L’omicidio Kirk è una tragedia e un disastro

L’assassinio del militante della destra trumpiana riporta in primo piano l’omicidio politico contro gli avversari. Una pratica inaccettabile e che verrà usata contro la sinistra, come Trump ha già annunciato di voler fare

Charlie Kirk non ha mai ricevuto un caloroso benvenuto sulle pagine di questa rivista. Ora però non ha più importanza. L’assassinio di Kirk è una tragedia. Moralmente, è ingiustificabile. Politicamente, è motivo di grave timore. Una spirale più ampia di violenza politica sarebbe una catastrofe per la sinistra.
Nel momento in cui scriviamo, nessuno conosce l’ideologia o le motivazioni dell’attentatore. Ma alcuni punti chiave sono abbastanza chiari.
Nessuno dovrebbe essere ucciso come punizione per le proprie posizioni politiche, a prescindere da quanto possano essere discutibili. Oltre al nostro fondamentale orrore per la violenza, siamo anche sostenitori della democrazia, che si basa sulla libertà di parola e sulla libera inchiesta. Senza di essi, l’autogoverno collettivo è impossibile e la tirannia diventa inevitabile. Imporre il silenzio agli oppositori politici con la forza, sia sotto forma di repressione statale del dissenso che con l’assassinio di leader da parte di lupi solitari, mina un principio da sempre fondamentale per dei socialisti democratici.
Inoltre, la prospettiva di cadere in una spirale violenta da «occhio per occhio» è uno sviluppo inquietante che minaccia di restringere lo spazio per un’azione politica significativa. Non è di buon auspicio per la cultura politica in generale, e in particolare per la sinistra. Diciamo continuamente cose che altri trovano estremamente discutibili e ci aspettiamo di essere accolti con feroci controargomentazioni, non con rappresaglie violente. Sebbene la violenza politica sia sempre esistita, generalmente è stata sempre confinata in ambiti ragionevolmente marginali. È come se fossimo vissuti dentro un fragile consenso: nella nostra cultura altrimenti straordinariamente violenta, leader politici e commentatori ne sono usciti per lo più indenni. Ora il consenso sembra sgretolarsi, con implicazioni agghiaccianti.
I tentativi di omicidio e gli omicidi di leader politici sono in aumento, così come le uccisioni per motivi politici di personaggi meno noti. Sebbene questo tipo di violenza provenga da tutto lo spettro politico, da diversi decenni la destra ne è responsabile in misura molto maggiore rispetto alla sinistra. Negli ultimi anni, gli aggressori sembrano provenire sempre più da fasce della popolazione americana politicamente confuse, mentalmente disturbate e pesantemente armate, la cui paranoia e disorientamento si sono intrecciati con una cultura politica incoerente ma ferocemente polarizzata. Persino la violenza armata comune di massa ha una valenza sempre più politica: se gli autori di stragi nelle scuole di un tempo erano inclini a una sorta di nichilismo totalizzante e depoliticizzato, oggi scarabocchiano slogan politici contraddittori sulle loro armi.
L’omicidio di Charlie Kirk sembra già un’ulteriore prova che la mania violenta americana si sta scontrando frontalmente con il tribalismo disumanizzante della nostra cultura politica. Questa combinazione tossica minaccia di corrodere gravemente le norme democratiche e di spegnere ogni speranza di crescita della sinistra.

Potenziale repressione

Kirk gestiva una macchina di propaganda politica ben finanziata che promuoveva un messaggio semplice. «Liberal», «radicali» e «socialisti» – raramente si preoccupava di fare distinzioni – stanno rovinando il paese. Le università sono insidiose fabbriche di indottrinamento di sinistra. L’America è sopraffatta da immigrati violenti. Le donne dovrebbero dedicarsi alla sfera domestica. L’America è una nazione cristiana e dovrebbe rimanere tale. Donald Trump è una forza del bene.
Quattro anni fa, uno di noi (Ben) ha tenuto un dibattito con Kirk su «Socialismo Democratico contro Populismo Conservatore». Da allora, la sua posizione politica ha preso una direzione ancora peggiore, flirtando con forme ben più orribili di nazionalismo e xenofobia, ma anche nel 2021 la sostanza della posizione di Kirk era indifendibile. Pur rivendicando la bandiera del «populismo», difendeva una serie di posizioni che sarebbero state perfettamente in linea con gli  editoriali del Wall Street Journal. Era fermamente contrario anche a piccoli passi verso una società più equa, come l’assistenza sanitaria universale e la costruzione di un movimento sindacale più forte.
Allo stesso tempo, non è sceso in attacchi personali. Si è attenuto alla sostanza delle argomentazioni, evitando ampiamente i tranelli a buon mercato e dando a Ben lo spazio per ribadire la contraddizione tra la retorica populista di Kirk e la sostanza orribile e ineguale della sua proposta politica. In un paese in cui purtroppo un numero considerevole di nostri concittadini concorda con la prospettiva di Kirk, discussioni come questa sono assolutamente necessarie. La sparatoria di ieri indica la strada di un percorso molto più orribile, che non porterà e non potrà portare dove vorremmo andare.
La premessa fondamentale della politica di sinistra è che le persone comuni siano capaci di autogovernarsi, nei loro luoghi di lavoro e nella società nel suo complesso. Quest’obiettivo è coerente solo se confidiamo nella capacità dei nostri concittadini di confrontarsi con ogni punto di vista, anche il peggiore, e di farsi una propria opinione. E i nostri obiettivi democratici possono essere raggiunti solo con mezzi democratici. Cerchiamo di rovesciare strutture di ricchezza e potere profondamente radicate. Non esiste un modo realistico per farlo se non quello di portare la stragrande maggioranza della popolazione dalla nostra parte. La nostra forza sta proprio nel fatto che la working class, che trarrebbe beneficio dalla nostra piattaforma, costituisce la maggior parte della popolazione. In altre parole, le idee convincenti e i numeri sono entrambi dalla nostra parte.
Ma l’effetto inevitabile dell’introduzione di una violenza modello «occhio per occhio» in politica è di ridurre drasticamente la rilevanza di entrambi questi fattori. In scenari dominati da spargimenti di sangue tra fazioni, non è più importante chi ha il programma politico più convincente o l’elettorato potenzialmente più numeroso, ma solo chi ha gli ideologi più militanti e pesantemente armati, con la minore riluttanza a uccidere. La sinistra non vincerà questa battaglia.
Inoltre, l’omicidio di Kirk quasi certamente verrà utilizzato contro la sinistra anche in altri modi. In primo luogo, l’amministrazione Trump potrebbe benissimo usarlo come pretesto per reprimere gli attivisti di sinistra. Subito dopo l’omicidio di Kirk, la destra ha iniziato a chiedere proprio questo tipo di reazione. Le loro richieste di epurare e censurare l’intera sinistra come rappresaglia per l’omicidio di Kirk sono state rapideonnipresenti dure.
Prima che la serata finisse, Donald Trump si è rivolto alla nazione, dicendo: «Per anni, la sinistra radicale ha paragonato meravigliosi americani come Charlie ai nazisti e ai peggiori assassini di massa e criminali del mondo. Questo tipo di retorica è direttamente responsabile del terrorismo a cui assistiamo oggi nel nostro paese, e deve cessare immediatamente». L’aggressore non è stato ancora identificato e nessun movente è stato confermato, ma ciò non ha impedito al presidente di addossare la responsabilità dell’omicidio di Kirk all’intera sinistra e di promettere vendetta.
Se la storia ci insegna qualcosa, la sinistra corre seri pericoli da questo sviluppo degli eventi. La teoria secondo cui gli atti di violenza politica individuale possano in qualche modo innescare movimenti di massa per la giustizia (quella che un tempo veniva chiamata «azione dimostrativa») è stata messa alla prova, in diverse circostanze in tutto il mondo, per secoli. È stata costantemente un disastro, portando quasi sempre a una maggiore repressione della sinistra e ad attacchi alla democrazia in generale. Le conseguenze dell’omicidio di Kirk potrebbero facilmente seguire questo schema familiare e cupo. Che l’assassino si riveli o meno di sinistra, ci sono buone ragioni per temere che possa essere usato come pretesto per nuove misure repressive contro il dissenso da parte di un’amministrazione che si è già dimostrata disposta a impegnarsi in un grado di autoritarismo che non abbiamo mai visto nella storia americana recente.
Negli ultimi otto mesi, titolari di green card sono stati arrestati e rinchiusi in carcere per aver partecipato a proteste o anche solo per aver scritto editoriali critici nei confronti di Israele; truppe federali sono state inviate nelle città, nonostante le proteste di sindaci e governatori, in risposta a mobilitazioni di piccola portata o persino a reati di strada; e immigrati semplicemente sospettati di reati sono stati rinchiusi in prigioni a El Salvador senza il minimo accenno a un giusto processo. Non è azzardato immaginare che qualsiasi cosa che assomigli anche solo vagamente alla violenza di sinistra (qualunque siano le motivazioni dell’attentatore) possa portare a rappresaglie estreme da parte dell’amministrazione Trump.

Martire in divenire

Negli anni successivi alla seconda e più decisiva sconfitta di Bernie Sanders nel 2020, la sinistra ha subito gravi battute d’arresto. Se, solo pochi anni fa, eravamo in corsa per arrivare al potere, ora siamo spesso ridotti a una rabbia impotente di fronte alle depravazioni dell’amministrazione Trump, all’incapacità dell’opposizione liberal e al vero e proprio genocidio perpetrato a Gaza.
Di recente ci sono stati segnali incoraggianti che fanno sperare di poter riprendere piede nella politica americana, in particolare la campagna ricca di ispirazione di Zohran Mamdani a New York. In questo momento questa scintilla di una nuova politica socialista democratica è preziosa e fragile. Una nuova ondata di repressione politica potrebbe essere particolarmente disastrosa nel momento in cui stiamo solo iniziando a ricostruire le nostre forze.
L’omicidio di Kirk probabilmente non demoralizzerà ma rafforzerà la convinzione dell’estrema destra, che senza dubbio trasformerà Kirk in un martire della propria causa. In effetti, l’uso di quel termine da parte di personaggi della stampa di destra è già iniziato. E lui si presta perfettamente a questo tipo di mitizzazione, dato che non ha mai toccato nessuno ed è stato colpito a sangue freddo mentre stava esprimendo le proprie opinioni politiche.
Lo stesso Kirk ha avuto un ruolo di primo piano nello spingere la Generazione Z verso destra, soprattutto i giovani uomini. Se l’assassino sperava di soffocare la sua influenza, le sue azioni avranno quasi certamente l’effetto opposto. L’omicidio di Kirk a trentun anni convincerà senza dubbio molti dei suoi milioni di spettatori e ascoltatori a dedicarsi alla sua causa, accelerando così la coesione di un blocco politico militante di destra che sarà un ostacolo al nostro progetto per i decenni a venire.
Nel breve periodo trascorso dall’assassinio di Kirk, la maggior parte della sinistra ha giustamente condannato il suo assassinio. Un numero non trascurabile, tuttavia, ha reagito con una mancanza di empatia quasi competitiva. Non solo il loro atteggiamento amorale rischia di allontanare gli americani comuni, che aborrono la violenza politica, ma è anche politicamente fuorviante e strategicamente ingenuo. Non c’è nulla da festeggiare. Anzi, c’è molto da temere.

*Ben Burgis è editorialista di Jacobin, professore associato di filosofia alla Rutgers University e conduttore del programma YouTube e podcast Give Them An Argument. È autore di diversi libri, il più recente dei quali è Christopher Hitchens: What He Got Right, How He Went Wrong, and Why He Still Matters. Meagan Day è redattrice di Jacobin. È coautrice di Bigger than Bernie: How We Go from the Sanders Campaign to Democratic Socialism. La versione italiana di questo articolo à apparso su jacobin italia l’11 settembre 20205.