L’iniziativa del Centro [ex-PDC] «Per dei premi più bassi. Freno ai costi della sanità» è il secondo oggetto che verte sull’assicurazione malattia ad essere sottoposto al voto il prossimo 9 giugno. L’iniziativa vuole introdurre un “freno ai costi” dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (AOMS) affinché questi ultimi «evolvano conformemente all’economia nazionale e ai salari medi». Una disposizione transitoria precisa il significato di questa indicazione se l’aumento dei costi dell’assicurazione malattia per assicurato supera del 20% l’aumento dei salari nominali e gli assicuratori e i fornitori di prestazioni non avranno concordato misure vincolanti per frenare questa evoluzione, allora la Confederazione «adotterà in collaborazione con i Cantoni misure che mirino a ridurre i costi, con effetto a partire dall’anno successivo».
Un’iniziativa “simpatica” secondo Elisabeth Baume-Schneider
Un contro-progetto a questa iniziativa è stato proposto dal Consiglio federale e adottato dal Parlamento. Esso prevede che il Consiglio federale fissi, per periodi di quattro anni, «obiettivi in materia di costi e di qualità delle prestazioni». I cantoni potranno fare lo stesso. Inoltre, una commissione federale di monitoraggio dei costi e della qualità sarà istituita e potrà formulare delle raccomandazioni.
Rispetto all’iniziativa del Centro, questo contro-progetto non prevede una soglia fissa a priori da rispettare, né alcun meccanismo vincolante. La “qualità” è stata aggiunta per abbellire il tutto.
L’idea di fondo è tuttavia la stessa. La consigliera federale “socialista” Elisabeth Baume-Schneider, che ha la capacità di andare all’essenziale, lo dice senza mezzi termini: «l’iniziativa è certamente simpatica, ma formulata in maniera troppo rigida» (Neue Zürcher Zeitung, 20.04.2024). Oppure: «Condivido in parte l’obiettivo ricercato dal Centro: non si possono aumentare le prestazioni senza limiti. Ma l’iniziativa è riduttiva». «Senza limiti»? Quale senso ha questa espressione? Che la popolazione si fa curare «senza limiti», soltanto per il gusto di farlo? È questo il punto di vista della consigliera federale “socialista”? Senza neppure parlare del fatto che il livello delle spese sanitarie, se confrontato con il prodotto interno lordo (PIL), si è ormai stabilizzato da diversi anni, come constata anche il KOF, il Centro per le ricerche congiunturali del Politecnico Federale di Zurigo (ETH).
Un’assenza d’opposizione che lascia delle tracce
I sostegni all’iniziativa del Centro sono limitati, anche a destra. Pure gli economisti più “ortodossi” sono obbligati di ricordare che la sanità è, nei modelli neoclassici, un “bene superiore”, il cui consumo aumenta “naturalmente” con il reddito. La sua “elasticità”, per riprendere il loro gergo, è superiore a 1 e fissare un limite arbitrario all’aumento della sua quota nelle spese, come chiede Il Centro, non ha senso… a meno di desiderare la demolizione del sistema sanitario.
Philippe Eggimann, il vice-presidente dell’associazione professionale dei medici, la FMH, spiega – nel Bollettino dei medici svizzeri (BMS)- che se il meccanismo rivendicato da Il Centro fosse stato realizzato all’inizio degli anni 2000 le spese sanitarie sarebbero aumentate di un terzo in meno rispetto a quanto avvenuto. Con le conseguenze che possiamo immaginare sui servizi sanitari, le condizioni di lavoro e l’accesso alle cure per la popolazione.
In realtà, la funzione dell’iniziativa del Centro, oltre il bonus pubblicitario che dovrebbe offrire a questo partito, supera di molto la misura concreta che propone: contribuisce a iscrivere nella mente delle persone l’idea che il solo vero problema della sanità è l’aumento dei costi. E, su questo terreno, l’iniziativa ha già riportato una vittoria, con il controprogetto del Consiglio federale che abbonda in questo senso. Fatto significativo, questo controprogetto è stato adottato nel settembre 2023 dalle due Camere con una sola opposizione, al Consiglio degli Stati, e qualche astensione. La sinistra e i Verdi non hanno ritenuto opportuno dire di no.
Questa posizione non è priva di conseguenze. Secondo un sondaggio pubblicato dalla SSR lo scorso 3 maggio, il 53% dei simpatizzanti dei Verdi e il 48% di quelli del PSS stanno prendendo in considerazione l’idea di votare SI all’iniziativa del Centro. Tanti quanti quelli dell’UDC. Ancora più interessante: più il reddito è basso, più la percentuale dei SI aumenta. Questo stesso gradimento si registra per l’iniziativa del PSS che vuole limitare l’importo dei premi al 10% al massimo del reddito. In altri termini, una parte non secondaria delle persone che sono favorevoli all’idea di limitare i premi dell’assicurazione malattia “credono” anche che sia necessario limitare le spese sanitarie per raggiungere il primo obiettivo.
Ecco il risultato di decenni di martellamento su questo tema, senza una chiara opposizione e una narrazione alternativa dei cosiddetti partiti di sinistra ed ecologisti. Eppure non mancano gli esempi che illustrano dove porta una politica sanitaria guidata dall’ossessione del “controllo dei costi”. Eccone due esempi.
Ospedali schiacciati dai DRG
Prendiamo il sistema ospedaliero. Nel 2012 entra in vigore il nuovo modello di finanziamento degli ospedali con un pagamento forfettario per ogni tipologia di caso, i DRG (diagnosis related groups). L’obiettivo annunciato: “controllare” i costi di questo settore introducendovi più “concorrenza” e più “trasparenza”.
Dodici anni dopo, nel 2024, alcune delle più importanti istituzioni ospedaliere del paese annunciano una dopo l’altra risultati catastrofici. Ecco le cifre raggruppate dal sito specializzato Medinside: Inselspital di Berna: un deficit di 113 milioni di franchi; ospedale universitario di Zurigo: 49 milioni; ospedale della città di Zurigo: 39 milioni; ospedale di Winterthur: 50 milioni; ospedale cantonale di San Gallo: 60 milioni; ospedale cantonale di Friburgo: 36 milioni; ospedale cantonale di Basilea-Campagna: 25 milioni. Inoltre, nel marzo 2024, la città di Uster (ZH) ha dovuto votare un prestito di 40 milioni di franchi svizzeri per salvare il suo ospedale. Quello di Wetzikon, sempre nel cantone di Zurigo, è sull’orlo del fallimento. Nel 2023, è il cantone di Argovia che ha dovuto rimpinguare il suo ospedale con 240 milioni di franchi. L’ospedale di San Gallo, nelle cifre rosse, ha annunciato centinaia di soppressioni di posti di lavoro. Globalmente, gli ospedali sono incapaci di produrre il margine finanziario sufficiente per finanziare i loro investimenti, con qualche eccezione, fra le quali le cliniche private. I DRG li hanno spremuti e li hanno condotti verso un’impasse finanziaria.
Ma i propagandisti del “controllo dei costi” vogliono ancora di più: chiudere delle unità ospedaliere e aumentare il tasso di occupazione dall’80 al 90%, come nelle fabbriche (NZZ, 24.04.2024). Interrogato de questo stesso giornale, l’economista della salute Stefan Felder rivendica addirittura la soppressione di tre dei cinque ospedali universitari del paese! Forse sarebbe maggiormente benefico per la salute della popolazione iniziare dalla chiusura delle facoltà di economia di alcune università…
Come pensare che sarà possibile, in tale contesto, rispondere alle rivendicazioni delle infermiere, riconosciute come legittime in occasione di una votazione popolare[1], le quali reclamano migliori condizioni di lavoro, più effettivi per avere più tempo per occuparsi dei pazienti come imporrebbe il loro mestiere, nonché un migliore riconoscimento, il che comporta evidentemente anche un aumento dei salari?
Come possono i pazienti, in particolare quelli più vulnerabili come gli anziani, aspettarsi ancora che ci si “prenda cura” di loro nel migliore dei modi, quando i costi passano davanti a qualsiasi altra considerazione, a tal punto che, nei grandi ospedali, la durata di soggiorno a partire dalla quale l’ospedalizzazione diventa “deficitaria”, secondo le regole dei DRG, fa parte degli indicatori di base del monitoraggio del paziente, allo stesso titolo delle informazioni mediche?
Cure di base fragilizzate
Il presidente dell’associazione dei medici di famiglia, Philippe Luchsinger, ricorda che, secondo le norme dell’OCSE, un’organizzazione conosciuta non certo per il suo sostegno ad un aumento “senza limiti” delle prestazioni sanitarie, dovrebbe esserci un medico di famiglia per ogni 1’000 abitanti per garantire una buona presa a carico della popolazione. Su questa base, mancano attualmente in Svizzera 4’000 medici di famiglia (NZZ, 22.02.2024). Questa situazione si aggraverà nei prossimi anni. Una grande parte dei medici di famiglia attualmente in funzione andrà in pensione. La loro sostituzione sarà difficile: in nome del “controllo dei costi”, troppo pochi medici sono stati formati e troppo pochi fra i nuovi medici scelgono la via del medico di famiglia, svalutata, finanziariamente e in termini di prestigio, rispetto alle specializzazioni più tecniche.
Sono ovviamente le regioni meno centrali a essere maggiormente colpite da questa carenza di medici di base. E, in queste regioni, le persone con meno risorse – sociali e finanziarie, oltre che in termini di autonomia e salute.
Come invertire questa tendenza quando una pressione fortissima è esercitata sui Cantoni, in nome del “controllo dei costi”, per limitare il numero dei medici? Quando l’esigenza di una migliore remunerazione dei medici per le cure di base è bloccata da anni, poiché condizionata da una “neutralità” finanziaria che implica che qualsiasi aumento della remunerazione dei generalisti avvenga a spese degli specialisti?
Imparare dei medici
Oggi, la FMH, l’associazione professionale dei medici, è la sola organizzazione di dimensione nazionale a opporsi frontalmente al fanatismo dei costi che predomina nel settore della sanità e a rispondere con un discorso argomentato fondato sulla priorità da accordare alle cure. Questa posizione ha evidentemente anche una dimensione “pro domo” e si combina sfortunatamente con una sensibilità sociale atrofizzata, come testimonia il mancato sostegno da parte della FMH all’iniziativa per dei premi limitati al 10% del reddito.
Tuttavia, la FMH ha pienamente ragione su un punto: il rifiuto del fanatismo dei costi è il punto di partenza indispensabile per realizzare un’altra politica sanitaria e di assicurazione-malattia, il cui obiettivo sia quello di rispondere ai bisogni sociali e sanitari della maggioranza della popolazione. Al di là del risultato della votazione, si tratta di una posta in gioco fondamentale della campagna per il NO all’iniziativa de Il Centro il prossimo 9 giugno.
*Articolo pubblicato sul sito www.alencontre.com il 6 maggio 2024. Traduzione a cura del segretariato dell’MPS
[1] Il 28 novembre 2021, «il popolo e i cantoni» hanno accettato l’iniziativa «Per delle cure infermieristiche forti (iniziativa sulle cure infermieristiche)».
Questo articolo è stato scritto pochi giorni prima che il consiglio federale mettesse in consultazione il progetto di messaggio relativo alla messa in pratica di questa iniziativa. E già, il sindacato SSP/VPOD ha giudicato questo messaggio come insoddisfacente e tardivo.[N.d.T.]