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L’allineamento del pianeta “elezioni federali” con quello “annuncio dei premi di cassa malati” ha suscitato una grande effervescenza. Abolizione dell’assicurazione obbligatoria ha subito  dichiarato l’UDC Natalie Rickli (consigliera di Stato di Zurigo, responsabile della sanità); congelamento dei premi ha lanciato la Fédération romande des consommateurs (FRC); assicurazione “law cost” è l’idea avanzata dal liberale Philippe Nantermod (consigliere nazionale del Vallese, membro della Commissione per la sicurezza sociale e la sanità pubblica); assicurazione pubblica e tetto massimo dei premi per i socialisti; tetto massimo all’aumento dei costi per il Centro: un vero e proprio fuoco d’artificio. Anche la “mamma della LAMal”, l’ex consigliera federale Ruth Dreifuss (1993-2002), è stata chiamata in causa e la sua diagnosi ha fatto notizia: “Ci sono troppi piloti nell’aereo“. È davvero questo il vero problema?

Se dovessimo sintetizzare questa profusione di “soluzioni”, verrebbe in mente uno slogan rivisitato: “Risparmio ovunque, salute da nessuna parte!”. In fondo, non si parla quasi mai di bisogniin ambito sanitario e delle condizioni necessarie per soddisfarli. Proviamo a fissare alcuni punti che potrebbero aiutare a rivedere la situazione.

1.L’obiettivo che dovrebbe orientare l’azione sociale e politica di fronte al sistema sanitario dovrebbe essere lo sviluppo di servizi che garantiscano a lungo termine l’accesso alle cure e il necessario sostegno sociale per tutti, indipendentemente dal reddito, dall’età, dal sesso o dal luogo di residenza, e che corrispondano a quello che può essere definito lo “stato dell’arte” in questi settori, grazie al personale che possa lavorare in condizioni dignitose. Tale sistema può essere pienamente efficace solo se si integra a politiche economiche, sociali e ambientali che creino condizioni di vita e di lavoro e un ambiente favorevole alla salute della popolazione.

2. Per raggiungere questo obiettivo, la sfida, ora e nei prossimi anni, non è quella di “risparmiare sulla salute“, ma di investire in essa in modo coerente. E quersto per tre ragioni.

1°) A parte la medicina somatica acuta, l’attuale offerta sanitaria è insoddisfacente in diversi settori; ne sono alcune delle illustrazioni più evidenti le carenze case per anziani (CPA) come nell’assistenza domiciliare, la mancanza di medici in alcune regioni o per alcune specialità, ma anche l’inadeguatezza del supporto alle persone che lasciano l’ospedale sempre più rapidamente, per non parlare della vergognosa carenza nell’assistenza agli immigrati privi di documenti;
2°) le condizioni di lavoro, non solo negli ospedali ma anche nelle case anziani e nell’assistenza domiciliare, devono essere migliorate, per il bene del personale e per la qualità dell’assistenza ai pazienti:  riduzione dei ritmi di lavoro, diminuzione del tempo di lavoro e  aumento corrispondente degli effettivi, rivalutazone dei salari: queste misure sono in linea con il programma definito nell’iniziativa Per cure infermieristiche forti approvata dal popolo (il 28 novembre 2021) e sono impensabili senza grandi investimenti nel settore delle cure;
3°) il graduale arrivo in età avanzata delle generazioni più numerose del baby boom porterà a un aumento dei bisogni nei prossimi 20-30 anni.

3. È in questo contesto che si deve porre la questione del finanziamento. A due livelli distinti. In primo luogo, a livello macroeconomico: una società come quella svizzera può permettersi di aumentare le risorse destinate alla sanità nel lungo periodo? Sì, senza la minima difficoltà (vedi sotto per ulteriori argomentazioni). In secondo luogo: come si possono finanziare queste risorse? Solo un finanziamento solidale può farlo a lungo termine, garantendo al contempo l’accesso universale all’assistenza sanitaria. In Svizzera, il modello di finanziamento solidale è quello dell’AVS, dell’AI e dell’assicurazione contro la perdita di guadagno: cioè un contributo dei dipendenti in percentuale del salario e un contributo del datore di lavoro di importo almeno pari a quello detratto direttamente sul salario dei dipendenti. Il modello del tetto massimo dei premi pro capite, sostenuto dal Partito Socialista, è solo una misura di ripiego.

4. L’attuale sistema di finanziamento dell’assicurazione malattia attraverso i premi pro capite consente ai datori di lavoro e ai ricchi di risparmiare enormemente sull’assistenza sanitaria. Ma, creando un vincolo finanziario permanente, questo metodo di finanziamento è anche un potente strumento di pressione per imporre cambiamenti strutturali indesiderati dai pazienti e dalla maggior parte degli operatori sanitari: rafforzamento del potere delle compagnie di assicurazione, concentrazioni ospedaliere imposte da un sottofinanziamento cronico, limitazione dell’accesso alle cure in nome della “responsabilizzazione” dei pazienti.

5. I modelli di finanziamento degli ospedali e delle cure di lunga durata messi in atto negli ultimi due decenni aprono la strada allo sviluppo di imprese private a scopo di lucro, molto interessate a questo settore di investimento: la loro concorrenza stimolerebbe la diffusione di modelli organizzativi più “efficienti”, con conseguenti risparmi. Ma il modello di business delle imprese ad alta intensità di capitale è finalizzato all’aumento dei volumi di attività e dei margini di profitto. Questo è ben lontano dalla “slow medicine”, che promuove un uso “parsimonioso” delle risorse. Anche la riduzione dei costi attraverso l’aumento della pressione sui dipendenti è parte integrante del modello, così come l’imposizione di tariffe monopolistiche esorbitanti laddove possibile, come nel caso dei farmaci. Per farla breve, se dobbiamo trovare un motore inflazionistico nel settore sanitario, è lì che dobbiamo guardare! La politica attuale non risponde a questo paradosso migliorando il servizio pubblico. Al contrario, combina, da un lato, una valanga di (micro)regolamentazioni e controlli assicurativi asfissianti, seppellendo i curanti in un lavoro amministrativo infinito e senza senso; dall’altro, una progressiva limitazione de facto dell’accesso alle cure, moltiplicando le disposizioni (franchigie elevate, modelli di “medico di famiglia” e altre che ostacolano l’accesso alle cure), che stanno diventando la norma nell’assicurazione di base che la maggioranza della popolazione è in grado di permettersi. Questo meccanismo istituzionalizza di fatto la medicina a più velocità.

Alcuni dati sul finanziamento della spesa sanitaria

Gli Stati Uniti consacrano circa il 17% del loro prodotto interno lordo (PIL) alla spesa sanitaria. La Svizzera, con meno del 12%, si colloca a metà di un gruppo di Paesi europei che comprende Germania, Francia, Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca. Il sistema sanitario statunitense è un disastro in termini di accesso alle cure per gran parte della popolazione. Tuttavia, il livello proporzionalmente elevato della spesa sanitaria non costituisce un ostacolo allo sviluppo economico degli Stati Uniti, qualunque cosa ciò significhi.
Fatta questa osservazione generale, alcuni ordini di grandezza aiutano a mettere in prospettiva le sfide del finanziamento del sistema sanitario. La tabella seguente mostra, sulla base dei dati relativi al 2020/2021, il livello dei contributi dei dipendenti necessari per finanziare diverse parti della spesa sanitaria, confrontandoli ai contributi attualmente versati per il sistema pensionistico.

Da questi dati emergono due constatazioni di fondo:

  • L’iniziativa del Partito Socialista mira a limitare i premi dell’assicurazione sanitaria al 10% del reddito disponibile, utilizzando i sussidi versati dalla Confederazione e dai Cantoni. Questo obiettivo, osteggiato dalla destra, è una risposta al fatto che, per molte famiglie, questi premi rappresentano attualmente una spesa significativamente più elevata. Ruth Dreifuss ricorda che, quando nel 1994 fu messo in votazione l’attuale modello di assicurazione malattia, il Consiglio federale sostenne che i sussidi avrebbero permesso di limitare l’onere dei premi sanitari all’8% del reddito (cfr. CHSS, 2 settembre 2016). L’ambizione del PS è quindi assai moderata. E un confronto con il finanziamento basato sul modello AVS mostra che sarebbe sufficiente un livello di contribuzione molto più basso. Un contributo dei dipendenti di circa il 3,2% [1] coprirebbe l’equivalente degli attuali premi sanitari. Anche se i dipendenti dovessero pagare l’intero costo (compresa la quota del datore di lavoro), si arriverebbe ad un prelievo del del 6,3%, ben al di sotto del 10% previsto dal PS. Il motivo è semplice: il limite massimo proposto dal Partito Socialista limita l’onere dell’assicurazione malattia sui redditi bassi, ma di fatto accetta il fatto anche che le persone ad alto reddito contribuiscano proporzionalmente (molto) poco al finanziamento della sanità. Se, in un dato cantone, i contributi all’assicurazione di base per una famiglia di due adulti e due bambini ammontano a 1’000 franchi al mese, una famiglia di quattro persone con un reddito mensile di 7’000 franchi beneficerebbe, secondo la proposta socialista, di un sussidio di 300 franchi per ridurre l’onere da 1’000 a 700 franchi (10% del reddito). Tuttavia, una famiglia con la stessa composizione con un reddito mensile di 20’000 franchi pagherebbe 1’000 franchi di premi, pari al 5% del suo reddito; e una famiglia con un reddito di 40’000 franchi pagherebbe pure 1’000 franchi, pari al 2,5% del suo reddito. La proposta socialista non è così “egualitaria” come potrebbe sembrare a prima vista…
  • I premi all’assicurazione malattia rappresentano solo il 60% circa dei costi sanitari pagati dalle famiglie. La percentuale dei costi sanitari pagati direttamente dalle famiglie è molto alta in Svizzera rispetto agli standard internazionali. In particolare, essa comprende la franchigia del 10% e il ticket (fino a un massimo di 700 franchi) per l’assicurazione malattia, i servizi non rimborsati o rimborsati solo in parte da questa assicurazione, le cure dentistiche, una parte dell’assistenza e delle cure a domicilio, nonché una parte significativa dei costi di alloggio in case di cura non coperti dall’assicurazione malattia, da altre assicurazioni sociali o dalle autorità pubbliche. La mancata considerazione di questa realtà è un altro limite dell’iniziativa del PS. Con un sistema di finanziamento basato sul modello AVS, un contributo di poco superiore al 6% sarebbe sufficiente a coprire tutta la spesa sanitaria finanziata dalle famiglie. Si tratta di una percentuale notevolmente inferiore ai contributi pensionistici (AVS + LPP), che si aggira in media intorno all’11% dello stipendio (con variazioni molto ampie per il 2° pilastro, a seconda dell’età e del tipo di fondo).

Questi pochi dati dimostrano che il finanziamento della spesa sanitaria, così come una politica di investimenti per soddisfare le esigenze future, non è di per sé un problema, purché sia garantito da un sistema di assicurazione sociale, finanziato da contributi proporzionali al reddito.

*articolo apparso il 7 settembre 2023 sul sito www.alencontre.org. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS.

[1] I pensionati non contribuiscono direttamente al finanziamento delle pensioni, attraverso una trattenuta sulle loro rendite. Quando si tratta di assistenza sanitaria, sarebbe logico che contribuissero in proporzione al loro reddito. In questo caso, un contributo proporzionale allo stipendio e/o al reddito avrebbe un rendimento maggiore rispetto ai contributi AVS.