Il caso dell’Aeroporto di Lugano dimostra la grande abilità del Municipio cittadino nel girare le frittate e nascondere i problemi di fondo. Questa abilità non basta: l’aeroporto rimane una Peppa Tencia di notevoli dimensioni.
La privatizzazione dello scalo è fallita non tanto per il cambiamento dovuto “alla nuova situazione” (Lombardi dixit). I privati mirano al massimo profitto. Volevano poter gestire le attività lucrative, quelle legate al traffico dei jet privati dei multi-milionari globalisti, mica accollarsi le spese di manutenzione correnti e, soprattutto, quelle straordinarie e ingenti dei prossimi anni.
Appare dunque velleitaria, oltre che socialmente inutile, la «nuova strategia di gestione dello scalo: da interamente privata a una partnership pubblico-privato» (LaRegione 30.08.2023). Infatti, l’immane nodo da sciogliere resta e resterà quello dei “grossi investimenti” futuri. I privati non ne vorranno sapere, se non in misura marginale. Chi se li accollerà? I contribuenti e le contribuenti di Lugano che già dovranno sostenere le spese per il PSE e, forse, per il futuro Polo fieristico e congressuale?
Il nodo finanziario chiama immediatamente altri aspetti fondamentali: l’inutilità sociale e la dannosità ambientale dell’aeroporto, tanto più da quando questo si è ridotto a un parcheggio di una decina di jet privati. A Lugano molti continuano a strillare che lo scalo rappresenta un “asset strategico” per la città e il suo tessuto economico. Più che strillare bisognerebbe dimostrare queste affermazioni con dati oggettivi. Perché la realtà dimostra un’altra faccia: il depotenziamento drastico dell’aeroporto luganese non ha causato il benché minimo problema al “tessuto economico” luganese. Se fosse scomparso del tutto, nessuno se ne sarebbe accorto. A parte il multi-milionario e globalista Sir Lindsay Owen-Jones, il quale non avrebbe più potuto rientrare dall’aeroporto di Malpensa a Lugano con il suo jet privato… Nessuna utilità sociale ed economica per la collettività, quella composta da chi ogni mese deve far quadrare il proprio bilancio familiare. Invece solo costi per tutte e tutti, in particolare per la popolazione che abita nei comuni che accerchiano l’aeroporto.
E ci riferiamo soprattutto ai costi ambientali. Ormai è chiaro per tutti, lo abbiamo già detto, che lo scalo luganese è mantenuto in vita solo per servire gli ultra-ricchi che vogliono muoversi solo con il proprio jet privato. Stiamo parlando di, al massimo, una trentina di persone. Ciò a fronte di una certezza: i jet privati sono il mezzo di trasporto assolutamente più inquinante. Sulla tratta Lugano-Zurigo, il treno consuma 0,13 kg di CO2 mentre l’aereo privato ben 34 kg. Un aereo che vola da Roma a Londra produce in media 234 kg di CO2, quanto un cittadino medio in un anno. I jet producono cinque volte più CO2 di quanto ne produce un normale aereo di linea. In prossimità degli aeroporti, i velivoli emettono grandi quantità di ossidi di azoto (malattie delle vie respiratorie) e di CO2.
La questione politica è chiara: possiamo accettare che per i privilegi di pochi benestanti, quindi davanti a un interesse collettivo nullo, si debba mantenere in vita un generatore importante di inquinamento, di disagi per la salute di migliaia di cittadine e di cittadini, nonché distruttore di risorse finanziarie pubbliche che potrebbero usate per rispondere a bisogni sociali, questi sì collettivi e d’interesse superiore? Per noi la risposta è no.
La via da seguire è quella della dismissione dell’aeroporto luganese. Detto altrimenti della sua chiusura immediata. In questo modo si potrebbero recuperare e rigenerare un territorio prezioso pubblico, destinandolo a zona di svago, rinaturata, accessibile a tutta la comunità e portando una boccata d’ossigeno (in tutti i sensi) a una zona già oltremodo asfissiata da un traffico urbano importante che non merita un ulteriore aggravio generato da un aeroporto inutile.
*coordinatori MPS Luganese. Articolo apparso, in forma ridotta, sul CdT di mercoledì 6 settembre 2023.