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L’Africa, come altri continenti, sta affrontando una riduzione della copertura forestale a causa dell’espansione dell’agricoltura da esportazione e del disboscamento, per lo più illegale.

Le foreste africane sono minacciate dall’accelerazione della commercializzazione delle terre del continente. Sebbene l’attenzione sia spesso rivolta alla foresta equatoriale dell’Africa centrale, la foresta secca al di sotto della fascia sahelo-sahariana e in gran parte dell’Africa meridionale vive una crisi ancora più grave.

Le foreste africane in pericolo

Durante la colonizzazione, le foreste venivano sfruttate sotto forma di concessioni legali. Con questo sistema, lo Stato coloniale trasferiva tutte le sue prerogative a società private. Queste aziende hanno piantato colture da esportazione come cacao, caffè, gomma, olio di palma, ecc. a scapito delle foreste. Quando i Paesi africani hanno ottenuto l’indipendenza, questo tipo di economia agricola è continuato.

Di conseguenza, per decenni le foreste sono state decimate. La Costa d’Avorio ne è un esempio. Tra il 1900 e il 2021, il Paese ha perso l’80% della sua superficie forestale, soprattutto a causa delle esportazioni di cacao.

Come l’Amazzonia, le foreste africane sono una formidabile trappola per il carbonio. La foresta del Congo immagazzina 50 miliardi di tonnellate di carbonio. Contribuiscono a regolare il clima e ospitano molte specie di flora e fauna. Per quasi 100 milioni di persone, sono anche una fonte diretta o indiretta di cibo, salute e materiali da costruzione.

Traffico illegale e lucrativo

Ogni anno, in Africa scompaiono quasi quattro milioni di ettari di foresta a causa della finanziarizzazione delle foreste. Questo avviene sotto forma di politiche di accaparramento delle terre a vantaggio delle grandi multinazionali, con la complicità dei leader dei Paesi africani. L’obiettivo è sviluppare l’agricoltura da esportazione e le attività minerarie.

L’altro fattore che esacerba la deforestazione è il commercio di legname. Il disboscamento illegale è esploso a causa della fortissima domanda del mercato asiatico. Rappresenta una perdita di 17 miliardi di dollari per il continente. In Uganda, ad esempio, il legname tagliato illegalmente rappresenta l’80% del volume totale.

Il disboscamento illegale è possibile solo con la complicità di politici e alti funzionari pubblici. Nel 2019, il ministro delle Foreste del Gabon, Guy-Bertrand Mapangou, è stato coinvolto nel traffico di kevazingo, un legno pregiato. In Zambia, sono state le persone vicine all’ex presidente Edgar Lungu a essere coinvolte in una vicenda simile.

Conservazione conviviale

Sotto la pressione internazionale, i governi africani interessati hanno introdotto misure legali per proteggere le loro foreste. Ma i risultati sono stati scarsi, soprattutto per la mancanza di risorse, ma anche per la corruzione.

Tali politiche incoraggiano le comunità forestali a prendere parte a questo commercio, preferendo beneficiare delle entrate finanziarie piuttosto che essere semplici spettatori. La situazione di precarietà della proprietà terriera in cui vivono le comunità non le incoraggia a impegnarsi in attività forestali sostenibili. Come ha detto un leader della comunità: “Le aziende arrivano, sfruttano appezzamenti delle nostre foreste senza consultarci e, quando protestiamo, tirano fuori un documento ufficiale che dice che sono autorizzati a farlo. Noi restiamo lì, impotenti“. (1)

Il modo migliore per proteggere le foreste è che rimangano sotto il controllo delle comunità. Ciò significa garantire i loro titoli di proprietà e rispettare il loro stile di vita. Come ha detto un leader indigeno: “Viviamo nella foresta da migliaia di anni e l’abbiamo sempre utilizzata in modo sostenibile”. In effetti, gli inventari effettuati dimostrano che le risorse vengono preservate, frutto di quella che gli scienziati chiamano conservazione conviviale. In altre parole, una relazione armoniosa tra natura ed esseri umani, ben lontana dal sovrasfruttamento e dal saccheggio delle risorse forestali attualmente in vigore.

*Articolo pubblicato il 23 luglio 2023 sul sito www.lanticapitaliste.org La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS.