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I palestinesi stanno pagando un prezzo altissimo e ogni possibile soluzione per consentire ai due popoli di convivere fianco a fianco in pace e sicurezza si sta allontanando. 

Per anni il mondo è stato messo di fronte alla realtà della settantennale occupazione coloniale della Palestina, al razzismo, all’apartheid, alle vessazioni, alle ingiustizie quotidianamente perpetrate dall’esercito israeliano e dai coloni illegali. 

Ma sul banco degli imputati sono sempre stati messi i palestinesi e la loro resistenza armata e disarmata. Le migliaia di vittime palestinesi (bambini, donne, uomini) sono state universalmente considerate “inevitabili effetti collaterali del diritto di Israele a difendersi”.

Tutte le “grandi potenze” del XXI secolo (USA, UE, Russia, Cina) hanno sempre sostenuto lo stato di Israele. Approfittando della sordina che per alcuni anni i governi israeliani sono riusciti a mettere sulla questione, anche i principali stati musulmani (Arabia, Emirati del Golfo, Turchia, ecc.) stavano “normalizzando” le loro relazioni con lo stato sionista.

I documenti dell’ONU che condannavano l’occupazione e la colonizzazione progressiva sono stati ignorati da tutti. I tentativi di esprimere la solidarietà con i palestinesi sono stati bollati come atti di antisemitismo. 

Oggi quella politica razzista e genocida che ha informato i 75 anni di vita dello stato israeliano si sta moltiplicando per dieci in direzione di una vera e propria “pulizia etnica” di tutte quelle terre.

I governi israeliani, già dagli anni 90, hanno sostenuto la crescita di Hamas a discapito della direzione laica e progressista del movimento palestinese, ben consapevoli di favorire un movimento integralista e fondamentalista. Gli atti terroristici di Hamas del 7 ottobre sono la terribile conseguenza di quelle politiche. Ma non possono giustificare i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine di genocidio che l’esercito israeliano sta perpetrando. 

Persino i funzionari delle Nazioni Unite dicono che quel che sta accadendo nella Striscia di Gaza è un genocidio. L’ex procuratore generale della Corte penale internazionale (CPI) ha affermato la settimana scorsa che Israele ha trasformato la Striscia di Gaza in un campo di concentramento, pur sapendo che queste affermazioni potrebbero scioccare. Ma è la realtà.

Milioni di persone in tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce, il loro sostegno al popolo palestinese, la loro denuncia dei crimini israeliani, la richiesta di un cessate il fuoco immediato.

Contro i 2,4 milioni di abitanti di Gaza viene perpetrato un vero e proprio crimine contro l’umanità. Più della metà di loro sono bambini. Israele si vendica deliberatamente contro migliaia di bambini.

Il numero delle persone uccise ha superato i 12.000 civili, di cui almeno 5.000 bambini e 30.000 sono i feriti. 36 ospedali sono minacciati di bombardamento, 18 sono stati bombardati. Negli ospedali non è rimasto più nulla, le operazioni vengono eseguite senza anestesia, comprese le amputazioni. 

L’ospedale centrale di Gaza, che ha una capacità di 500 pazienti, accoglie più di 6.000 feriti. Sono stati bombardati i pannelli solari di questo ospedale, che erano l’unica fonte di energia dopo che il carburante era esaurito. E’ stato bombardato l’unico ospedale pediatrico di Gaza. Tutto il sistema sanitario è devastato.

1,8 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case. Israele ha chiesto alla metà della popolazione che vive al Nord di andare al Sud perché si stavano preparando ad attaccare il Nord, ma hanno bombardato anche il Sud della Striscia di Gaza. Il 40% delle vittime è stato contato nel Sud della Striscia, dove gli israeliani dicono che ci sarebbe una situazione “sicura”.

700.000 persone hanno trovato rifugio nelle scuole, ma cinque di queste sono state bombardate e prese di mira direttamente. Vengono bombardate le ambulanze.

La popolazione beve acqua di mare da un mese, centinaia di migliaia di persone non possono più lavarsi, non c’è cibo, ci sono epidemie, il sistema sanitario di desalinizzazione non funziona più, migliaia di corpi non possono essere sepolti.

Più della metà delle abitazioni è stata distrutta, per oltre un mese nessuno ha lavorato, l’economia è distrutta. La situazione è catastrofica, al di là di ogni umana comprensione. 

Le leggi internazionali garantiscono ad ogni stato, se attaccato, il diritto alla legittima difesa. Ma le stesse leggi internazionali vietano a qualunque stato di avvalersi di questo diritto contro una popolazione occupata. 

I palestinesi rimangono forti nonostante questa apocalisse perché sono convinti di lottare per la propria libertà. 

I progetti degli Stati Uniti vertono attorno all’idea di rilanciare il ruolo della cosiddetta “Autorità nazionale palestinese” (ANP), istituita nel 1993 al momento degli accordi di Oslo con il compito di “cooperare” (il termine è quello usato nel testo degli accordi) con la potenza occupante. Ovviamente, gli accordi prevedevano la rinuncia da parte palestinese di ogni ulteriore atto di resistenza.

Il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas ha ribadito questo ruolo anche nel recentissimo incontro con il segretario di stato USA Antony Blinken, che non a caso l’ha ringraziato per la sua collaborazione.

Quale possa essere la credibilità di questa entità fantoccio tra i palestinesi è del tutto evidente. L’ANP oramai ha rinunciato a tutto: al “diritto al ritorno” dei rifugiati palestinesi nella terra storicamente loro, all’autodeterminazione per la creazione di uno stato palestinese e democratico indipendente e democratico, con Gerusalemme Est come capitale.

Il diritto al ritorno è un punto cruciale in particolare proprio per la grande maggioranza degli abitanti di Gaza, che sono originari di una cinquantina di città e di villaggi palestinesi rasi al suolo dalle bande terroristiche sioniste nel 1947-48, al momento della creazione dello stato di Israele da parte di tutte le potenze imperialistiche dell’epoca (compresa l’URSS di Stalin).

*articolo apparso https://refrattario.blogspot.com/ il 14 novembre 2023