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Martedì 30 gennaio 2023, il quotidiano Le Temps entra in scena per inquadrare, finalmente, il dibattito sociale e politico più di attualità, congiuntamente al telegiornale della RTS. In prima pagina, un editoriale dal titolo quasi biblico: «la 13a rendita AVS: una tentazione pericolosa». Il punto di vista, imperante, è posto: «si tratta dunque di farla [la conquista sociale dell’AVS] evolvere con intelligenza, evitando le insidie ideologiche di sinistra come di destra». È certamente ammesso – come contestarlo? – che «nessuno può pretendere con questo solo importo [la rendita individuale media dell’AVS che è inferiore a 2’000 franchi] di “coprire i bisogni vitali in modo appropriato”, come prevede la Costituzione». «Ma i buoni sentimenti non dovrebbero essere sufficienti a convincere gli svizzeri», prosegue l’editorialista, il quale scopre l’acqua calda senza colpo ferire. Infatti: «sempre meno attivi pagheranno per un numero sempre maggiori di anziani. Se accettata, la 13a rendita accelererà questo squilibrio…». La conclusione vien da sé: «la fiducia che unisce gli svizzeri all’AVS è solida. Il contesto del 2024 non basta a giustificare che una tale pugnalata sia inferta al contratto [sociale] più amato in Svizzera». E così sia.

L’ombra di Berset

È la penna dalla responsabile della rubrica di politica nazionale del quotidiano Le Temps a firmare questo ispirato editoriale. Si riconosce la conoscenza profonda del dossier AVS che la Signora Nicole Lamon, poiché si tratta di lei, ha acquisito dal 2012 al 2019 in qualità di capo della Comunicazione del Dipartimento federale dell’interno, il DFI. Quando ha abbandonato la sua funzione, il settimanale L’Illustré (15.09.2019) aveva scritto: «Nicole Lamon è stata la persona dalla quale tutto passava in materia di comunicazione […] tirando le fila nell’ombra». Come, ad esempio, durante la campagna nel 2017 per far digerire alle donne l’aumento dell’età di pensionamento, già allora in nome dello “squilibrio” che avrebbe provocato una catastrofe per le finanze dell’AVS. Ormai, è dal quotidiano Le Temps che le fila della comunicazione che le fila vengono tirate…

Lo choc dei grafici…

Come si deve, l’editoriale è basato su dei “fatti” e questi sono sbattuti in faccia nell’approfondimento “Temps fort” a pagina tre. Impossibile ignorarli: cinque grafici che occupano più della metà della pagina, con curve scolpite nel granito. Alcuni stanno aumentando disperatamente: l’aspettativa di vita; altri scendono inesorabilmente: il tasso di fecondità (numero di figli per donna), il rapporto di dipendenza (rapporto fra il numero di persone tra 20 e 64 anni e quello delle persone da 65 anni e più) e, ovviamente, il deficit, “strutturale” dell’AVS che si approfondirà irresistibilmente… già da domani. Domani perché oggi il patrimonio dell’AVS è al suo livello record. La tecnica accecante e distorta del grafico è ripresa dal telegiornale della TSR.

Ma perché non ieri o l’altro ieri? Osserviamo questi grafici, quello della speranza di vita, per esempio. La sua crescita è regolare (salvo in questi ultimi anni) da molto tempo. Per l’età di 65 anni, essa è aumentata di 5,5 anni per il solo periodo compreso tra il 1982 e il 2022. E ancora il rapporto di dipendenza: è pure in arretramento costante ed è passato durante lo stesso periodo da 4,3 a 3,2. Quanto al tasso di fecondità, è più semplice: è crollato prima dell’inizio degli anni ’80 e da allora è ai minimi storici. La domanda si pone: se le cause implacabili della catastrofe sono all’opera da così tanto tempo, perché quest’ultima non si è ancora verificata?

… mancanti

La risposta è contenuta in due grafici che il quotidiano Le Temps avrebbe potuto pubblicare, se il suo “Temps fort” fosse stato dell’informazione e non della comunicazione.

Il primo grafico avrebbe mostrato l’evoluzione del finanziamento dell’AVS. Nel 1975, il tasso di contribuzione per questa assicurazione sociale è stato fissato all’8,4% (4,2% prelevato dalla busta paga, 4,2% versato dalla “parte padronale”, ossia la ricchezza prodotta dal lavoro). Successivamente, questo tasso non è più cambiato fino… al 2020 quando è aumentato dello 0,3%. A ciò si è aggiunto, nel 1999, l’1% dell’IVA. Infine, la Confederazione ha un po’ aumentato la sua parte al finanziamento dell’AVS. Ed è tutto (1). In altri termini: quasi 6 anni supplementari di speranza di vita e la caduta ininterrotta del tasso di dipendenza sono stati “assorbiti” da un piccolo aumento della proporzione dei “redditi” attribuita al finanziamento dell’AVS.

Il secondo grafico avrebbe fornito la chiave di spiegazione del primo, mostrando l’evoluzione della produttività del lavoro durante questo stesso periodo, ossia l’evoluzione della ricchezza prodotta per ora di lavoro. Secondo l’Ufficio federale della statistica (UFS), essa è aumentata dell’1,2% per anno in valori reali (dedotta l’inflazione) tra il 1991 e il 2022. Ecco ciò che ha permesso durante questi decenni di assicurare il finanziamento delle rendite AVS a un numero crescente di pensionati/e senza quasi aumentare il tasso di contribuzione! Ecco ciò che fa sì che un miglioramento modesto delle rendite, come quello che deriverebbe da una 13a rendita, non porrà in futuro alcun problema di finanziamento.

Un terzo grafico sarebbe stato pure utile. Avrebbe mostrato che, dalla crisi d’inizio degli anni ’90 con la disoccupazione di massa e permanente che l’ha accompagnata, i salari della maggioranza della popolazione sono stati costantemente messi sotto pressione. Sono nettamente meno aumentati rispetto alla produttività del lavoro. I padroni si sono così appropriati di una parte più grande della ricchezza prodotta, come testimoniano l’esplosione degli utili delle imprese, dei dividendi versati agli azionisti e dei grandi patrimoni. A ciò si aggiunge, in questi ultimi tre anni, lo sganciamento dei salari rispetto a un’inflazione alimentata dalle maggiori grandi imprese oligopolistiche che aumentano i loro profitti – si pensi alle imprese petrolifere, dell’elettricità, del trading, del cemento, della distribuzione, ecc.!

Questo terzo grafico avrebbe permesso di riflettere a due conclusioni. Da una parte, se i salari fossero aumentati in questi ultimi decenni come la produttività – ciò che dovrebbe essere “il minimo delle cose”, per non dire il “minimo sindacale” – allora le finanze dell’AVS sarebbero ancora più solide di quanto non lo siano. Dall’altra, non sono i contributi all’AVS che minacciano oggi i redditi degli “attivi”, ma il rifiuto del padronato di compensare il rincaro e di permettere una rivalorizzazione generale dei salari, giustificata dall’aumento dell’intensità del lavoro, fattore determinante dell’aumento della produttività.

Il Centro accende la miccia

Mentre il dibattito sulla 13a mensilità AVS è al suo apice, i parlamentari si sono occupati in questi giorni di una mozione del consigliere agli stati Erich Ettlin (Il Centro, Obvaldo) in merito al 3° pilastro. Il 3° pilastro è una forma di risparmio individuale in vista della pensione, il quale può essere dedotto dal reddito imponibile fino a un importo di circa 7’000 franci all’anno per i salariati e le salariate e fino a 35’000 franchi per gli indipendenti. Erich Ettlin, che siede anche nel consiglio d’amministrazione dell’assicuratore malattia CSS, domanda che si possano riacquistare i contributi non effettuati al 3° pilastro negli anni precedenti e che questi riacquisti siano interamente dedotti dal reddito imponibile. L’obiettivo è dunque di aumentare per le persone che possono permetterselo, ossia quelle che hanno dei redditi sufficientemente elevati, le possibilità di profittare dei vantaggi fiscali derivanti dal 3° pilastro. La sua mozione beneficia di un ampio appoggio tra le fila borghesi.

Per avere un ordine di grandezza: nel 2022, 134’000 nuove rendite del 3° pilastro, di un valore medio di 53’000 franchi, sono state versate, ciò che rappresenta un totale di 7,1 miliardi di franchi. Nel 2015 (1° anno disponibile per la Statistica delle nuove rendite dell’UFS), si contavano circa 83’000 nuove rendite di un valore medio di 55’000 franchi, ciò che rappresentava un totale di 4,6 miliardi di franchi. Le cifre in gioco sono dunque considerevoli e sono aumentate di più del 50% in 7 anni.

Il fatto che gli “attivi” consacrino più risorse per la pensione non disturba dunque sempre gli avversari della 13a rendita, i quali, quando è questione dell’AVS, parlano solo dell’”onere” che quest’ultima rappresenterebbe per gli “attivi”. Questa “contraddizione” mette in risalto le vere poste in gioco di un SI alla 13a rendita dell’AVS il prossimo 3 marzo.

Sempre più soldi per il 3° pilastro, ciò va molto bene per i gruppi padronali e la destra. Sono soldi che le persone agiate, soprattutto molto agiate – loro stessi dunque! -, mettono da parte. La sola solidarietà che entra in linea di conto per loro, è quella dei contribuenti, in particolare dei salariati e delle salariate che non hanno i mezzi per permettersi un 3° pilastro, i quali finanziano però gli sconti fiscali delle persone molto agiate. La solidarietà al contrario: la adorano. Inoltre, il 3° pilastro è un affare in piena espansione per le banche e le assicurazioni, le quali si garantiscono confortevoli margini di profitto dalla sua gestione.

L’AVS, è il contrario: tutti ne beneficiano, lo scarto fra le rendite è ridotto (al massimo dal minimo al doppio) e il finanziamento è solidale, ciò significa che le persone con degli elevati redditi versano nettamente di più all’AVS rispetto a quanto riceveranno sotto forma di rendita. Inoltre, l’AVS non è un terreno di caccia per le assicurazioni ed è un cattivo affare per le banche, poiché essa è basata sulla ripartizione immediata delle entrate derivante dai contributi sotto forma di rendite e non sulla capitalizzazione.

Ecco perché il padronato e i partiti di destra si mobilitano, come raramente è successo, per combattere questa proposta di miglioramento dell’AVS rappresentata da una 13a rendita. E proprio per questo è necessario impegnarsi a fondo per un SI alla 13a AVS il prossimo 3 marzo!

(1) La 10e revisione dell’AVS è stata accompagnata da un aumento dell’età di pensionamento delle donne da 62 a 64 anni. Ma, allo stesso tempo, essa ha introdotto il bonus educativo e di assistenza, il quale ha fortemente aumentato in media le loro rendite.

* Articolo pubblicato sul sito www.alencontre.org. Traduzione a cura del segretariato MPS Ticino.

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