Lezioni private, la montagna e il topolino
La questione delle lezioni private nella scuola è un problema grave e importante. Già in passato, era stato oggetto di ricerche (2017) che, tuttavia, non erano sfociate in misure concrete tese ad affrontare un fenomeno che appariva già allora importante.
A rilanciare la questione – perlomeno per l’ambito delle scuole medie superiori (SMS) – ci ha pensato, nella primavera del 2022, la Gioventù Anticapitalista (che raccoglie i giovani simpatizzanti dell’MPS) con un sondaggio effettuato al Liceo di Bellinzona. I risultati erano chiari: più di un terzo degli studenti ricorreva a lezioni private.
È proprio sulla base di quei risultati che i deputati MPS presentavano, nell’aprile del 2022 (cioè oltre 3 anni e mezzo fa) una mozione nella quale sottolineavano la serietà del problema e la quasi totale assenza di strumenti messi a disposizione degli istituti per affrontarlo, nell’ottica della scuola pubblica e di una risposta collettiva; in particolare, la mozione chiedeva uno studio approfondito sul tema e, comunque, di mettere subito a disposizione degli istituti un pacchetto di ore di insegnamento per le attività di recupero (ore supplementari, sportelli di sostegno, etc.).
Ci sono voluti quasi tre anni (perché non siamo sorpresi ?) affinché questa mozione arrivasse ad essere discussa in Gran Consiglio (gennaio 2025). L’esito, scontato. Malgrado il governo (sostenuto da tutti i partiti) avesse dichiarato la sua preoccupazione per il fenomeno (“il Consiglio di Stato concorda con i mozionanti nel ritenere il ricorso alle lezioni private come un problema che merita di essere capito e affrontato”), alla fine invitava il Parlamento (che lo seguiva su questa linea) “…a non dar seguito alle proposte contenute nell’atto parlamentare, ripromettendosi di condurre uno studio sul tema delle lezioni private che coinvolga anche il settore delle SMS e che verifichi le eventuali correlazione tra ricorso alle lezioni private e successo/insuccesso scolastico”.
Riassumendo: problema serio e da affrontare, necessario uno studio (come proponevano i mozionanti), ma solo alla fine di questo studio sarebbero state avanzate proposte concrete.
Una situazione allarmante
Lo studio – di cui per il momento conosciamo soltanto il titolo e alcune indicazioni emerse nel corso della tradizionale conferenza stampa di inizio anno – è stato effettivamente realizzato. Intitolato “A lezione fuori da scuola. Dieci anni dopo. Le lezioni private in Canton Ticino”, è stato condotto da due studiosi del CIRSE (Centro competenze innovazione e ricerca sui sistemi educativi), G. Zanolla ed E. Geronimi.
Al momento in cui scriviamo queste righe non abbiamo ancora avuto modo di consultarlo. Non nascondiamo di nutrire qualche dubbio sul metodo con cui sarebbe stato condotto: abbiamo infatti interpellato a più riprese diversi responsabili di scuole medie e medie superiori, senza che nessuno ci abbia segnalato il coinvolgimento della propria sede in sondaggi presso studenti e famiglie. Eppure, a nostro avviso, dati come il numero di allievi che ricorrono alle lezioni private, le materie interessate, i costi sostenuti, ecc. sono fondamentali per dare solidità a uno studio di questo tipo. E senza un sondaggio presso le scuole e le famiglie non comprendiamo come tali dati possano essere raccolti. Ci lasceremo quindi sorprendere.
Nella conferenza stampa di inizio anno, già richiamata, sono comunque state fornite alcune indicazioni sia sulle dimensioni del fenomeno, sia sulle proposte per affrontarlo. Dati e considerazioni sono stati riportati sia nella documentazione distribuita ai giornalisti, sia nelle dichiarazioni dei responsabili del DECS.
L’aspetto senza dubbio più significativo riguarda i dati quantitativi relativi alla diffusione delle lezioni private, sintetizzati in un’unica tabella allegata alla documentazione. La tabella completa prende in considerazione anche il ricorso alle offerte di recupero organizzate dalla scuola e il contributo delle famiglie all’aiuto nello studio, ma qui riportiamo solo la parte relativa alle lezioni private:

Sono dati interessanti e al tempo stesso allarmanti.
Per quanto riguarda la Scuola media superiore (SMS), i dati confermano i sondaggi, seppur parziali, condotti dalla GA: sia la ricerca del 2022 al Liceo di Bellinzona, sia quella più recente (2025) che ha coinvolto lo stesso Liceo e la Scuola cantonale di commercio, indicano che circa un terzo degli studenti e delle studentesse ricorre a lezioni private.
La ricerca, come promesso, ha coinvolto anche la Scuola media (SMe). Ed è proprio qui che emerge un dato che non esitiamo a definire allarmante, se confermato: quasi un allievo su due delle classi III e IV (il 45,8%) ricorre a lezioni private.
Già in occasione della nostra mozione avevamo raccolto segnali di un crescente ricorso alle lezioni private nella scuola media, ma non immaginavamo una diffusione di tali proporzioni. Si tratta infatti di un incremento notevole rispetto al precedente studio del 2017 (condotto dalla stessa ricercatrice), in cui solo il 18,5% degli allievi dichiarava di ricorrervi: la metà, dunque, rispetto ai dati attuali.
Questa evoluzione impone una riflessione approfondita sull’attuale situazione della SMe: sui suoi percorsi formativi, sul carico delle lezioni, nonché sulla didattica delle materie che più frequentemente spingono al ricorso a lezioni private. Una riflessione che deve andare ben al di là del ricorso alle lezioni private che, a questo punto, appaiono come sintono di un malessere di fondo.
Una riflessione altrettanto necessaria riguarda le scuole professionali, nelle quali – come noto – emergono spesso difficoltà nella parte scolastica del percorso formativo, testimoniata dai ricorrenti risultati insoddisfacenti agli esami finali di tirocinio.
In attesa di analizzare nel dettaglio i risultati dello studio, è chiaro che i dati non solo confermano la rilevanza del tema, ma indicano anche l’urgenza di adottare misure incisive e tempestive.
Il classico topolino
Nella discussione parlamentare dello scorso gennaio la direttrice del DECS aveva annunciato, oltre alla presentazione dello studio, una serie di misure per affrontare il problema.
Anche in questo caso, però, non disponiamo di indicazioni più precise rispetto a quelle annunciate, presentate e commentate nel corso della conferenza stampa. Le misure indicate appaiono infatti come il classico topolino partorito da una montagna ben visibile.
Riportiamo qui di seguito il passaggio dedicato alle lezioni private contenuto nel riassunto diffuso dopo la conferenza stampa. Scrive il DECS: “Le disparità sociali legate al ricorso alle lezioni private ovviamente ci interpellano, in quanto entrano in contrasto con i valori di inclusione e accessibilità che caratterizzano il nostro sistema scolastico”, ha dichiarato il coordinatore del DECS e direttore della Divisione della scuola Emanuele Berger. Lo studio evidenzia la necessità di investire ulteriormente nella scuola e nell’educazione. “Su un piano generale l’indagine spinge a rafforzare una didattica capace di valorizzare il potenziale di ciascuna e ciascuno all’interno dell’aula”. Al tempo stesso il DECS intende intervenire sulle misure di sostegno offerte dagli istituti: già da quest’anno scolastico sarà avviato un progetto pilota, nella scuola media, con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’offerta, favorire l’apprendimento di allieve e allievi e ridurre il ricorso alle lezioni private. La nuova iniziativa, ha specificato Emanuele Berger, “mira a rafforzare competenze di studio autonome ed efficaci”. Il progetto valorizzerà anche il tutoraggio tra pari, in cui allieve e allievi più esperti sostengono compagne e compagni che incontrano maggiori difficoltà. Un aspetto centrale sarà inoltre il coinvolgimento delle famiglie: “Attraverso incontri informativi e formativi si intende rafforzare l’alleanza educativa a sostegno delle allieve e degli allievi”.
Come si vede, poco o nulla, al di là di generiche dichiarazioni di principio (un po’ di aria fritta in “pedagogichese”), tutte collegate a questo “progetto pilota” sul quale non vi sono dettagli concreti: non si sa ancora quale sarà la sede prescelta, né quando il progetto avrà effettivamente inizio.
Per il settore delle SMS non viene menzionata alcuna misura, né un potenziamento dei già scarsi strumenti oggi a disposizione (un numero esiguo di ore – tra l’altro in forte diminuzione – che gli istituti dedicano alle lezioni supplementari, agli “sportelli” di recupero, ecc.). Da un breve sondaggio che abbiamo svolto, i responsabili di alcune sedi di SMS dichiarano di non avere ricevuto alcuna informazione riguardo a misure previste o in arrivo per affrontare il problema.
A tre anni e mezzo dalla presentazione della mozione, a 8 anni dalla presentazione del primo studio (commissionato dallo stesso dipartimento) e di fronte ad un nuovo studio che sembra confermare la grave situazione, si deve constatare che non sono previste serie misure di intervento se non un ancor vago “progetto pilota” e solo per una sede di scuola media.
Un vecchio parlamentare borghese affermava che in Ticino, quando non si vuole affrontare un problema, si decide di studiarlo. Non vorremmo che, su questo tema che tanto ci “interpella”, ancora una volta avesse ragione.
*articolo apparso su naufraghi.ch il 6 settembre 2025