Los Angeles, Trump e le sue voglie autoritarie
Nel mondo c’è ben poca sensibilità su quel che sta accadendo negli Stati Uniti e in particolare Los Angeles in questi giorni e sui prossimi sviluppi che saranno determinanti per il disegno di Donald Trump di trasformare gli Stati Uniti in uno stato autoritario.
Come si sa, venerdì scorso, agenti federali dell’ICE (la polizia statunitense anti-migranti), del Department of Homeland Security, del Federal Bureau of Investigation e della Drug Enforcement Administration hanno condotto delle retate in tutta la città di Los Angeles, tra cui vari centri commerciali, alla ricerca di lavoratori sospettati di essere immigrati clandestini, e hanno arrestato 121 persone. Gli agenti sono stati accolti dai manifestanti che hanno intonato slogan e lanciato uova prima di essere dispersi dalla polizia in tenuta antisommossa, con scudi e manganelli, pistole con proiettili al peperoncino o di gomma, gas lacrimogeni e granate stordenti contro i manifestanti.
Sabato Trump ha deliberatamente intensificato gli scontri, ordinando di schierare almeno 2.000 soldati della Guardia Nazionale nella contea di Los Angeles per contribuire a sedare le proteste. Ha affermato che qualsiasi manifestazione che intralci il lavoro dei funzionari dell’immigrazione sarà considerata una “forma di ribellione”. (nella foto in alto, manifestanti anti-ICE e polizia si afrontano nelle strade di Los Angeles)
Stephen Miller, vice capo dello staff della Casa Bianca, ha definito le proteste una “insurrezione”. Sabato sera, il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha minacciato di schierare i Marines in servizio attivo, affermando: “I violenti attacchi della folla contro l’ICE e le forze dell’ordine federali sono progettati per impedire l’espulsione di immigrati clandestini criminali dal nostro territorio. Un’invasione pericolosa, facilitata dai cartelli criminali e terroristici stranieri, e un enorme rischio per la sicurezza nazionale. Sotto la presidenza Trump, la violenza e la distruzione contro agenti e strutture federali non saranno tollerate”.
Un nodo su cui Trump sta agendo è quella che viene definita l’“invasione” degli Stati Uniti da parte di migranti irregolari, che il governo di Washington ha sfruttato per invocare l’Alien Enemies Act del 1798 per facilitare la detenzione e l’espulsione degli immigrati. Un altro argomento propagandistico è legato all’afflusso di fentanyl che sta entrando negli Stati Uniti da Canada e Messico. Infine, il presidente ha anche dichiarato lo stato di emergenza nazionale per l’elevato deficit commerciale, che ha sfruttato per imporre dazi su prodotti provenienti da quasi ogni altro paese.
Trump, inoltre, sta affrontando anche una serie di tribunali, con giudici nominati da democratici e repubblicani, che hanno ripetutamente definito illegale ciò che sta facendo l’amministrazione. Il presidente sa, quindi, che c’è perfino la possibilità di doversi scontrare con la stessa Corte Suprema.
Dunque, Trump, come “aspirante dittatore” sta cercando di creare una crisi attorno ai fatti di Los Angeles, cercando di trasformarli nell’occasione “perfetta”. Com’è noto i repubblicani odiano la California, che vedono come la culla del radicalismo, e questo punto di vista è rafforzato dai media di destra, che amplificano qualsiasi cosa negativa accada lì. Secondo loro, in California dilagano i senzatetto, l’uso di droga e la criminalità, e un gruppo di élite liberali e personaggi di Hollywood sta cercando di corrompere il paese con le sue idee woke.
E qui la questione migranti è centrale, perché a Los Angeles un residente su tre non è nato negli Stati Uniti e questa realtà sociale e culturale fa sentire coinvolti nelle retate anti migranti milioni di persone che si sono resi disponibili alla mobilitazione. Le prime proteste sono state pacifiche e non molto partecipate, ma la cosa non ha impedito a Trump di dichiarare, con il supporto dei media di destra, che la città “è stata invasa e occupata da immigrati clandestini e criminali” e che “folle violente e insurrezionali stanno attaccando i nostri agenti federali nel tentativo di fermare le nostre operazioni di deportazione”.
Così, Trump, nonostante l’obiezione del governatore democratico Gavin Newsom, e nonostante la legge consenta l’uso di questo corpo militare solo in caso di un’invasione o una ribellione, ha schierato 2.000 uomini della Guardia Nazionale e ha promesso che queste “rivolte fuori legge non faranno altro che rafforzare la nostra determinazione” e che “l’ordine sarà ristabilito”.
L’intervento della polizia e della Guardia nazionale ha inasprito anche le proteste, con distruzioni di proprietà e saccheggi, e a scontri violenti tra manifestanti e polizia e conseguentemente a numerosi arresti.
Ovviamente la destra soffia ulteriormente sul fuoco, usando ogni mezzo, come ha fatto il senatore repubblicano del Texas Rafael Edward Cruz, che ha pubblicato la foto di auto della polizia in fiamme, che poi si è scoperto risalire a cinque anni fa. Ma soffia sul fuoco perché quanto più la situazione peggiora, tanto più il governo può affermare che è necessaria una dimostrazione di forza più dura.
Dunque, in questi giorni gli Stati Uniti d’America si trovano ad affrontare “un momento” che può fare la differenza nel determinare la rapidità con cui Trump potrà realizzare o meno il suo progetto di uno stato autoritario. Dunque, le prossime ore giocheranno un ruolo fondamentale sul futuro degli Stati Uniti, che sono e nonostante tutto restano il paese più potente del pianeta.
*articolo apparso su refrattario e controcorrente il 9 giugno 2025