Argentina, la domenica viola
Milei e Trump escono rafforzati dalle elezioni legislative di domenica 26 ottobre con il 40,7% dei voti, smentendo i sondaggi più ottimistici
«L’euforia è passata dall’altra parte. Un mese fa, i peronisti festeggiavano la loro vittoria regionale nella più grande circoscrizione elettorale, la provincia di Buenos Aires, ma oggi Milei annuncia che “la nuova Argentina ha inizio”. La mappa elettorale si è tinta di viola, il colore della LLA, cambiando così il clima politico, fino ad allora segnato da una crisi costante e dalla disperazione del governo», scrive Israel Dutra sul media brasiliano movimentorevista, espressione di una delle organizzazioni trotzkiste che aderiscono al Psol.
Milei ha ottenuto la vittoria eleggendo 56 nuovi parlamentari. Il peronismo è stato sconfitto, con il 34,9% dei voti. La terza forza, Provincias Unidas, organizzata da governatori dissidenti, è lontana dal risultato sperato, con il 7,4% dei voti. Il Frente de Izquierda-Unidad ha raggiunto il 4% a livello nazionale, eleggendo tre nuovi parlamentari.

Milei ha vinto nella provincia di Buenos Aires. È stata una delle grandi sorprese del risultato elettorale dove un ennesimo scandalo di corruzione ha portato il candidato di Milei, Espert, a ritirarsi dalla corsa, a causa dei suoi comprovati legami con il traffico di droga.
La grande questione delle elezioni era il ricatto esercitato da Trump, che aveva dichiarato che in caso di sconfitta di Milei il “sostegno economico” sarebbe stato ritirato. A differenza di altri paesi, dove le dichiarazioni di Trump hanno suscitato indignazione, spingendo gli elettori a protestare con il loro voto, in Argentina la vittoria elettorale di Milei finisce per legittimare la posizione trumpista. « La paura che il governo ha distribuito in modo equo (l’unica distribuzione che ha fatto da quando è entrato in carica) con l’imminenza della debacle se non fossero stati ottenuti i salvataggi di Donald Trump è stato uno dei fattori che ha provocato questa rinascita elettorale – ha scritto a caldo Felipe Yapur sul quotidiano argentino Pagina12 – dall’altra parte, il peronismo ha mantenuto il suo nucleo duro, ma il protrarsi delle dispute interne ha lasciato il movimento nazionale e popolare senza un messaggio in grado di richiamare e unire, soprattutto quell’elettorato più indeciso».

Su Pagina 12 si legge ancora: «Ad ogni elezione i partiti investono denaro per la campagna. Ricevono donazioni, ma anche una quota che spetta loro per legge e che viene erogata dal governo. Ora, per queste elezioni, il presidente Milei ha ottenuto un record storico perché la sua vittoria è stata garantita da un aumento netto del debito estero di 40 miliardi di dollari inviati dalla Casa Bianca. Per ora ha superato il primo ostacolo, quello elettorale. Ora deve garantire la governabilità, ma soprattutto la consegna del Paese ai capitali statunitensi che visitano assiduamente l’Argentina. È ciò che gli chiedono Trump e Scott Bessent. Il Paese è la garanzia di quei miliardi di dollari che arriveranno».
Tuttavia la verità è che, se si fa un confronto con le elezioni di medio termine di Macri nel 2017, LLA ha ricevuto 2 milioni di voti in meno (10 milioni contro gli 8,6 milioni ottenuti ieri) e il 2% in meno, dato che questa volta Milei ha raccolto il 40,84% contro il 42,04% di Macri nel 2017. In quell’anno, dopo la vittoria ottenuta, Macri non è riuscito a fermare la debacle rappresentata da un piano economico solo leggermente meno peggiore di quello attuale.
La situazione non è semplice, perché sul piano economico le condizioni rimangono tese. E Milei si prepara ad “accelerare” la motosega, applicando un aggiustamento ancora più severo. Una riforma del lavoro che mira a distruggere i diritti; una riforma fiscale e di bilancio che eliminerà ulteriori finanziamenti pubblici; un aggiustamento duro. La riforma del lavoro punta a stravolgere in modo strutturale i rapporti sociali: modificherà le condizioni di lavoro, i diritti dei lavoratori e i rapporti tra classe imprenditoriale e lavoratrice — in tutti i casi, in peggio.
Il discorso secondo cui questa riforma sarebbe “necessaria” per dinamizzare l’economia si consolida come obiettivo principale dei settori dominanti nel post-elezioni, tanto nella voce del governo quanto in quella di presunti oppositori.
Ora la stampa argentina si chiede come si riorganizzerà il governo. La settimana scorsa, quando pensavano che domenica sarebbe stata una giornata triste, alcuni ministri, come il cancelliere Gerardo Werthein, hanno iniziato a dimettersi. Si era aggiunto anche il ministro della Giustizia, Mariano Cúneo Libarona, che ieri sera, con i risultati in mano, si diceva stesse riconsiderando la sua decisione “affrettata”.
Resta ancora da definire chi sostituirà Luis Petri (Difesa), Manuel Adorni (portavoce) e Patricia Bullrich (Sicurezza), che ieri ha affermato che “la libertà richiede quell’ordine che stiamo portando avanti”. Una frase che anticipa che la repressione delle mobilitazioni non si fermerà.

In serata già sono iniziate le voci di una trattativa di Milei con i governatori: la necessità di “nuovi accordi” con le Province per soddisfare le richieste di Trump. E dunque il presidente cerca di ricreare il fallito patto di maggio con i governatori. Non sarà facile perché i governatori radicali, peronisti e persino macristi si sono presentati a queste elezioni con il nome di Province Unite. Tuttavia l’esperimento è fallito a causa della polarizzazione generata in campagna elettorale. Solo due governatori su sei sono riusciti a vincere nelle loro province, gli altri sono stati sconfitti da La Libertada Avanza. In tutti i casi si tratta di esponenti della cosiddetta “governabilità”: coloro che in Parlamento hanno garantito i voti per approvare le leggi più dannose del governo.
La vittoria di Milei, dunque, è una vittoria diretta di Trump. Gli Stati Uniti stanno lavorando intensamente sull’America Latina. Trump ha circondato il Mar dei Caraibi, puntando al Venezuela e alla Colombia, e ha avviato negoziati con Lula. Milei appare come la punta di diamante politica, Trump si è congratulato per il suo «lavoro meraviglioso».
«Milei e Trump escono più forti dalla “domenica viola” – osserva ancora Dutra – i problemi politici persistono in Argentina e nel continente. Milei guadagna tempo, sostegno e slancio per uscire dalla crisi economica grazie a un maggiore scontro con il movimento operaio. La tendenza è che i settori esitanti, come i governatori dissidenti, si orientino verso una linea di maggiore conciliazione con Milei. A sinistra, resta da continuare a difendere la linea di scontro con l’estrema destra e l’imperialismo come priorità assoluta».

Da parte sua il Frente (FIT-U) registra uno storico risultato ottenuto da Myriam Bregman, candidata alla Camera dei deputati per la Città Autonoma di Buenos Aires, che si è classificata al terzo posto con un inedito 9% dei voti, superando il candidato di Ciudadanos Unidos, Martín Lousteau, che ha ottenuto il 6%. . Alla Camera dei deputati, il FIT-U avrà altri due seggi: quelli di Nicolás del Caño e Romina del Plá, che sono entrati per la provincia di Buenos Aires.
Tuttavia, in una fase che la colloca in posizione difensiva, la sfida della sinistra rivoluzionaria è riorganizzarsi in forme di deliberazione collettiva che consentano di costruire una risposta comune (assemblee operaie e di quartiere, spazi unitari di discussione e organizzazione. «Dobbiamo imparare dalla lezione del 2019, quando l’attesa passiva portò alla smobilitazione del movimento popolare, aprendo la strada al disastro attuale. È fondamentale costruire tra le forze popolari e il popolo lavoratore la convinzione che Milei deve andarsene il prima possibile: ogni giorno in cui resta al potere rappresenta un arretramento per i lavoratori. La sua uscita deve avvenire attraverso un’irruzione di massa che sposti i rapporti di forza a favore delle classi popolari, permetta di recuperare energie in questo momento difensivo e installi un’alternativa per le maggioranze», scrive Poder Popular, organizzazione anticapitalista, femminista ed ecosocialista nata dalla convergenza di tre sigle (Democracia Socialista, Organización Revolucionaria Guevaristas e Diciembre Colectivo Militante) proponendo di «costruire uno strumento politico ampio, unitario e partecipativo, con una vita interna democratica e vitale, capace di diventare un mezzo reale per le maggioranze popolari nel compito di sconfiggere definitivamente la destra».
*articolo apparso su popoffquotidiano.it il 28 ottobre 2025