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L’uscita nelle sale cinematografiche il 21 luglio 2023 del film Oppenheimer (https://www.youtube.com/watch?v=uYPbbksJxIg), dedicato alla vita di un eminente fisico nucleare americano, dovrebbe ricordarci quanto lo sviluppo delle armi moderne sia stato dannoso per gli individui e per l’umanità intera.

Basato sulla biografia American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer (Ed. A. Alfred Knopf, 2005) di Kai Bird e del compianto Martin Sherwin, il film segue l’ascesa e la caduta del giovane J. Robert Oppenheimer, che durante la Seconda Guerra Mondiale fu reclutato dal governo statunitense per guidare la costruzione e il collaudo della prima bomba atomica al mondo a Los Alamos, nel Nuovo Messico. Il suo successo in questa impresa fu seguito poco dopo dall’ordine del presidente Truman di usare le armi nucleari per distruggere Hiroshima [6 agosto 1945] e Nagasaki [9 agosto 1945].

Negli anni successivi alla guerra, J. Robert Oppenheimer, universalmente riconosciuto come “il padre della bomba atomica“, acquisì un’influenza straordinaria per uno scienziato sul governo statunitense, in particolare nella sua qualità di presidente del comitato consultivo generale della nuova Commissione per l’Energia Atomica (AEC).

Ma la sua influenza andò scemando man mano che cresceva la sua ambivalenza nei confronti delle armi nucleari. Nell’autunno del 1945, durante un incontro alla Casa Bianca con Harry S. Truman (1945-1953), Oppenheimer dichiarò: “Signor Presidente, mi sento come se avessi le mani sporche di sangue“. Furioso, Truman disse in seguito al vicesegretario di Stato Dean Acheson [gennaio 1949-gennaio 1953] che Oppenheimer era diventato “un piagnone” e che non voleva “mai più vedere quel figlio di puttana in questo studio“.

J. Robert Oppenheimer era anche preoccupato per l’incombente corsa agli armamenti nucleari e, come molti scienziati nucleari, era favorevole al controllo internazionale dell’energia atomica. In effetti, alla fine del 1949, l’intero Comitato Consultivo Generale della AEC si pronunciò contro lo sviluppo della bomba H da parte degli Stati Uniti, anche se il Presidente, ignorando questa raccomandazione, approvò lo sviluppo della nuova arma e la aggiunse al crescente arsenale nucleare statunitense.

In queste circostanze, persone molto meno imbarazzate dalle armi nucleari si attivarono per rimuovere Oppenheimer dal potere. Nel dicembre 1953, poco dopo aver assunto la presidenza dell’AEC, Lewis Strauss, un fervente sostenitore del rafforzamento dell’arsenale nucleare statunitense, ordinò la sospensione dell’autorizzazione di sicurezza di Oppenheimer. Desideroso di contrastare le implicazioni di slealtà, Oppenheimer si appellò alla decisione e, nelle successive udienze davanti al Consiglio di sicurezza dello staff dell’AEC, dovette affrontare domande assillanti non solo sulle sue critiche alle armi nucleari, ma anche sui suoi rapporti, decenni prima, con persone che erano state iscritte al Partito comunista americano.

Alla fine, l’AEC decise che Oppenheimer rappresentava un rischio per la sicurezza, una decisione ufficiale che, sommata alla sua umiliazione pubblica, completò il suo allontanamento dal servizio pubblico e diede un colpo fatale alla sua fulminante carriera.

Naturalmente, lo sviluppo delle armi nucleari ebbe conseguenze ben più gravi della caduta di J. Robert Oppenheimer. Oltre a uccidere più di 200’000 persone e a ferirne molte di più in Giappone, l’avvento delle armi nucleari portò i Paesi di tutto il mondo a intraprendere una feroce corsa agli armamenti nucleari. Negli anni ’80, alimentata dai conflitti tra le principali potenze, erano state sviluppate 70’000 armi nucleari, con il potenziale di distruggere praticamente tutta la vita sulla terra.

Fortunatamente, per contrastare questa corsa all’apocalisse nucleare venne lanciata una vasta campagna civile, che riuscì a fare pressione sui governi riluttanti spingendoli a sottoscrivere una serie di trattati per il controllo degli armamenti nucleari e il disarmo, oltre ad azioni unilaterali tese a ridurre i pericoli nucleari. Il risultato di queste campagne è che, a fine 2023, il numero di armi nucleari dovrebbe essere sceso a circa 12’500 unità.

Tuttavia, negli ultimi anni, a causa di un forte calo della mobilitazione pubblica e di un aumento dei conflitti internazionali, il potenziale di guerra nucleare si è notevolmente riacceso. Le nove potenze nucleari (Russia, Stati Uniti, Cina, Gran Bretagna, Francia, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) stanno attualmente lavorando per modernizzare i loro arsenali nucleari, costruendo nuovi impianti di produzione e migliorando le loro armi nucleari.

Nel 2022, questi governi hanno speso quasi 83 miliardi di dollari per questo sviluppo nucleare. Le minacce pubbliche di guerra nucleare, anche da parte di Donald Trump, Kim Jong-un e Vladimir Putin, sono diventate più frequenti. Le lancette dell’orologio del giorno del giudizio del Bulletin of the Atomic Scientists, creato nel 1946, sono ora a mezzanotte meno 100 secondi [eranno a 90 nel gennaio 2023], il più pericoloso della storia.

Non sorprende che le potenze nucleari mostrino scarso interesse per ulteriori azioni di controllo e disarmo degli armamenti nucleari. I due Paesi che possiedono circa il 90% delle armi nucleari del mondo – la Russia (che ne possiede il maggior numero) e gli Stati Uniti (che non sono molto lontani) – si sono ritirati da quasi tutti gli accordi in materia.

Sebbene il governo statunitense abbia proposto di estendere alla Russia il Trattato New Start (che limita il numero di armi nucleari strategiche), Vladimir Putin ha risposto nel giugno 2023 che la Russia non avrebbe avviato negoziati sul disarmo nucleare con l’Occidente, aggiungendo: “Abbiamo più armi di questo tipo dei Paesi della NATO. Loro lo sanno e stanno ancora cercando di convincerci ad avviare i negoziati per le riduzioni. Al diavolo… come dice il nostro popolo“.

Il governo cinese, il cui arsenale nucleare, sebbene notevolmente aumentato, è al terzo posto – e ancora lontano – ha dichiarato di non vedere alcuna ragione per cui la Cina debba impegnarsi in colloqui sul controllo degli armamenti nucleari.

Per scongiurare un’imminente catastrofe nucleare, le nazioni non nucleari hanno difeso il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Adottato da un voto schiacciante dei Paesi in una conferenza delle Nazioni Unite nel luglio 2017, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari vieta lo sviluppo, la sperimentazione, la produzione, l’acquisizione, il possesso, lo stoccaggio e la minaccia di utilizzo di armi nucleari.

Il trattato è entrato in vigore nel gennaio 2021 e, nonostante l’opposizione di tutte le potenze nucleari, è stato firmato da 92 Paesi e ratificato da 68 di essi. Si prevede che Brasile e Indonesia lo ratificheranno nel prossimo futuro. I sondaggi hanno dimostrato che il TPNW gode di un forte sostegno in molti Paesi, compresi gli Stati Uniti e altri Paesi della NATO. C’è quindi ancora qualche speranza che la tragedia nucleare che ha travolto Robert Oppenheimer, e che da tempo minaccia la sopravvivenza della civiltà globale, possa essere evitata.

*Articolo pubblicato sul sito web di The Conversation il 12 luglio 2023. Lawrence S. Wittner è professore emerito di storia alla SUNY/Albany e autore di Confronting the Bomb. A Short History of the World Nuclear Disarmament Movement, Stanford University Press, 2009.