TSMC: il monopolio fragile dei chip
Il dominio taiwanese sui semiconduttori nasconde crepe profonde: crisi energetica, morti nei cantieri, pressioni USA-Cina. Dietro l’AI si cela un sistema fragile
Nel settembre 2025, mentre Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) annunciava la costruzione di un nuovo impianto da 500 miliardi di dollari taiwanesi per la produzione di chip a 1,4 nanometri, la tecnologia più avanzata al mondo, un dettaglio passava quasi inosservato nelle cronache internazionali. Poche settimane prima, durante l’assemblea degli azionisti, una donna aveva mostrato al presidente Wei Zhejia la fotografia di suo fratello, Huang Xinyi, morto in un incidente in un cantiere TSMC. Era solo l’ultimo di almeno dieci lavoratori in subappalto morti dal 2019. Il contrasto tra l’avanguardia tecnologica che promette di alimentare l’era dell’intelligenza artificiale e i corpi spezzati nei cantieri, tra i margini di profitto record e le crescenti pressioni energetiche che minacciano di paralizzare l’intera isola, rivela una verità scomoda. Il cosiddetto “scudo di silicio” taiwanese, ovvero l’idea che il monopolio quasi assoluto di Taiwan nella produzione di chip avanzati la protegga da un’invasione cinese rendendo l’isola indispensabile sia per Pechino che per Washington, è costruito su fondamenta sempre più fragili. Mentre le due superpotenze si contendono il controllo di questa risorsa strategica, TSMC si trova intrappolata in un paradosso. Più si espande globalmente per placare le pressioni geopolitiche, più espone le vulnerabilità di un modello produttivo che dipende da condizioni sociali, energetiche e logistiche impossibili da replicare altrove. Dietro la retorica del progresso tecnologico si nasconde una rete di contraddizioni irrisolte, dai lavoratori sacrificabili alle crisi energetiche, dalle catene di fornitura sotto assedio alle dipendenze dalla Cina per le energie rinnovabili, che potrebbero trasformare il più grande successo industriale taiwanese nella sua più pericolosa fragilità.
Quando lo scudo diventa vulnerabilità
Nel 2020 il politologo taiwanese Tsai Ming-yen ha coniato l’espressione “scudo di silicio” per descrivere la posizione strategica di Taiwan. Il controllo quasi monopolistico dell’isola sulla produzione di semiconduttori avanzati la rendeva troppo preziosa per essere attaccata dalla Cina e troppo importante per essere abbandonata dagli Stati Uniti. TSMC, che produce oltre il 90% dei chip più sofisticati al mondo, rappresentava la garanzia materiale di questa protezione. Il ragionamento conteneva però un’ambiguità fondamentale: quella posizione di forza dipendeva interamente dalla volontà delle grandi potenze di considerare Taiwan indispensabile. E questa percezione può cambiare rapidamente, trasformando lo scudo in una trappola.
Negli ultimi cinque anni, l’evoluzione della politica industriale americana ha messo a nudo tale fragilità. Il CHIPS and Science Act del 2022 ha stanziato miliardi per riportare la produzione di semiconduttori sul suolo americano. Per Taiwan questo significava qualcosa di inquietante, perché se gli Stati Uniti ricostruivano una capacità produttiva interna, l’isola avrebbe gradualmente la propria funzione di scudo. Secondo le previsioni industriali, entro il 2032 gli Usa deterranno il 28% della capacità globale di produzione di chip avanzati, partendo da zero nel 2022. TSMC stessa contribuisce massicciamente a questa crescita, con un investimento di 165 miliardi di dollari in Arizona per sei impianti di produzione, due strutture di packaging avanzato e un centro di ricerca.
L’espansione americana di TSMC non è stata una scelta strategica autonoma, ma il risultato di pressioni politiche esplicite. Quando Trump ha annunciato nel marzo 2025 l’ampliamento di questo impegno, il presidente dell’azienda taiwanese, Wei Zhejia, ha sottolineato diplomaticamente che la decisione rispondeva alla “domanda molto grande dai clienti americani”. La formulazione nascondeva a malapena la realtà: TSMC stava cedendo alle richieste di Washington, accettando costi produttivi significativamente più alti e 440 milioni di dollari di perdite previste per il 2024 in Arizona, pur di mantenere l’accesso al mercato americano.
Il paradosso dello scudo di silicio si manifesta così in tutta la sua complessità. Taiwan detiene ancora circa il 60% della capacità globale di produzione di chip avanzati, ma la traiettoria è chiara. Più TSMC costruisce impianti all’estero per rispondere alle pressioni politiche, più erode la concentrazione produttiva che costituiva il fondamento della protezione taiwanese. Rifiutare queste pressioni significherebbe però perdere l’accesso ai mercati occidentali e ai finanziamenti pubblici, accelerando il declino relativo dell’azienda. Non esiste una via d’uscita evidente, perché lo scudo funziona finché Taiwan rimane insostituibile, ma le richieste dei paesi che le dovrebbero dare sostegno stanno gradualmente rendendola sostituibile. È un meccanismo di protezione che contiene in sé le condizioni della propria obsolescenza.

Energia, acqua e il costo nascosto dell’intelligenza artificiale
Mentre il dibattito geopolitico si concentra sul controllo strategico di TSMC, l’azienda affronta un vincolo più prosaico ma altrettanto determinante. La rivoluzione dell’intelligenza artificiale ha trasformato i semiconduttori avanzati da prodotto di nicchia in risorsa fondamentale per l’economia globale, ma questa stessa rivoluzione ha generato una domanda energetica che Taiwan fatica sempre più a sostenere. L’entusiasmo che ha accolto il lancio di ChatGPT nel novembre 2022 ha trasformato radicalmente le prospettive dell’industria dei semiconduttori. Solo pochi anni prima, gli analisti del Center for Security and Emerging Technology di Washington avevano previsto che il progresso tecnologico nella miniaturizzazione dei chip avrebbe raggiunto presto un limite economico. Il loro rapporto del 2020 calcolava che aggiornare la produzione dal processo a 10 nanometri a quello a 7 nanometri richiedeva 3,7 anni per essere ripagato, mentre il passaggio da 7 a 5 nanometri ne richiedeva addirittura 8,8. La cosiddetta legge di Moore, che descriveva il raddoppio della densità dei transistor ogni due anni, sembrava destinata a esaurirsi per mancanza di incentivi commerciali. L’intelligenza artificiale ha ribaltato completamente questa prospettiva. I modelli linguistici di grandi dimensioni richiedono capacità di calcolo così massicce che la domanda di chip avanzati è esplosa. TSMC ha immediatamente accelerato lo sviluppo dei nodi tecnologici più avanzati. Il processo a 3 nanometri è attualmente in produzione di massa, quello a 2 nanometri entrerà in produzione di serie alla fine del 2025, mentre il processo a 1,4 nanometri è previsto per l’avvio della produzione di massa nel 2028.
Questa rinascita tecnologica ha però un prezzo materiale che raramente compare nelle narrazioni trionfalistiche sull’intelligenza artificiale. Produrre un singolo wafer di silicio a 3 nanometri genera emissioni equivalenti a 4.460 chilogrammi di anidride carbonica e consuma 37,2 metri cubi d’acqua, quasi il doppio rispetto al processo a 5 nanometri e oltre dieci volte di più rispetto ai chip a 90 nanometri usati per applicazioni meno avanzate. Il consumo energetico medio per completare uno strato di circuito su un wafer da dodici pollici è passato da 21,4 kilowattora nel 2017 a 40,5 kilowattora nel 2023. Nel complesso, TSMC ha consumato da sola 25,3 miliardi di kilowattora nel 2024, pari all’8,9% dell’intera elettricità taiwanese. L’industria dei semiconduttori nel suo insieme ha assorbito il 14,2% del consumo nazionale. Queste cifre sono destinate a crescere vertiginosamente. Taiwan Power Company, l’azienda elettrica statale, prevede che entro il 2030 l’industria dei semiconduttori richiederà altri 28,4 miliardi di kilowattora, un aumento del 75% rispetto al 2023.
Taiwan si trova in una situazione paradossale. Il governo ha fissato l’obiettivo del 30% di energia rinnovabile entro il 2030, ma nel 2025 la quota è ferma al 13%. TSMC da sola ha promesso di utilizzare il 60% di energia rinnovabile entro il 2030, una cifra che rappresenta oltre due terzi dell’intera produzione rinnovabile taiwanese attuale. La pressione viene anche dai clienti. Apple ha imposto ai suoi fornitori chiave la neutralità carbonica entro il 2030, e per TSMC questo significa che il ritmo di crescita della quota verde dovrebbe raddoppiare nei prossimi cinque anni. Il problema è che Taiwan non produce abbastanza energia rinnovabile, e l’espansione del solare e dell’eolico sta procedendo più lentamente del previsto.
La questione energetica si è rapidamente trasformata in uno scontro politico interno. Il Partito Popolare Taiwanese ha lanciato nel maggio 2025 una proposta di referendum per mantenere in funzione la centrale nucleare di Lungmen, sostenendo che la politica di denuclearizzazione del governo ha causato perdite massicce per Taiwan Power Company. Questo scontro ideologico blocca qualsiasi discussione pragmatica sulle soluzioni. Taiwan sta sacrificando la propria sostenibilità energetica per mantenere la posizione di TSMC nell’industria globale dell’intelligenza artificiale, con il governo che tratta l’espansione dell’industria dei semiconduttori come una premessa incontestabile. L’attuale traiettoria di crescita è materialmente incompatibile con gli obiettivi climatici dichiarati, e nessuna innovazione nei processi produttivi riesce a compensare l’aumento esponenziale della domanda generata dall’intelligenza artificiale.

Le catene di approvvigionamento come sistema nervoso vulnerabile
La retorica che circonda TSMC tende a concentrarsi sulla sofisticazione tecnologica, oscurando sistematicamente il fatto che dietro ogni wafer di silicio esiste una rete estesa di fornitori, subappaltatori e lavoratori la cui condizione determina concretamente la capacità operativa dell’azienda. Quando il 5 settembre 2024 Huang Xinyi è morto schiacciato da una tubatura nel cantiere di un impianto di TSMC a Tainan, l’incidente non ha ricevuto alcuna copertura mediatica. Huang lavorava per un piccolo subappaltatore che rispondeva a Yankee Engineering, l’azienda che aveva ricevuto l’appalto complessivo da TSMC. Secondo il rapporto ispettivo, TSMC aveva formalmente elaborato un piano di gestione della sicurezza, ma non aveva effettivamente implementato i controlli sul campo previsti dal contratto.
Huang Xinyi non è un caso isolato. L’Associazione per gli infortuni sul lavoro taiwanese ha documentato almeno dieci morti tra i lavoratori in subappalto presso cantieri TSMC dal 2019. Il 26 maggio 2025 un altro operatore è morto in uno stabilimento in costruzione a Chiayi, di nuovo per un appalto gestito da Yankee Engineering. Secondo il sistema di consultazione del ministero del Lavoro, Yankee Engineering ha accumulato almeno sedici infrazioni alla legge sulla sicurezza occupazionale tra il 2017 e maggio 2025, incluse mancate prevenzioni di cadute e crolli, nonché un’inadeguata gestione contrattuale. L’azienda, quotata in borsa e con contratti per la costruzione di impianti TSMC in tutto Taiwan, continua a ricevere appalti nonostante questo curriculum.
La sorella di Huang Xinyi ha descritto all’Associazione per gli infortuni il processo di mediazione come “essere spinti su un ring a combattere contro un mostro”. Poiché Huang era celibe e i genitori erano deceduti, i fratelli potevano reclamare solo un’indennità limitata secondo la legge sugli standards lavorativi, senza diritto a danni compensativi. Il primo accordo proposto prevedeva una somma sproporzionatamente bassa. Solo l’intervento dell’Associazione ha permesso condizioni più dignitose. Dopo altri incidenti mortali nello stesso anno, la sorella si è presentata all’assemblea degli azionisti TSMC del 3 giugno 2025, dichiarando al presidente Wei Zhejia che “TSMC è una grande balena che il paese ha allevato fino a farla diventare così grande” e chiedendo se l’azienda avesse ancora un senso di responsabilità sociale. Wei si è scusato affermando che la sicurezza sul lavoro è una priorità assoluta.
Le scuse pubbliche non hanno modificato la logica del sistema produttivo. TSMC opera attraverso una struttura di subappalto a cascata che scarica progressivamente i rischi e i costi verso il basso. L’azienda mantiene il controllo strategico e tecnologico, definisce i tempi di consegna e gli standard qualitativi, ma delega l’esecuzione materiale a contraenti che a loro volta subappaltano a imprese più piccole. Questo modello permette a TSMC di mantenere margini elevati e flessibilità operativa, ma crea una zona grigia di responsabilità dove gli incidenti possono essere attribuiti formalmente ai subappaltatori. Benché la legge sulla sicurezza occupazionale stabilisca che TSMC ha la responsabilità di ispezionare e formare i contraenti, l’applicazione di questa norma rimane debole e l’azienda può continuare a sostenere che i problemi di sicurezza riguardano principalmente i subappaltatori.
Questa struttura a rete è precisamente ciò che rende TSMC così efficiente a Taiwan e così difficile da replicare altrove. L’ecosistema taiwanese si è sviluppato nel corso di decenni attorno alle esigenze specifiche dell’industria dei semiconduttori. I fornitori di materiali, gli equipaggiamenti specializzati, i servizi di manutenzione, perfino le lavanderie che puliscono gli indumenti sterili per le camere bianche, operano tutti in sincronia con i cicli produttivi di TSMC. Il governo taiwanese ha fornito supporto sistematico attraverso sussidi, agevolazioni fiscali e infrastrutture dedicate. Ma questo stesso ecosistema si basa su rapporti di potere asimmetrici.
A ciò si aggiunge che a partire dal 2026, i fornitori con attività commerciali significative legate alla Cina verranno probabilmente esclusi, e diverse aziende hanno già subito cancellazioni di ordini. La pressione degli Usa per il disaccoppiamento dalla Cina si traduce così in una ristrutturazione forzata dell’intera catena taiwanese, con TSMC che agisce da intermediario delle richieste di Washington. I fornitori di equipaggiamenti si preoccupano che la gestione più rigida della catena di fornitura stia ora colpendo le imprese taiwanesi oltre il semplice disaccoppiamento dalla Cina, anche se questo approccio aiuta TSMC a comprendere lo stato operativo dei partner ed evitare rischi normativi o sanzioni statunitensi.

L’espansione globale e il fallimento della replicabilità
La difficoltà di TSMC nel riprodurre il proprio modello operativo fuori da Taiwan emerge con particolare chiarezza nell’esperienza americana. Quando l’azienda ha annunciato nel 2020 la costruzione del primo impianto in Arizona, la narrazione prevalente descriveva l’iniziativa come un trionfo della cooperazione tecnologica transatlantica. La realtà sul campo si è rivelata molto più complessa. Gli impianti di Phoenix hanno iniziato la produzione di massa nel 2025, raggiungendo la redditività operativa, ma il percorso è stato segnato da ritardi, costi imprevisti e tensioni culturali profonde. Un tecnico taiwanese intervistato da Initium Media nel cantiere di Phoenix ha sintetizzato il problema in termini diretti. “Si tratta di una questione di natura umana. La velocità americana è quella che è, e i taiwanesi pensano che basti essere un po’ più veloci di loro. Ricevi lo stesso stipendio, ma l’efficienza degli altri è solo il 50% della tua. Continueresti a impegnarti al 100%?” La frustrazione non riguarda semplicemente differenze superficiali di ritmo lavorativo. Riflette invece uno scontro tra sistemi produttivi costruiti su presupposti incompatibili riguardo al rapporto tra lavoro e vita personale, tra flessibilità e regolamentazione, tra improvvisazione e proceduralizzazione.
I dirigenti TSMC hanno riconosciuto che la sfida principale dell’espansione all’estero consiste nell’adattamento alle normative e alle culture locali. Le catene di fornitura devono imparare a conformarsi completamente alle leggi locali, dove le regolamentazioni hanno forza vincolante assoluta e non possono essere aggirate attraverso relazioni personali o flessibilità interpretativa. A Taiwan i fornitori si sono abituati a collaborare strettamente con TSMC, soddisfacendo le esigenze funzionali ma senza familiarità con le procedure estere. L’approccio taiwanese permette di iniziare la costruzione anche prima che i progetti siano finalizzati, adattandosi flessibilmente per avanzare rapidamente. Ciò non può in alcun modo avvenire negli Stati Uniti, dove tutto richiede documentazione esplicita e nessun lavoro può iniziare prima del completamento della progettazione.
Anche l’espansione in Giappone e Germania sta incontrando ostacoli significativi. Il presidente Wei Zhejia ha riconosciuto ritardi nel secondo impianto a Kumamoto. Analogamente, l’impianto tedesco progettato per servire il mercato automobilistico europeo affronta condizioni macroeconomiche deboli e un settore in fase discendente, con i principali produttori di chip che hanno annunciato licenziamenti massicci. Questi sviluppi rendono evidente che il modello di espansione di TSMC potrebbe non supportare investimenti su larga scala in Europa in questo momento. L’azienda sta invece accelerando gli investimenti negli Stati Uniti, impegnandosi a investire cento miliardi aggiuntivi per un totale di centosessantacinque miliardi, creando una compressione delle risorse per altri progetti internazionali.

Il futuro precario tra dipendenze incrociate e vulnerabilità strutturali
L’espansione globale di TSMC genera una conseguenza paradossale. Mentre l’azienda costruisce capacità produttiva negli Stati Uniti per rispondere alle pressioni di Washington, rischia simultaneamente di aumentare la propria dipendenza dalla Cina nel settore delle energie rinnovabili. Nel 2024, TSMC ha utilizzato 3,61 miliardi di kilowattora di energia rinnovabile certificata, di cui circa il 60% proveniva da certificati acquistati all’estero. L’azienda non ha mai reso pubblico l’origine precisa di questi certificati, ma il contesto suggerisce una realtà imbarazzante: TSMC, come principale partner manifatturiero di Apple, potrebbe acquistare certificati verdi cinesi per soddisfare gli obiettivi di sostenibilità richiesti dal cliente americano. La Cina ha installato una capacità totale di energia solare ed eolica cinque volte superiore agli Stati Uniti e domina la catena di fornitura dei componenti solari. Il One Big Beautiful Bill Act del luglio 2025 cerca di limitare questa dipendenza vietando gli incentivi fiscali alle energie rinnovabili collegate a entità straniere di interesse, ma rischia di ostacolare ulteriormente lo sviluppo delle rinnovabili americane.
La posizione di TSMC rispetto alla Cina si complica ulteriormente sul fronte commerciale e tecnologico. L’azienda ha annunciato nel novembre 2024 che avrebbe interrotto completamente l’uso di equipaggiamenti cinesi nelle linee produttive a 2 nanometri, in risposta alle crescenti restrizioni americane sulle esportazioni di tecnologia avanzata. Queste restrizioni hanno già costretto TSMC a cessare le spedizioni verso Huawei nel settembre 2020, e le regole successive emesse nell’ottobre 2022 e 2023 hanno ulteriormente ristretto le possibilità di fornire chip per intelligenza artificiale e equipaggiamenti di produzione a clienti cinesi. Nell’ottobre 2024, analisti canadesi di TechInsights hanno scoperto che un chip prodotto da TSMC era finito all’interno del processore Ascend 910B per intelligenza artificiale di Huawei, nonostante le sanzioni. L’incidente ha scatenato preoccupazioni bipartisan a Washington, con il senatore Mark Warner che ha criticato la “debole applicazione” dei controlli esistenti da parte del governo americano. TSMC potrebbe affrontare multe superiori al miliardo di dollari, anche se finora nessuna sanzione è stata comminata. L’episodio sottolinea la difficoltà crescente di controllare le destinazioni finali dei chip in catene di fornitura globali dove le aziende di progettazione possono oscurare le relazioni a valle.
Le pressioni tariffarie americane aggiungono un ulteriore livello di incertezza. Nell’aprile 2025, il presidente Trump ha proposto un regime commerciale che include una tariffa di base del 10% su tutte le importazioni, una tariffa reciproca del 32% sui prodotti taiwanesi e potenzialmente un prelievo del 25% sui semiconduttori. Il rapporto annuale di TSMC avverte che tali tariffe potrebbero aumentare i costi per i clienti e frenare la crescita americana. Tutto ciò crea un paradosso: TSMC investe per soddisfare gli obiettivi nazionali americani mentre si trova ad affrontare politiche che potrebbero penalizzarla. L’azienda sottolinea che i semiconduttori rappresentano solo il 2,5% delle importazioni americane, quindi il suo investimento non ridurrà in modo percettibile il deficit commerciale complessivo degli Stati Uniti.
L’alleanza annunciata nel settembre 2025 tra Nvidia e Intel complica ulteriormente il panorama competitivo. Nvidia ha investito cinque miliardi di dollari in Intel, un’operazione interpretata dal settore come una concessione all’amministrazione Trump piuttosto che un investimento finanziario con aspettative di rendimento. Intel ha ricevuto complessivamente 12,7 miliardi di dollari di capitale fresco attraverso investimenti di Nvidia, SoftBank e i sussidi del CHIPS Act. L’alleanza prevede che Intel costruisca processori personalizzati basati su architettura x86 per l’infrastruttura di intelligenza artificiale di Nvidia. Per TSMC, l’alleanza crea incertezza sulla futura allocazione degli ordini: se Intel rende competitivi i propri processi rispetto alla tecnologia inferiore ai tre nanometri di TSMC, anche partner americani come Nvidia potrebbero esitare a spostare ordini.
La supremazia tecnologica di TSMC rimane per ora incontrastata. L’azienda ha consolidato una quota di mercato globale del 38% nel secondo trimestre del 2025, con ricavi aumentati del 44% su base annua, alimentati dalla domanda per il processo a 3 nanometri e il packaging avanzato. Samsung ha visto la propria quota scendere al 4%, ampliando il divario con TSMC a 33 punti percentuali. Tuttavia, la posizione dominante di TSMC non elimina le vulnerabilità strutturali. L’azienda dipende da condizioni taiwanesi specifiche che non può replicare altrove, affronta pressioni energetiche domestiche incompatibili con la propria crescita, subisce richieste contraddittorie da Washington e Pechino che la costringono simultaneamente a decoppiarsi dalla Cina e a dipendere da essa per le energie rinnovabili, e mantiene una catena di fornitura locale sotto stress crescente. Il modello che ha reso TSMC indispensabile contiene al proprio interno le condizioni della propria fragilità. La tecnologia avanzata non fluttua in uno spazio astratto, ed è invece ancorata a risorse materiali limitate, relazioni di potere asimmetriche e scelte politiche che determinano chi paga i costi del progresso e chi ne raccoglie i benefici.
*articolo apparso su substack.com il 30 settembre 2025
Fonti: Initium Media, Digitimes, Taipei Times, Asia Society, Radio Free Asia, Tai Sounds, Taiwan Insight, Nikkei Asia, Bureau of Economic Analysis, TechInsights