Nell’ambito della discussione in Gran Consiglio sulle conclusioni e raccomandazioni dell’audit che ha analizzato le vicende dell’ex funzionario del DSS (condannato per per coazione sessuale e stupro). La commissione della gestione (con un rapporto firmato dai rappresentanti di PLRT, Il Centro, Lega, UDC, PS e Verdi) ha trasmesso al Consiglio di Stato le 18 raccomandazioni contenute nell’audit.
Raccomandazioni che l’MPS non ritiene sufficienti, in particolare poiché orientate più sugli aspetti di tipo amministrativo e gestionale, e poco incisive a migliorare gli interventi che permettano di far emergente le molestie sessuali.
Il dibattito ha confermato che i partiti maggiori non vogliono andare più in là di misure cosmetiche nella lotta contro le molestie e preferiscono concentrarsi sui procedimenti amministrativi di gestione del personale. Sono stati considerati eccessivamente “operativi” (dovendone in principio riconoscere la fondatezza…) e per questo sono stati chiaramente respinti. Verranno, forse, riconsiderati tra diversi mesi.
Pubblichiamo l’intervento del nostro deputato G. Sergi e gli emendamenti proposti. (Red)
L’audit, almeno per quello che ne possiamo sapere noi che non l’abbiamo letto, pone l’accento sia sulla necessità di affrontare le molestie nell’amministrazione cantonale, sia di migliorare i meccanismi di funzionamento dell’amministrazione cantonale nella gestione del personale.
Questi due aspetti (che hanno lo stesso peso nelle raccomandazioni dell’audit) stranamente, ma non tanto, assumono un peso diverso nelle conclusioni della commissione della gestione condivisa da tutti i partiti di governo e no.
Non a caso la commissione ha sconvolto l’ordine di priorità delle misure imperative, assegnando una priorità alle misure contenute nella raccomandazione D (Dossier personali) e nella E (formazione dei quadri dirigenti).
Questo orientamento traduce una sorta di sottovalutazione dei fenomeni che sono alla base della vicenda da cui tutta la discussione è partita. In nessun modo si riconosce che all’origine della vicenda vi è una cultura di fatto sessista dominante nell’amministrazione, un clima di lavoro che non riconosce comportamenti inadeguati e molestie e che ne banalizza le conseguenze. Una cultura che deve e può essere combattuta solo attraverso campagne di sensibilizzazione e di prevenzioni martellanti e la messa in atto di servizi di ascolto adeguati e non semplicemente ristabilendo ruoli e gerarchie adeguate.
Scrive la commissione nel suo rapporto: “L’analisi condotta dall’auditor ha ben mostrato che, nel caso dell’ex funzionario del DSS, l’assenza di un dossier personale ha pesato parecchio sulle criticità delle procedure messe in atto, rendendo carente la capacità tempestiva di intervento e/o decisionale da parte della gerarchia dell’ex funzionario e della Sezione delle risorse umane. Gli errori commessi sono dipesi principalmente dalla mancanza di una documentazione e di atti formali condivisi tra le due parti e della loro tracciabilità” Arrivando ad una conclusione che a noi pare unilaterale e imprudente laddove afferma che “Se vi fosse stato un dossier personale completo, molto probabilmente sarebbe stato più facile intervenire tempestivamente sulla fattispecie”.
Ci pare che la discussione su questa grave vicenda venga utilizzata essenzialmente per accelerare i meccanismi di gestione del personale, per insistere su tutto quanto attiene alla gestione del personale per obbiettivi e alla valutazione del personale, insistendo sulla priorità di una riforma della gestione del personale. È ancora la commissione della gestione a dare il tono, quando nel suo rapporto scrive in modo chiaro, e quasi a riassumere le conclusioni dell’analisi dell’audit relativo agli avvenimenti del passato che “La Commissione valuta come fondamentale l’attuazione di una riforma della gestione del personale dell’Amministrazione pubblica, attualmente ritenuta a tratti obsoleta”.
In altre parole, ci pare che vengono sovrapposti due ambiti. Il primo, di tipo strettamente amministrativo, sottolinea la mancanza di procedure precise, di per sé assai neutre: ad esempio, il fatto di tenere aggiornati i dossier del personale, che contengano tutto quanto riguarda il dipendente e la sua attività; tutto questo può sicuramente essere migliorato e implementato.
Il secondo aspetto, assai diverso, riguarda invece il vero e proprio colpo di accelerazione alla riforma della gestione del personale tesa, attraverso la riforma della LORD (la legge che regola le condizioni del personale del Cantone), a riorganizzare fondamentalmente i rapporti di lavoro. Si tratta, a nostro modo di vedere, di qualcosa che non può essere né avviato, né concluso senza una partecipazione e una discussione, fin dalle prime fasi, del personale e delle sue associazioni. È il senso del nostro emendamento numero 4.
In un ordine si priorità secondario la Commissione saluta positivamente anche le misure contenute nelle Raccomandazioni A, B e C.
Proprio in questo ambito a noi pare decisiva un’altra questione: quella del percorso che può seguire chiunque voglia avviare una procedura di denuncia per aver subito molestie sessuali o essere stata/o vittima di atteggiamenti e pratiche ad esse assimilabili. Oggi questo percorso può seguire due vie.
La prima è quella di rivolgersi al gruppo stop molestie, la seconda è quella di seguire una via più formale, passando per le vie gerarchiche.
Due vie che in questo caso, come in altri, si sono rivelate e continua a rivelarsi sostanzialmente insufficienti e inadeguate. Il quadro che emerge, anche dallo stesso rapporto della commissione, è preoccupante. In generale le direttive e i servizi presenti vengono valutati come inadeguati ad affrontare l’importante tematica delle molestie sul luogo di lavoro. La pratica di rivolgersi poi ai funzionari dirigenti è rimessa in discussione anche dalla SECO (la Segreteria di stato all’economia) che invita infatti le aziende a dotarsi di persone di fiducia esterne e a servizi indipendenti. Un invito che deve valere anche per l’amministrazione.
Anche a livello di prevenzione e sensibilizzazione la situazione risulta abbastanza preoccupante; non sembra esserci una consapevolezza tra i funzionari dirigenti di cosa sia una molestia e di come si possa realmente creare un clima di lavoro all’interno del quale simili atteggiamenti non vengano tollerati. E anche qui le risposte e proposte della commissione sono insufficienti
Un’ulteriore riflessione va fatta sulle raccomandazioni raccolte sotto il punto C, quelli relativi alle inchieste/ sondaggi sul clima di lavoro. Sono sicuramente positive le indicazioni contenute nell’audit (necessità di sondaggi fatti con più regolarità e a intervalli più ristretti).
Ma a noi pare che su questo punto vada fatta una riflessione più profonda e più organica, tale da permettere che tali inchieste sul clima di lavoro non siano semplici esercizi che, alla fine, arrivano quasi sempre a conclusioni che indicano risultati poco credibili. Basti pensare che nei due sondaggi condotti nel 2014 e nel 2021 (ai quali d’altronde accenna il rapporto della commissione) segnalavano una soddisfazione generale condivisa e il fatto che, come indicava il CdS nel 2021 “Dal sondaggio è emerso che la quasi totalità dei partecipanti all’inchiesta non è mai stata confrontata a situazioni di molestie sul posto di lavoro e che non si sente discriminata né attaccata nella sua integrità personale nel suo contesto professionale».
Un giudizio che appare altamente inverosimile. L’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donne e uomini (UFU) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno pubblicato (2022) uno studio che così sintetizza la situazione: “Se si considerano anche le cifre che scaturiscono dai sondaggi, si giunge alla conclusione che in Svizzera tra il 20 e il 60 per cento delle donne ha già subito una molestia sessuale nel corso della vita e che tra il 2 e il 10 per cento ha vissuto questa esperienza negli ultimi 12 mesi. La maggior parte di questi atti è stata verosimilmente commessa sul posto di lavoro soprattutto da uomini, mentre le vittime sono perlopiù donne. Le donne quindi hanno da cinque a dieci volte più probabilità degli uomini di subire molestie sessuali”. E, si precisa, questi dati rappresentano solo la punta dell’iceberg del fenomeno.
Ora appare assai inverosimile pensare che da un sondaggio nell’amministrazione del Canton Ticino di fatto non siano emerse indicazioni simili. Sarebbe l’unico caso al mondo, a nostra conoscenza, nel quale da una struttura come l’amministrazione cantonale non emergono indicazioni di una certa diffusione di molestie sul luogo di lavoro. Vi è quindi un problema strutturale nel modo in cui questi sondaggi vengono confezionati. Anche qui proponiamo degli emendamenti (nri 2 e 3)
Infine crediamo che il rapporto non metta sufficientemente l’accento sul fatto che i funzionari dirigenti coinvolti abbiano fondamentalmente abbiano fatto valutazioni errate, che hanno permesso quanto successo, indipendentemente dal fatto che tali atteggiamenti siano stati mossi da compiacenza o negligenza. Si tratta di funzionari che hanno lasciato l’amministrazione o che ancora vi lavorano, magari con funzioni ancora oggi con funzioni dirigenti. Per quel che riguarda chi ha lasciato l’amministrazione, riteniamo necessario affermare che le rimostranze che ha sollevato (procedendo anche ad azioni legali) siano del tutto inconsistenti e che, di fronte alle sue dimostrate e confermate responsabilità, dovrebbe avere almeno la decenza di scusarsi pubblicamente. Per i funzionari dirigenti ancora in attività, ci pare necessario che sia fatta chiarezza sulle responsabilità e siano assunte misure conseguenti È il minimo che si deve alle vittime di questa vicenda.
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Emendamenti presentati dall’MPS (sono stati gli unici presentati)
Il Gran Consiglio, in aggiunta alle conclusioni del rapporto della gestione, chiede al Consiglio di Stato:
Emendamento 1
Di individuare sul territorio o creare un servizio di ascolto e accoglienza esterno ed indipendente dall’Amministrazione cantonale e che possa fungere da antenna e punto di riferimento per le vittime di molestia, rispondendo in questo modo alle indicazioni della SECO che ribadisce la necessità di dotarsi di persone di fiducia esterne ai contesti lavorativi. Tale servizio esterno ed indipendente deve permettere a tutte e tutti coloro che si sentono vittime di molestie sessuali di rivolgersi senza paura di ritorsioni o pressioni sul posto di lavoro.
Emendamento 2
Organizzare periodicamente campagne di sensibilizzazione in tutti i luoghi di lavoro sulle molestie sessuali che renda chiaro a tutti e tutte che simili atteggiamenti non possono essere accettati e tollerati sui luoghi di lavoro. La prima dovrebbe svolgersi nei mesi precedenti il sondaggio sulla soddisfazione del personale previsto per il 2024.
Emendamento 3
In vista del sondaggio sulla soddisfazione del personale del 2024 si invita il Consiglio di Stato a:
– riorganizzare la struttura di tale sondaggio in modo da renderlo più aderente alla realtà della condizione del personale
– rafforzare in modo importante la parte del sondaggio che permetta di mettere in luce tutti gli aspetti relativi all’ambito delle molestie sessuali e alle discriminazioni di genere
– coinvolgere nella fase di allestimento del sondaggio e in quella di presentazione le associazioni del personale
Emendamento 4
Preso atto che nel rapporto della commissione della gestione si “valuta come fondamentale l’attuazione di una riforma della gestione del personale dell’Amministrazione pubblica, ritenuta a tratti obsoleta” si chiede al Consiglio di Stato di integrare nelle misure da implementare contenute nell’audit, l’istituzione in tutte le sezioni dell’amministrazione cantonale di commissioni del personale.