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Pubblichiamo questo commento apparso sul sito https://refrattario.blogspot.com/ dedicato all’incidente nel quale hanno perso la vita, falciati da un treno, 5 operai che lavoravano alla manutenzione dei binari a Brandizzo, una località alle porte di Torino. (Red)

L’ennesimo incidente sul lavoro. E’ questo (dettaglio più dettaglio meno) il titolo che campeggerà domani su tutti i giornali. I 5 operai travolti stanotte nella stazione di Brandizzo, nonostante lavorassero in un rettilineo, non hanno avuto neanche il tempo di accorgersi del treno che è sfrecciato loro addosso a 160 all’ora. Alcune centinaia di tonnellate scagliate a quella velocità, tanto che il treno, prima di arrestarsi, nonostante l’uso del freno di emergenza, ha percorso ancora un chilometro. E per gli operai non c’è stato scampo.

I giornali poi aggiungeranno che le vittime erano operai addetti alla manutenzione, dipendenti di una ditta esterna, subappaltatrice per la “RFI”, la società spezzatino che gestisce i binari, ma non i treni, che sono invece gestiti da “Trenitalia”, entrambe possedute dalla società “principale”, la “Ferrovie dello Stato SpA”. 

Kevin Laganà (22 anni), Giuseppe Aversa (49), Giuseppe Servillo (43), Michael Zanera (34), Giuseppe Lombardo (53) sono stati fatti letteralmente a pezzi da un “treno di servizio”, che trasportava una dozzina di carrozza vuote verso Torino.

Ora le indagini cercheranno di “chiarire la dinamica”, “verificare il rispetto delle regole”, “controllare lo stato di salute” del macchinista del treno e del suo aiutante. Cercheranno insomma dove sia l’ “errore umano” che ha stroncato 5 vite e ha sconvolto il paese.

Già questa mattina abbiamo assistito alle abituali lacrime di coccodrillo delle autorità, quasi che questo sanguinoso evento costituisca un tragico caso eccezionale.

Il blog di Carlo Soricelli dedicato ai “caduti sul lavoro”, che registra puntigliosamente queste vittime del capitalismo e della guerra di classe che il capitalismo conduce da sempre contro lavoratrici e lavoratori, ci indica che negli ultimi 15 anni (2008-2022) la logica infernale del profitto ha ucciso ben 10.000 lavoratrici e lavoratori direttamente sul luogo di lavoro e ne ha lasciati morire altri 10.000 per altre cause (malattie professionali, incidenti “in itinere”, ecc.).

Anche questa volta, trovato l’ “errore umano” e il capro espiatorio (il macchinista, l’impiegato di Trenitalia che ha dimenticato di avvertire l’impiegato di Rete Ferroviaria Italiana di sospendere i lavori sulla linea, oppure l’impiegato di RFI che non ha chiesto all’impiegato di Trenitalia di sospendere il traffico mentre erano in corso i lavori, o meglio ancora tutti e tre…) sui giornali tornerà il silenzio e potremo tornare a scandalizzarci per le idiozie del generale Vannacci o del giornalista Andrea Giambruno, o per altre idiozie dei fascisti al potere e di chi ce li ha aiutati ad andare.

Tutti costoro che oggi piangono come coccodrilli, in passato allegramente hanno contribuito tutti, destra, centro, “sinistra” e “governi tecnici”, a “liberalizzare” le norme sugli appalti, a “sburocratizzare” e dunque ad azzerare i controlli sul rispetto delle regole di prevenzione, a glorificare la società “ad alta velocità” (che per correre deve evitare di perdere tempo in inutili operazioni burocratiche).

Le morti sul lavoro, per la loro tragica irreparabilità, sono l’indicatore più sincero di un sistema economico che non esita a triturare la classe lavoratrice, sia subdolamente e metaforicamente (con i salari di fame, con la precarietà, con il lavoro nero, con i ritmi asfissianti) sia materialmente e sanguinosamente con le quotidiane stragi sul lavoro (tre morti al giorno). 

Un sistema non solo economico, ma politico e sociale, che, in nome del “garantismo”, garantisce sfruttamento e sofferenze per lavoratrici e lavoratori e impunità per i responsabili.