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Per una moratoria sulle tariffe elettriche,
difendere il potere d’acquisto delle famiglie

Anche per il 2024 si annunciano importanti, a volte massicci, aumenti delle tariffe elettriche. Sarà la seconda “stangata” dopo quella, generalizza, inflitta con le tariffe del 2023 e dopo gli aumenti già fatti registrare nel 2022, come è dimostrato dalla seguente tabella riassuntiva:

Nel 2009 nessuna azienda di distribuzione di energia elettrica ticinese imponeva dei prezzi superiori ai 22 centesimi per kilowattora. Nel 2024, solo 2 aziende su 11 avranno dei prezzi inferiori ai 27 ct./kWh. Addirittura, le tariffe di 5 aziende supereranno i 30 ct./kWh.

Nei due anni passati, le aziende elettriche che servono quasi l’80% della popolazione cantonale sono quelle che hanno subito gli aumenti più elevati (almeno +35%). Concretamente ciò significa alcune centinaia di franchi di aumento all’anno per migliaia di persone che vivono in questo Cantone. Aumenti rilevanti che si aggiungono ad altri pesanti incrementi, i premi di cassa malati e il rincaro dei prezzi al consumo in particolare. 

Naturalmente conosciamo la narrazione ufficiale a giustificazione di questi aumenti: l’evoluzione dei prezzi sui mercati elettrici (dovuti alla guerra in Ucraina: peccato che i prezzi hanno cominciata ad impennarsi già un anno prima di tale guerra), la siccità e una conseguente supposta minor produzione di energia, etc. Si tratta di giustificazioni solo marginalmente valide. In realtà forza è constatare che i meccanismi di domanda e offerta non riescono a funzionare e a garantire un prezzo “equo”, come vorrebbe la dottrina del capitalismo liberale. Detto altrimenti, la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, in Svizzera come in Europa, si dimostra totalmente fallimentare se misurata all’obiettivo con la quale è stata sdoganata: mettere in concorrenza i vari produttori e distributori su scala europea per avere dei prezzi concorrenziale, perciò più bassi. Per rimanere al piccolo Ticino, dal 2009 i prezzi hanno subito una continua crescita. Il grafico a lato non lascia dubbi in proposito.

La situazione relativa all’impennata dei prezzi dell’elettricità in Ticino è inaccettabile per almeno tre motivi. In primo luogo perché la responsabilità di questi aumenti vede corresponsabili anche gli esecutivi comunali che, in forma diretta o indiretta, controllano le aziende distributrici. Queste ultime, negli anni, hanno chiaramente avuto quale priorità quella di privilegiare la loro redditività a scapito degli interessi degli utenti, in particolare quelli del servizio universale, cioè i nuclei familiari di questo cantone. Redditività che naturalmente ha nutrito le casse di alcuni Municipi importanti. Inoltre, il “management” delle principali aziende elettriche comunali ha dimostrato un grado d’incapacità piuttosto preoccupante, speculando in maniera piuttosto amatoriale sui mercati privati europei dell’energia per quanto riguarda la politica di  approvvigionamento. Un esempio per tutti. AET nel 2016 aveva offerto, innanzitutto alle aziende di distribuzione ticinesi il contratto AET Blu, ossia una mega offerta a lungo termine (10-15 anni) basata sui costi della produzione idroelettrica del portafoglio aziendale AET, quindi non ai prezzi di mercato. Quando è stato presentato il contratto AET Blu, i prezzi di mercato risultavano inferiori ai costi di produzione AET, per questa ragione le aziende di distribuzione ticinesi hanno sottoscritto solo una parte dell’offerta di AET, preferendo acquistare a breve termine a prezzi più vantaggiosi… È così che AET ha dovuto vendere la quota residua di AET Blu oltre Gottardo! Oggi gli utenti ticinesi sono chiamati a rispondere, pagando un prezzo salato, la politica speculativa in materia di approvvigionamento delle loro aziende di distribuzione! Questa politica è stata portata avanti con la benedizione degli esecutivi comunali e dei partiti che li compongono. Adesso è necessaria una chiara assunzione di responsabilità da parte delle aziende elettriche e, soprattutto, degli esecutivi comunali che le controllano.

In secondo luogo, la maggior parte delle aziende elettriche comunali gode di una buona, in certi casi ottima, salute finanziaria. Molte di loro hanno potuto incamerare importanti profitti e hanno continuato a farlo anche dopo il 2022, quando i prezzi sono esplosi! Pensiamo, ad esempio, alle Aziende Industriali di Lugano (AIL) che, sia detto di passata, hanno oltre 115’000 clienti. Dal 2002 al 2021, AIL SA ha versato alle casse cittadine un totale cumulato di 133,4 milioni di franchi sotto forma di dividendi, pari a una media annua di 6,67 milioni di franchi. Dal 2013 al 2021, i dividendi incassati sono stati pari a 9,2 milioni di franchi all’anno. Anni di speculazione hanno permesso a AIL Sa di consolidare un patrimonio finanziario di assoluto rilievo. Gli accantonamenti ammontavano nel 2021 a 184,2 milioni di franchi, di cui 121 milioni sottoforma di “accantonamenti a lungo termine”. Accantonamenti che non hanno nessun rapporto con le future attività di manutenzione, investimento e sviluppo dell’azienda.

Anche l’Azienda Multiservizi Bellinzona (AMB), altro esempio, naviga in floride acque e, come la consorella di Lugano, ha costituito a bilancio varie e consistenti forme di riserve milionarie che non sembrano rispondere a nessun bisogno urgente, se non a tesaurizzare i profitti realizzati in precedenza. Altre aziende continuano, nonostante il periodo, a fornire rendite sicure – versamento di parte dell’utile realizzato – per i Municipi che le controllano. La floridità finanziarie delle principali società di distribuzione di elettricità comunali stride con gli aumenti dei prezzi scaricati sull’utenza.

In terzo luogo, contrariamente all’aumento di altri beni e servizi (per esempio i premi di cassa malati), nel caso delle tariffe elettriche i Municipi hanno la possibilità, se sorretti da una volontà politica, d’intervenire per rispondere alle difficoltà delle economie domestiche dei loro comuni. I Municipi controllano, attraverso i loro delegati, i consigli di amministrazione di queste società oppure le dirigono direttamente (servizi industriali comunali). In questo senso potrebbero tranquillamente imporre lo scioglimento delle riserve accumulate per ridurre o cancellare gli aumenti delle tariffe elettriche. Invece di elaborare progetti ipotetici e complessi (amministrativamente) di sussidi sociali, i quali richiedono nuovi finanziamenti, sarebbe nettamente più efficace e semplice ridurre le riserve patrimoniali inattive, come anche eliminare o ridurre gli utili riversati alle casse comunali. Muoversi in questa direzione è possibile. Ci riferiamo, ad esempio, alla decisione del Comune di Stabio la cui piccola azienda (circa 3’000 utenti) ha deciso di sciogliere una parte degli accantonamenti proprio per evitare l’aumento delle tariffe 2024.

Sulla base delle considerazioni che precedono, chiediamo che le aziende elettriche comunali e i loro Municipi, proprio in linea con la loro funzione pubblica e mostrando sensibilità rispetto al difficile momento economico che vivono le famiglie, introducano una MORATORIA sulle tariffe elettriche per i prossimi tre anni, cominciando a rinunciare agli aumenti per il 2024 annunciati negli scorsi giorni.

Ogni azienda elettrica comunale dovrebbe procedere a un esame accurato per liberare risorse patrimoniali da destinare all’annullamento degli aumenti tariffali previsti e decisi per il 2024. Parallelamente, i Municipi dovrebbero per lo meno rinunciare agli utili normalmente percepiti dalle loro aziende elettriche comunali, riversando queste somme nell’abbattimento radicale degli aumenti citati.