gli stalinisti le facevano anche quando l’URSS imponeva la repressione diretta o indiretta dei sollevamenti popolari (naturalmente “al soldo dell’imperialismo americano”) che contestavano l’ordine nei paesi del “socialismo reale”: Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia. E sempre quel gruppo dirigente, che poi ha di fatto vinto la battaglia con l’ex-PS ed ê stato artefice dell’attuale PS cantonale, non ha avuto difficoltà, per decenni, a sostenere un regime come quello della Corea del Nord, considerando quella che già allora appariva una caricatura drammatica del socialismo come una via “originale” al socialismo, organizzando viaggi , comitati di sostegno, dichiarazioni di amicizia. Più o meno quel che oggi il PC fa organizzando viaggi, spesati e di propaganda, in paesi che nulla hanno a che fare con il socialismo, almeno se le parole e le dottrine politiche hanno ancora un senso (Cina, Corea del Nord, etc.).
E che tali cose non disturbino più di tanto la direzione del PS lo dimostra la politica di alleanze sviluppata in questi ultimi anni a livello dei Municipi, dove la presentazione di liste uniche ha permesso a queste forze di poter beneficiare di eletti in seno ai consigli comunali. Eletti che, presentandosi da soli sulle liste del loro partito, difficilmente sarebbero riusciti a ottenere (si tratta di fatto di eletti PS), ma che queste forze possono presentare come loro. Significativo quanto è avvenuto negli ultimi anni a Bellinzona e a Lugano.
Questi “regali” hanno una contropartita: il sostegno alle politiche dei Municipi (votando a favore di preventivi e consuntivi, ogni tanto – per darsi un tono – astenendosi) e sostenendo progetti fondamentali per le maggioranze borghesi: basti pensare al sostegno al PSE di Lugano, per non fare che un solo esempio.
L’insistenza dei Verdi sul tema della guerra ha, come detto, impedito che in occasione delle ultime elezioni cantonali avvenisse quanto già avviene nelle principali città del Cantone e quanto il PS era ed è disposto a ricondurre su scala comunale, alle prossima tornata, sperando che sia passato il momento emozionale della guerra.
Alle elezioni nazionali, pochi mesi dopo quelle cantonali, tutto cambia. Sentiamo già l’obiezione: per le nazionali il sistema è diverso, essendo possibili le congiunzioni. Un aspetto “tecnico” che cancella tutte le riserve di “principio” avanzate per le elezioni cantonali; principi così radicati da sparire nello spazio di poche settimane…
Per le nazionali PS e Verdi presenteranno liste separate ma congiunte. I Verdi, che poche settimana fa non avevano voluto fare una lista comune (per il Gran Consiglio) con il Forum Alternativo, adesso ne faranno una comune proprio con il FA. Il PS che, d’accordo con i Verdi, non aveva voluto integrare candidati del FA nella  lista per il Consiglio di Stato (salvo poi ospitarne diversi sulle proprie liste per il GC), si dichiara disponibile a congiungere le proprie liste anche con il PC (le riserve sulla guerra non conterebbero più). Ma quest’ultimo, notizia di pochi giorni fa, decide di correre da solo…

I principi valgono…ogni tanto

La guerra, l’atteggiamento sulla guerra del PC, è stato invocato come elemento discriminante per un’alleanza elettorale. Il sostegno alla politica di aggressione di Putin è stato ritenuto incompatibile con un’alleanza elettorale a livello cantonale. Da allora sono passati diversi mesi e, con un po’ di furbizia, questi “principi fondamentali” possono essere dimenticati, con l’idea di riuscire a metterli definitivamente in soffitta per le elezioni comunali. Lì, non abbiamo dubbi, si abbracceranno tutti di nuovo con liste di “unità rosso-verde” e chi se ne frega dei principi.
Certo la questione della guerra è fondamentale. Ma non è l’unico aspetto attorno al quale si giocano i valori – come si ama definirli – di quella che, per comodità, chiameremo la sinistra.
Parlando di elezioni – cioè di qualcosa che attiene strettamente al piano dell’esercizio dei diritti – appare evidente che proprio quello dei diritti democratici fondamentali è un discrimine attorno al quale riflettere e decide le alleanze con altre forze politiche.
E a noi pare decisivo che non si possano costruire alleanze con forze politiche che sostengono regimi (per di più qualificati come “socialisti” o “comunisti”) che negano sostanzialmente i diritti democratici fondamentali: il diritto di espressione, di organizzazione politica e sindacale, il pluralismo politico e molti altri diritti che da un punto di vista strettamene democratico li accompagnano. Il problema non è se questi regimi siano lontani o vicini a noi: il problema è che il sostegno a questi regimi propone un’idea di socialismo che non può che essere repulsiva per la stragrande maggioranza dei cittadini e delle cittadine delle società nella quale viviamo.
L’idea, ad esempio, che le costituzioni di alcuni paesi “socialisti” (Cina, Cuba, Corea) designino espressamente il ruolo dirigente nella società di un solo partito (il partito comunista) è qualcosa di assolutamente inaccettabile e in contraddizione con i principi democratici che, a nostra parere, debbono valere ovunque e sempre. Ed è inutile allineare i progressi di questi paesi in materia sociale ed economica per giustificare la mancanza di questi diritti democratici elementari. È come se il PLRT avesse proposto (una quarantina di anni fa, quando dominava elettoralmente la scena politica cantonale) di inserire nella costituzione ticinese il principio che “Il Partito Liberale Radicale Ticinese, unico, è la forza politica leader superiore della società e dello Stato” (per dirla con l’art. 5 della costituzione cubana) giustificandola con i progressi economici, sociali e culturali del Ticino, sotto la sua guida, dalla prima metà alla fine del secolo scorso. Una simile proposta avrebbe, giustamente, scatenato le ire della sinistra.
Ma non vi è solo la questione dei diritti nei cosiddetti regimi “socialisti”. Infatti alcune di queste organizzazioni “alleate” di Verdi e PS sostengono ed hanno sostenuto i peggiori regimi con i quali siamo stati confrontati negli ultimi anni. Valga per tutti il sostegno, visto ancora nelle ultime settimane, da parte del PC a Erdogan e al suo regime autoritario e liberticida. O, ancora, al sostegno al leader siriano Assad e al suo regime dittatoriale e assassino in Siria, in nome di una lotta al terrorismo. Gli esempi potrebbero continuare.
Tutto ciò ha implicazioni concrete: come si può, da un lato, essere solidali con la lotta del popolo curdo e poi allearsi con forze politiche che per i Curdi immaginano solo lo sterminio?
Come è possibile difendere e accogliere i richiedenti asilo che provengono dall’Ucraina se non condanniamo e ci battiamo contro coloro che li hanno costretti, con l’aggressione militare, all’esilio?
La difesa dei diritti democratici fondamentali è la bussola di qualsiasi progetto di lotta contro il capitalismo, di qualsiasi strategia per costruire una società socialista. La lotta per questi diritti è stata parte costitutiva del concetto stesso di sinistra negli ultimi due secoli. Possiamo anche spingerci ad affermare che rinunciare, qui o altrove, alla difesa e alla pratica di questi diritti fa venire meno la collocazione stessa di una forza politica nell’alveo della sinistra.

E l’MPS?

Val la pena qui richiamare anche quello che è sempre stato il nostro atteggiamento in materia elettorale. Un atteggiamento che ha sempre cercato di unire difesa di alcuni principi con un’analisi della situazione politica e della compatibilità tra le politiche da noi difese e quelle di forze politiche con le quali potevano entrare in linea di conto delle alleanze elettorali.

Ad esempio, fino ad 8 anni fa avevamo costituito un’alleanza elettorale con il PC partendo dall’idea di offrire una alternativa a sinistra alla politica del PS. Ma abbiamo rinunciato a tale alleanza sulla base di due elementi. Il primo le posizioni sempre più inaccettabili di questa formazioni in politica estera. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il sostegno più o meno esplicito al regime assassino di Assad in Siria. Ma, quella rottura, fu determinata anche dalla presa d’atto dell’intenzione  del PC di partecipare a liste comuni con il PS per l’elezione dei Municipi.

L’indipendenza rispetto alle politiche dei governi e delle forze che vi partecipano è per noi decisiva. Per questo non abbiamo mai accettato alleanze con forze politiche il cui obiettivo di fondo è partecipare alle politiche dei governi e condividerle, siano questi governi nazionali, cantonali o comunali.

Questa linea di fondo, che abbiamo sempre – più o meno coerentemente difeso, molte volte rinunciando ad avere degli eletti su queste liste “unitarie – non può essere assoluta, soprattutto deve misurarsi con l’evoluzione politica e sociale.

Per questo, ad esempio, in vista delle elezioni politiche cantonali, avevamo proposto al PS e ai Verdi la formazione di una lista unica per il Consiglio di Stato e per il Gran Consiglio. Non perché abbiamo cambiato idea: alla radice di quella nostra proposta vi era la presa d’atto di un rafforzamento delle forze di destra e di un indebolimento complessivo della sinistra, con arretramenti anche dal punto di vista istituzionale.
L’unica condizione che avevamo posto, proprio per non essere in contraddizione con la nostra posizione di indipendenza rispetto alle politiche dei governi, era un segnale di discontinuità nella politica condotta dal PS in governo negli ultimi anni, passando da una politica di collaborazione a una politica di opposizione.
Malgrado rappresentasse un’importante apertura da parte nostra rispetto al passato, la proposta è stata fucilata nello spazio di poche ore, teorizzando che forze separate (in particolare per il Gran Consiglio) avrebbero ottenuto di più, con una maggiore presenza istituzionale.

Sappiamo come è andata a finire. Uno scenario che potrebbe ripetersi anche alle prossime elezioni nazionali.

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