Dopo il primo accordo, il 25 ottobre con Ford, e il successivo, il 28 con Stellantis, anche General Motors ha firmato il 30.10 il rinnovo del contratto, che sarà sottoposto al voto degli organismi dirigenti del sindacato e poi a quello dei lavoratori.
Alla firma, erano ancora contemporaneamente in sciopero 18.000 operai della GM sui 46.000 dipendenti. Lo sciopero per il contratto è stato infatti attuato da United Auto Workers (UAW) con una modalità definita Stand-Up Strike, adottata la prima volta nel 1993 dagli assistenti di volo di Alaska Airlines, quando furono messi in sciopero volta a volta, a sorpresa, i piloti di voli scelti all’ultimo momento, quelli considerati più efficaci come impatto sull’impresa. Ciò costrinse la compagnia aerea ad inviare crumiri (come consentito dalla normativa degli USA nel caso di rinnovo del contratto) su tutti i voli in partenza. Mentre il Sindacato poteva impegnare risorse minori per gli scioperanti (che negli USA sono pagati con un’ “importo di sopravvivenza” da parte del Sindacato), dedicandole solamente ai lavoratori via via in sciopero.
Lo stesso sistema di sciopero è stato applicato da UAW per il rinnovo attuale del contratto, in modo progressivo e diversificato nelle 3 aziende in relazione all’andamento delle trattative (che sono state separate ma contemporanee, cosa nel passato mai avvenuta). Lo sciopero era iniziato il 15 settembre, il giorno seguente alla scadenza del precedente contratto. Al 24 ottobre, giorno del primo accordo, quello con Ford, stava coinvolgendo in sciopero permanente 45.500 operai di 8 grandi stabilimenti di assemblaggio e tutti i 38 magazzini di ricambi, sui 146.000 operai coinvolti nel rinnovo del contratto. Altre migliaia di lavoratori erano stati “inviati a casa” dalle imprese per mancanza di pezzi di ricambio prodotti a monte delle loro lavorazioni. E in molti stabilimenti non coinvolti nello sciopero erano praticati sia il rifiuto dello straordinario volontario che il work-to-rule (l’attenersi strettamente alla propria mansione).
L’accordo in Stellantis ricalca quello in Ford (quello con GM non è ancora stato dettagliato). UAW sottolinea che Stellantis era entrata in trattativa volendo sopprimere 5.000 posti di lavoro e invece ne aggiungerà 5.000 e riaprirà lo stabilimento per la produzione di Jeep di Belvedere (Illinois), chiuso a fine febbraio. Anche Ford ha messo per iscritto l’intenzione di fare investimenti per 8 miliardi di dollari negli Stati Uniti.
Il Sindacato sottolinea che gli aumenti retributivi di questi rinnovi (si attende di conoscere quelli siglati con GM) sono superiori a quelli del rinnovo contrattuale del 2019. In pratica, nei 4 anni e mezzo di durata, l’incremento della paga oraria sarà del 25%. Inizialmente Ford e GM proponevano il 9%, Stellantis il 14%. Ciò porterà nel 2027, se si comprende anche il ripristino dell’adeguamento della busta paga all’inflazione, ad una paga apicale di 42 dollari/ora. Mentre il salario iniziale sarà di oltre 30. I lavoratori temporanei, le cui retribuzioni erano particolarmente basse, otterrebbero un aumento nella durata del contratto del 165%. Sarà da vedere se questi aumenti, scaglionati nella vigenza contrattuale, seppur, tenendo pur conto che soprattutto la retribuzione massima è molto alta rispetto alle retribuzioni di molti lavori negli USA (non per niente prosegue la lotta per il salario minimo a 15 dollari), riusciranno a coprire la futura inflazione.
E’ ripristinata, oltre al succitato adeguamento automatico all’inflazione, la progressione retributiva ogni 3 anni. Ed è abolita (non è noto se per tutte le mansioni) la divisione in due fasce salariali, particolarmente odiate dagli operai che facevano la stessa mansione del loro compagno di lavoro a salario minore. Tali concessioni erano state date nel 2009 alle aziende nella fase della loro crisi finanziaria (un sostanziale fallimento per GM e Chrysler). E, aggiunte alla condanna della precedente dirigenza UAW per aver intascato tangenti dall’allora Chrysler di Marchionne e agli immensi attuali proventi degli amministratori delegati delle Big3, avevano fatto vincere a marzo le elezioni per gli organismi dirigenti di UAW (imposte dal governo federale come voto diretto degli iscritti) alla sua componente più radicale. La quale ha poi presentato una piattaforma contrattuale assai ambiziosa.
Tornando all’intesa, gli attuali lavoratori temporanei, che potevano rimanere tali per anni, saranno inquadrati a tempo pieno (in Ford entro 9 mesi, abolendo così l’odiato sistema, divisivo per i neo assunti). Ma ciò non sembra escludere per il futuro assunzioni a tempo.
Come l’accordo con Ford, che riguarda 57.000 lavoratori negli USA, anche quello Stellantis, che riguarda 33.000 operai, legalizza (altrimenti sarebbero vietati dalle norme federali) i futuri eventuali scioperi in caso di chiusura degli impianti ed anche quelli in caso di violazione degli impegni dell’impresa in tema di prodotti e investimenti.
Nel merito della richiesta riduzione d’orario a 32 ore pagate 40, sembrerebbe sia stato solamente ottenuto un giorno di ferie in più.
Sul tema fondamentale della difesa dell’occupazione nella fase incombente del passaggio all’auto elettrica (EV), che le aziende vorrebbero utilizzare per adottare nuovi contratti, di lavoro minori per contenuti rispetto a quello rinnovato in questi giorni, sarà da capire se il contratto principale, appena siglato, coprirà tutti gli stabilimenti EV, quelli attuali e anche e soprattutto quelli futuri. Questi ultimi, ampiamente finanziati dall’amministrazione Biden, che non prevede, allo stato, una tutela dei diritti acquisiti dei lavoratori assunti o trasferiti nella produzione di veicoli elettrici. Alcuni stabilimenti per la produzione di veicoli EV, che si profilano all’orizzonte in collaborazione con imprese non statunitensi, potrebbero essere forieri di ulteriori appaltizzazioni di attività e di affitti di manodopera, che farebbero perdere via via le tracce delle condizioni e delle garanzie previste dal contratto di lavoro principale. Anche per la presenza di accordi imprenditoriali con aziende di Paesi dove il Sindacato non ha certo caratteristiche di indipendenza dalle imprese, né possibilità/volontà di fare scioperi: una delle future fabbriche EV della Ford sarà costruita e gestita in collaborazione col principale produttore mondiale di batterie per auto elettriche, che è la cinese Contemporary Amperex Technlology.
Prima della vertenza, l’Amministratore Delegato di Ford non aveva negato che il lavoro per la produzione di auto EV comporterà un numero minore di addetti, per lo meno di quelli direttamente dipendenti dall’impresa principale.
Sulle conseguenze del contratto, Ford ha già messo le mani avanti, dichiarando che il costo del contratto ricadrà su ogni veicolo prodotto per circa 800 dollari. Lasciando intravedere la volontà di scaricarne il costo sugli acquirenti delle auto.
Deutsche Bank ha recentemente stimato che l’aumento dei costi complessivi dell’accordo con le Big 3 sarà di quasi 20 miliardi di dollari nei 4 anni. Il miglioramento procurato dal contratto sulla vita dei lavoratori coinvolti, quelli temporanei pagati finora con salari assai bassi e al lavoro spesso per 10 ore al giorno e anche al sabato, non è quantificato al momento, e forse non lo sarà nemmeno nel futuro.
Il voto dei lavoratori delle Big 3 valuterà nei prossimi giorni i contenuti dei 3 contratti, che, saranno ovviamente diversi tra loro, come storicamente avviene negli USA, dov’è assente il contratto nazionale di categoria. Solo dopo il voto, sulla base delle opinioni delle sezioni sindacali, delle riviste di riferimento della classe lavoratrice e delle componenti interne a UAW, che dovranno leggersi contratti molto lunghi (quello con Ford ha 900 pagine, compresi gli allegati), sarà possibile conoscere il giudizio puntuale dei lavoratori sulla vertenza, Che avrà grande impatto sul settore automobilistico statunitense, sulle imprese auto non sindacalizzate, sul passaggio all’auto elettrica, sulle comunità che si reggono sul lavoro in fabbrica. Ed anche sul voto dei lavoratori metalmeccanici e delle loro famiglie in Stati tradizionalmente industriali in bilico tra i due principali candidati nelle ultime elezioni presidenziali.