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La guerra in Ucraina continua con il suo carico di orrori più che mai alimentata dal regime imperialista neozarista della Russia di Putin, dove le recenti vicende della rivolta della brigata Wagner hanno messo in luce, se mai ce ne era bisogno, tutte il putridume di un sistema politico violento ed autoritario, ma anche in palese difficoltà, e alimentata, a sua volta dagli Usa e dalle potenze occidentali che hanno scelto di far proseguire il conflitto sine die per i loro fini imperialisti. Le iniziative e i movimenti volti a creare le condizioni di un cessate il fuoco, della fine del massacro, di una soluzione politica nel rispetto dei diritti del popolo ucraino e di tutti gli altri popoli della regione, sono presenti, ma fino ad ora sono schiacciate e sopraffatte dalla propaganda di guerra e dalle affermazioni delle diverse parti che la pace è conseguibile solo con la presunta “vittoria finale”. 
Per questo riteniamo utile pubblicare questo recente articolo di Gilbert Achcar che riaffronta le scelte delle forze di sinistra di fronte all’invasione russa dell’ Ucraina e all’attuale guerra a partire dalla analisi dei due diversi “campismi” che si stanno manifestando, quello filo Nato e quello filo russo. Il riferimento alle due posizioni “campiste” sono tratte dalle vicende politiche della Gran Bretagna, ma sono facilmente riconducibili anche ad altri paesi.
Il testo interviene sulla doppia natura del conflitto, quello interimperialista e quello dei diritto del popolo ucraino alla autodeterminazione e cerca di affrontare il nodo, assai difficile e controverso dell’invio delle armi nel contesto del processo mondiale di corsa al riarmo. Al di là della condivisione o meno di tutti i passaggi del testo e di tutte le sue proposte finali pensiamo sia un punto di riferimento serio per una riflessione politica approfondita su questi drammatici passaggi della storia. (Red
)

La scomparsa dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda avevano quasi messo fine al “campismo” che aveva caratterizzato fino ad allora gran parte della sinistra internazionale e del movimento operaio. Il termine “campismo” è stato coniato durante la Guerra Fredda per designare un allineamento sistematico dietro Washington o Mosca di questo arco di forze. Sebbene esistano ancora gruppi politici sistematicamente allineati a Cuba, o addirittura alla Russia di Putin nel caso di stalinisti irriducibili il cui attaccamento all’URSS si è trasformato in attaccamento a tutto ciò che è russo, è emerso un nuovo fenomeno, quello del neocampismo. Questo fenomeno è stato fortemente rafforzato dall’occupazione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti, condotta in violazione flagrante del diritto internazionale. Questa guerra statunitense, di gran lunga la più impopolare dai tempi del Vietnam,  ha suscitato un’enorme protesta internazionale e ha dato nuovo impulso all’ostilità antimperialista nei confronti del governo statunitense.

Nel neocampismo, il sistematico allineamento a Mosca è stato sostituito da una posizione istintiva contro Washington, una posizione che comporta una forte propensione ad agire secondo la logica del “il nemico del mio nemico è mio amico” e quindi ad essere scarsamente critici nei confronti dei governi e delle forze che si oppongono agli Stati Uniti, sia militarmente che con qualsiasi altro mezzo. Un simile atteggiamento è stato mostrato nei confronti di Gheddafi in Libia nel 2011 (anche se aveva collaborato con Washington fin dal 2004), di Assad in Siria in seguito e della Russia di Putin – soprattutto dopo l’annessione della Crimea e le incursioni nel Donbass in Ucraina nel 2014, seguita dal suo pesante intervento nella guerra siriana a partire dal 2015.

Una illustrazione particolarmente grossolana di questo neocampismo è una conferenza organizzata in Germania nel gennaio 2022 – dopo diversi mesi di minacciosi movimenti di truppe russe ai confini dell’Ucraina e meno di due mesi prima dell’invasione di questo Paese – con lo slogan “Giù le mani da Russia e Cina”!

Tuttavia, l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha avuto un effetto simmetrico a quello dell’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003. Ha provocato una repulsione nel Nord globale, dove una guerra così grande non si era più verificata dal 1945. Il campismo filoccidentale della Guerra Fredda è stato così rilanciato in un’ampia parte della sinistra intesa in senso lato: l’atlantismo pro-NATO tra i socialdemocratici e i verdi in particolare ed anche in settori del movimento operaio.

L’invasione russa ha favorito anche una versione opposta del neocampismo, caratterizzata dalla percezione del regime di Putin – e sempre più anche del governo cinese – come il pericolo più grande, con una concomitante tendenza a essere poco critici nei confronti delle azioni intraprese dalle potenze occidentali contro la Russia in Ucraina (o contro la Cina sulla questione di Taiwan).

La Gran Bretagna fornisce una buona illustrazione della nuova polarizzazione nelle file della sinistra e del movimento operaio tra i due tipi di neocampismo, anti-Occidente e anti-Russia. La maggior parte degli ambienti neo-campisti anti-NATO in Gran Bretagna sono attivi nella Stop the War Coalition (StWC). Formalmente, da febbraio 2022, la StWC, a parole, ha sostenuto la causa dell’Ucraina, condannando tiepidamente l’invasione russa e chiedendo il ritiro delle truppe russe al punto in cui si trovavano prima dell’invasione, senza intraprendere alcuna azione in tal senso.

Allo stesso tempo, ha impiegato la maggior parte dei suoi sforzi per chiedere la cessazione delle forniture di armi britanniche e di altri paesi della NATO all’Ucraina, sostenendo che la guerra in Ucraina è una guerra per procura tra due campi imperialisti. Concentrandosi esclusivamente su una dimensione della guerra in corso e minimizzando, se non negando del tutto, l’autonomia degli ucraini di combattere per la difesa del loro popolo e del loro territorio, il StWC ha potuto dipingere la sua inclinazione neo-campista come un rifiuto di entrambi i campi. Ciò si è tradotto in una posizione estremamente incoerente, che proclama l’opposizione all’invasione russa e allo stesso tempo nega agli ucraini il diritto di ottenere le armi necessarie per resistervi. 

Un esempio recente di questa incoerenza è la mozione presentata dai membri del StWC al congresso dell’University and College Union (UCU) tenutosi alla fine di maggio. La mozione è stata approvata con una maggioranza risicata di 9 delegati (130 contro 121 e 37 astensioni). Intitolata “Stop alla guerra in Ucraina-Pace Subito”, la mozione ha fatto l’impossibile. Combinando un vero pacifismo integrale (“le guerre sono combattute dai poveri e dai disoccupati di un paese che uccidono e mutilano i poveri e i disoccupati di un altro”) con l’imbarazzante eufemismo che “la NATO non è una forza progressista”, la mozione invita all’unione per “essere solidali con gli ucraini comuni e a chiedere l’immediato ritiro delle truppe russe”, per poi culminare in un “appello alla Russia affinché ritiri le sue truppe e al governo [britannico] affinché smetta di armare l’Ucraina“, come se l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le forniture di armi all’Ucraina da parte della Gran Bretagna fossero ugualmente riprovevoli.

Per il StWC, “l’alternativa” per consentire all’Ucraina di resistere all’invasione russa è “il cessate il fuoco e i colloqui di pace”. Una delle componente principali della coalizione ha sentito la necessità di formulare un’altra alternativa, al fine di mostrare maggiore considerazione per la popolazione ucraina. Ha sostenuto una combinazione di quattro elementi: “Movimento russo contro la guerra, ammutinamento delle forze armate, resistenza ucraina dal basso, agitazione contro la guerra nei Paesi della NATO”. Forse gli ucraini avrebbero dovuto lasciare che la Russia invadesse il loro Paese per portare avanti una “resistenza dal basso” (che in questo contesto significa necessariamente “clandestina”), scommettendo su un riedizione della Rivoluzione russa del 1917. Questa fantasia è piuttosto inefficace per mascherare la palese incoerenza.

All’estremo opposto dello spettro della sinistra, settori chiave del movimento operaio britannico hanno resuscitato l’atlantismo da Guerra Fredda che caratterizzava il Partito Laburista e che la leadership di Keir Starmer ha rilanciato fino a identificarsi con le fanfaronate dei Tory. Così, in occasione del suo ultimo congresso tenutosi nell’ottobre dello scorso anno, il Trades Union Congress (TUC), la centrale sindacale maggioritaria in Inghilterra e Galles, ha adottato una mozione sull’Ucraina intitolata “Ripresa economica e posti di lavoro nell‘industria”. Come indica il titolo, la mozione nasce più da ristrette preoccupazioni settoriali sui posti di lavoro che dalla solidarietà internazionalista con gli ucraini. La mozione glorifica l’industria militare della difesa come “essenziale” e deplora il fatto che sia stata ridotta negli ultimi anni, sostenendo che “i tagli all’industria militare hanno ostacolato la capacità del Regno Unito di aiutare il popolo ucraino contro il brutale assalto del regime di Putin”. Affermando che “il mondo sta diventando meno sicuro”, la mozione sostiene “campagne per l’aumento immediato della spesa per la difesa nel Regno Unito”.

Il principale sindacato attivo nel complesso militare-industriale britannico, il GMB, è stato il principale promotore di questa linea. Lo scorso settembre aveva chiesto all’allora cancelliere Rishi Sunak, oggi Primo Ministro, di “aumentare massicciamente la spesa per la difesa”. Al suo recente congresso, tenutosi all’inizio di giugno, la GMB ha adottato una mozione che difende il diritto all’autodifesa dell’Ucraina e che rifiuta gli argomenti di chi si oppone, come la StWC, alle forniture di armi da parte del governo britannico:

Il Congresso ritiene che le affermazioni secondo cui una tale risposta da parte del governo britannico sarebbe l’equivalente di un’azione di guerra, prolungherebbe la guerra o rischierebbe un’escalation della guerra con la Russia, siano in realtà argomentazioni di facciata per lasciare l’Ucraina a cavarsela da sola e ad affrontare l’annessione forzata di ampie parti del suo territorio. Travestire queste affermazioni con appelli ai colloqui di pace non cambia il fatto che la politica che incarnano è in realtà un’acquiescenza di fronte all’attacco russo e un’acquiescenza ad esso“.

Tuttavia, la mozione della GMB non si limita a sostenere la fornitura all’Ucraina di mezzi di autodifesa. Prosegue:

L’Ucraina ha anche il pieno diritto di cercare di importare i sistemi d’arma più moderni e tecnologicamente avanzati da tutto il mondo per resistere agli attacchi e riconquistare il proprio territorio”. Il Congresso ritiene che i governi del Regno Unito e di altre nazioni con industrie di difesa avanzate abbiano il dovere di rispondere positivamente con le armi di cui l’Ucraina ha bisogno per difendersi”.

Ciò equivale a sostenere forniture di armi quantitativamente e qualitativamente illimitate che consentirebbero all’esercito ucraino di intensificare la guerra, aumentando così i rischi per la popolazione ucraina e per il mondo intero. La mozione del GMB afferma inoltre che “il fondamento della politica di sicurezza nazionale e di difesa del Regno Unito continua ad essere l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), istituita dal governo laburista dopo la Seconda guerra mondiale“. Di conseguenza, conclude che “non c’è alternativa … a forze armate britanniche adeguatamente addestrate ed equipaggiate come parte della NATO“, opponendosi “alle mosse per diversificare i posti di lavoro dalla  industria bellica” perché “minano la nostra vitale sicurezza nazionale e le nostre difese“. La causa legittima dell’Ucraina viene quindi utilizzata per dare credibilità a quella che è fondamentalmente una posizione militarista assolutamente favorevole alla NATO.

La guerra in Ucraina ha portato alcuni attivisti anti-Putin della sinistra radicale britannica a non opporsi con energia a queste posizioni di destra. Impegnati nel lavoro di solidarietà con l’Ucraina, e quindi in stretto contatto con sindacalisti e socialisti ucraini, sono inclini ad adattarsi alla prospettiva massimalista che prevale comprensibilmente tra la popolazione ucraina. Per questo motivo si astengono da posizioni e attività come l’opposizione al governo guerrafondaio britannico e a ulteriori aumenti delle spese militari, per un Paese che nel 2021 era il terzo al mondo per spesa militare.

Il giornalista Paul Mason, proveniente dalla sinistra radicale, è probabilmente il caso più evidente. È arrivato persino a chiedere di sostenere “l’aumento della spesa per la difesa, il continuo sostegno alle armi all’Ucraina, il rafforzamento della NATO e la deterrenza nucleare”, il tutto con il pretesto di opporsi al “campismo”, definito in modo tale da applicarsi solo alle posizioni anti-NATO.

Il neocampismo anti-Putin porta molti sostenitori della causa ucraina a tenersi lontani dagli appelli al cessate il fuoco (che non deve essere incondizionato) e ai negoziati di pace, nella convinzione che il tempo sia a favore dell’Ucraina. In questo modo, permettono alla parte opposta di presentarsi come gli unici sostenitori dei valori antibellici e pacifisti, come illustrato dalla mozione dell’UCU sopra descritta. I sostenitori dell’Ucraina tendono inoltre spesso a sostenere la crescente estensione della NATO per colpire la Cina oltre alla Russia, enfatizzando una presunta somiglianza tra i casi dell’Ucraina e di Taiwan, invece di paragonare l’assalto russo a invasioni e occupazioni reali come quelle del Vietnam o della Palestina.

La sinistra deve evitare le trappole rappresentate da questi atteggiamenti campisti e neo-campisti simmetrici. Una posizione antimperialista coerente sull’Ucraina è quella che combina le seguenti posizioni e richieste:

1. Opposizione all’aggressione russa e denuncia dell’attacco criminale in corso;

2. Sostegno al legittimo diritto dell’Ucraina all’autodifesa e alla sua capacità di acquisire mezzi di difesa da qualsiasi fonte disponibili;

3. Ritiro immediato e incondizionato delle truppe russe dal territorio che hanno invaso dal febbraio 2022;

4. Rifiuto delle richieste guerrafondaie di un’escalation della guerra in territorio russo, che metterebbe ad alto rischio il mondo e il popolo ucraino;

5. Sostegno ai negoziati di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite sulla base dei principi della Carta delle Nazioni Unite;

6. Sostegno a una soluzione democratica e pacifica della controversia sulla Crimea e sulle parti del Donbass identificate dagli accordi di Minsk del 2015, attraverso referendum organizzati dalle Nazioni Unite per l’autodeterminazione delle popolazioni di questi territori prima dell’invasione, sotto la protezione delle truppe ONU;

7. Opposizione all’allargamento della NATO e sostegno alla sostituzione della NATO e di altre alleanze militari con organizzazioni di sicurezza collettiva come l’OSCE e le Nazioni Unite;

8. Opposizione a tutti gli aumenti della spesa militare e continuo sostegno a una drastica riduzione della spesa militare globale;

9. Sostegno alle organizzazioni operaie e progressiste dell’Ucraina contro il loro governo di destra;

10. Sostegno all’opposizione antibellica e democratica della Russia contro il regime di Putin.