Ricordando Fausto Amodei. Un invito all’ascolto di una lezione di storia

È scomparso lo scorso 18 settembre Fausto Amodei, uno dei musicisti più importanti della canzone politica degli anni 60’ e ’70. Un ricordo e un omaggio a un figura indimenticabile. (Red)

Il nome di Fausto Amodei è legato a quello del gruppo dei Cantacronache, un collettivo formato da musicisti, letterati e poeti che, alla fine degli anni Cinquanta, inizia a proporre canzoni connotate da un forte messaggio politico e sociale. I testi si ispirano liberamente alle canzoni di Brecht, Kurt Weil e Brassens. Il gruppo, inoltre porta avanti un lavoro di ricerca e trascrizione di brani appartenenti alla tradizione popolare italiana, sia in lingua che in dialetto, che vengono in questo modo salvati dall’oblio. La produzione dei Cantacronache va in direzione ostinata e contraria al melodico-commerciale italiano, ben espresso nei brani che venivano presentati sul palco del neonato Festival di San Remo e nello stesso tempo apre un filone musicale legato al recupero della memoria di strumenti, testi, interpreti della tradizione che, negli anni Settanta, avrà i suoi estimatori, si pensi al Nuovo Canzoniere, Giovanna Marini, Ivan Della Mea, Francesco Guccini. Il collettivo prende forma nel 1958 grazie a Fausto Amodei, Michele Straniero, Giorgio De Maria, Margot, Emilio Jona, Sergio Liberovici e gode del contributo di personalità straordinarie quali Italo Calvino, Umberto Eco, Gianni Rodari, Franco Fortini e Cesare Bermani. In quegli anni Amodei si innamorò delle canzoni di Georges Brassens che tradusse in piemontese e ne offrì alcune versioni bellissime, apprezzate dallo stesso cantautore francese e da Fabrizio De André che, a sua volta, le tradusse e le rese popolari attraverso i suoi dischi.

Architetto, per studi e formazione, e musicista per passione, Fausto iniziò giovanissimo a studiare la fisarmonica, strumento molto popolare per quelli della sua generazione, per passare poi al pianoforte ed approdare alla chitarra. Un segno di adeguamento ai tempi, che favorì la diffusione di quei testi che proprio grazie all’uso della chitarra, uno strumento nuovo e facile da gestire collettivamente, permise ad una generazione di costruirsi una colonna sonora ad hoc per gli eventi che andavano riempiendo le pagine dei giornali in quel momento, che stavano disegnando il profilo storico di una nazione appena uscita da una guerra mondiale, interessata da una profonda trasformazione produttiva e sociale. Nascono così canzoni fortemente connotate politicamente come Il tarlo, critica feroce al capitalismo; L’avvoltoio, con testo di Calvino e musiche di Liberovici, inno appassionato contro tutte le guerre; Se non li conoscete, una feroce satira contro il Movimento Sociale Italiano (MSI) e il suo leader, Giorgio Almirante, che aveva “con il mitra e il manganello” raccolto l’eredità del disciolto Partito Fascista. La sua canzone più famosa, Per i morti di Reggio Emilia, ancora oggi ricorda i nomi di Ovidio Franchi, Lauro Farioli, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli, operai uccisi in piazza durante una manifestazione contro il governo Tambroni, nel 1960. Del 1964 La marcia della pace, scritta con Franco Fortini, inno antimilitarista, pubblicato nell’album Le canzoni del No per l’etichetta dei “Dischi del sole”, una casa discografica che aveva una collana tutta dedicata alle canzoni dell’impegno, e a cui collaboravano Franco Fortini, Ivan Della Mea, Giovanna Marini. Il brano, giudicato sovversivo in quanto invitava all’obiezione di coscienza, fu messo al bando e l’album fu sequestrato e ritirato. Nel ’68 Amodei si presentò alle elezioni con il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) e venne eletto deputato. Ne L’ultima crociata del 1974, l’ultimo album pubblicato, cui seguì un silenzio trentennale, vengono raccontate le vicende di quell’anno, legate alla vittoria del referendum per mantenere la legge sul divorzio. “Al referendum rispondiamo No”, recita una delle canzoni più popolari dell’LP, citata anche in successive occasioni.

Nel 1975 gli fu assegnato il premio Tenco. Negli anni successivi, del riflusso e delle sconfitte, Amodei si dedicherà soprattutto al suo lavoro di architetto, pur continuando a scrivere canzoni e a collaborare con autori come Ivan Della Mea, Raffaella De Vita, Il Canzoniere delle Lame, Giovanna Marini, che nel frattempo aveva aperto la sua scuola popolare di musica di Testaccio. Solo nel 2005, tornò a pubblicare il disco Per fortuna c’è il cavaliere, avente come soggetto lo strano oggetto politico Silvio Berlusconi, che pareva uscito fuori davvero dal cappello di un mago con un forte senso del ridicolo, quindi l’obiettivo ideale per l’ironia garbata e dissacratoria di Fausto. Con la scuola popolare di Testaccio nel 2021, in occasione del centenario della nascita del Partito Comunista Italiano, mise in scena uno spettacolo con canzoni sue degli anni Settanta, eseguite dal coro della Scuola diretto da Sandra Cotronei.

Fausto, uomo gentile e dall’ironia elegante, era davvero un figlio di tempi che oggi appaiono molto distanti: un signore con una grande passione per la politica che a novant’anni manifestava ancora con vivace allegria la sua passione per una musica al servizio di una società migliore. Le sue canzoni, caratterizzate da una narrazione sottile ed intelligente, denotano un uso della metrica e della rima attente e assolutamente puntuali. Lo conobbi nel 2000, nel periodo del Social Forum, praticamente un mito vivente per chi aveva iniziato a strimpellare la chitarra con le sue canzoni. Gli proposi di venire nella mia scuola, il Santorre di Santarosa, un Liceo Linguistico, a cantarci le sue canzoni, accettò di buon grado, e incantò i ragazzi e i colleghi, che si infilarono in classe per ascoltarlo. Accompagnandosi con la sua fedele chitarra raccontò un secolo di storia italiana attraverso un repertorio che attingeva alla ricerca collettiva e a canzoni d’autore sue e di altri colleghi di strada. Due anni fa mi è tornata fra le mani la registrazione fatta su cassetta di quella memorabile giornata e, grazie all’entusiasmo e alla collaborazione di Alice Mammola, una ricercatrice appassionata di musica popolare, di Salvo Lo Galbo, un giovane sindacalista filofaustiano, e con la partecipazione di alcuni giovani cantautori torinesi, Chiara e Francesco, riuscimmo ad organizzare un incontro prezioso e bellissimo dove ascoltammo la lezione di storia cantata da Fausto e cantammo con lui le sue canzoni. Fausto era commosso e felice che la sua musica fosse ancora viva e compresa. Un buon tecnico del suono ci aiutò a riversare e a digitalizzare la lezione di Fausto che venne pubblicata in pillole, da Cesare Manachino, sul canale radio del circolo La Poderosa di Torino. Concludo con l’invito all’ascolto della registrazione: un meraviglioso ricordo di Fausto e un bellissimo regalo, credetemi, per le nostre orecchie e per il nostro cuore. https://radiopoderosa.org/la-storia-in-carne-pensiero-e-passione/

*articolo apparso il 24 settembre 2025 su popoffquotidiano.