Italia. Contrastare la legge finanziaria. La prospettiva dello sciopero generale. Unità sindacale e unità della classe lavoratrice
Dopo le grandi mobilitazioni contro il genocidio del popolo palestinese e il sostegno all’azione della Flotilla, l’interrogativo che si pone alle forze anticapitaliste e di classe è come continuare a mantenere le iniziative di solidarietà verso la Palestina e, nello stesso tempo, costruire un movimento contro le politiche economiche e di guerra dei governi capitalisti, a partire da quello italiano delle estreme destre.
La legge finanziaria confezionata da Meloni, Salvini e Tajani esprime appieno i loro obiettivi di fondo: approfondire le politiche liberiste dell’austerità correlate a un piano di riarmo inverecondo e accompagnate poi da una serie di altre misure istituzionali e sociali autoritarie e reazionarie. E’ un contesto avvelenato in cui le gesta e le grida fasciste si moltiplicano, a conferma che settori apertamente fascisti si sentono del tutto sdoganati che è giunta “la loro ora”. Inquietante l’intervento in una scuola torinese dei giovani fascisti di FdI, direttamente sostenuti dalla polizia in assetto antisommossa.
Demistificare e contrastare la finanziaria
Costruire la lotta contro la legge di bilancio sembra trovare la convergenza di tutte le forze sociali, sindacali e politiche che fanno riferimento e che organizzano il movimento dei lavoratori. Sulla finanziaria c’è un giudizio comune se si leggono le rispettive dichiarazioni dei sindacati di base e della CGIL. Quest’ultima ha espresso un giudizio molto netto sulla legge (prende i soldi ai lavoratori per trasferirli al riarmo), avanzando un programma alternativo abbastanza radicale per difendere le condizioni della classe lavoratrice. La direzione della CGIL, certo con un po’ di ritardo, si deve essere resa conto che il governo considera questo sindacato il suo nemico principale da scompaginare e/o battere, essendo la principale organizzazione di massa del paese. Non sappiamo se Landini e compagni vogliano essere coscienti del fatto che una lotta coerente per la piattaforma avanzata comporta una rottura col patto di stabilità, cioè uno scontro molto duro non solo col governo, ma con la borghesia in quanto tale.
Questa consapevolezza e questa volontà di esprimere un’alternativa reale allo stato delle cose presenti è ancor più latitante nelle posizioni dei due partiti di opposizione istituzionale il PD e il M5S vista la loro forte internità al sistema capitalista e all’alleanza atlantica della Nato.
La prospettiva dello sciopero generale
La discussione tra le forze di classe è dunque non solo sugli obiettivi contro le politiche del governo, ma attraverso quali lotte e mobilitazioni costruire un movimento di massa capace di incidere nei rapporti di forza, per cui la necessità di un forte sciopero generale di massa, che non sia solo un simbolico giorno di lotta, più o meno partecipato, come è stato in tutti gli anni passati, quasi una ricorrenza e non l’espressione di un movimento forte e duraturo.
Abbiamo inoltre presente la conferenza stampa alla Camera dei dirigenti dei sindacati di base e della CGIL con cui è stato dichiarato lo sciopero generale a sostegno della Palestina che ha permesso una delle più grandi mobilitazioni degli ultimi 20 anni e le città invase e bloccate dai manifestanti il 3 ottobre.
La razionalità politica, oltre che il buon senso, avrebbe dovuto spingere a replicare quella modalità unitaria di lotta contro la legge dell’austerità e della guerra.
Così non è stato e, come in un gioco dell’oca, sembra di essere tornati alla casella di partenza degli anni passati. I sindacati di base hanno dichiarato lo sciopero generale per il 28 novembre, neanche tutti insieme, ma uno per uno, nella speranza di lucrare sulla situazione che si era creata con gli scioperi sulla Palestina, rinunciando a fare una proposta alla CGIL, quasi avessero conquistato una primogenitura o una egemonia che ancora non hanno all’interno delle classi lavoratrici.
Certo possono aver messo in imbarazzo una direzione CGIL che però nel frattempo con la grande manifestazione del 25 ottobre a Roma ha mostrato tutte le sue capacità di organizzazione capillare della classe lavoratrice sui luoghi di lavoro e sull’intero paese.
Difficile pensare che la Direzione della CGIL, tanto più condizionata da un apparato “conservatore”, da un passato recente in cui lavorava per l’unità piena con la stessa CISL, dalla necessità anche di muoversi e di conquistare nuovi spazi di mediazione nel tentativo e nella speranza di favorire una coalizione di opposizione che possa vincere le prossime elezioni politiche contro le destre, semplicemente “seguisse”, come fosse una semplice “intendenza”, tanto più avendo ancora la speranza di imbarcare la UIL in una giornata di sciopero dimostrativo.
Aggiungo che è una visione politica del tutto miope pensare che la “forzatura” permetta ai sindacati di base di “screditare” la Cgil agli occhi di larghi settori di massa e con Potere al Popolo che sembra interessato solo a sfruttare come partito la finestra sociale e politica che si è aperta con le mobilitazione di settembre/ottobre. Nessuno nega a una forza politica la ricerca di un suo legittimo rafforzamento, ma stiamo parlando della costruzione di una lotta delicatissima e decisiva contro governo e padroni che necessita della massima unità.
Unità sindacale e unità della classe lavoratrice
Infatti il vero nodo è che quando si discute di sciopero generale non si parla solo della necessaria unità delle forze sindacali per avere forza e credibilità, ma dell’unità della classe in quanto tale indispensabile per un reale sciopero generale che deve bloccare le fabbriche e i luoghi di lavoro come presupposto per bloccare anche le città, cioè il “bloccare tutto”. E di uno sciopero che forse, come ci hanno mostrato le lotte in Francia, potrebbe, dovrebbe anche prolungarsi…. per avere speranze di successo.
Soprattutto è la partecipazione di massa che è ancora tutta da organizzare in un contesto difficile sui luoghi, con una coscienza di classe ancora parziale ed incerta, segnata dalle demoralizzazioni, dai ricatti padronali e dalla precarietà. Senza dimenticarsi anche che esiste una Confederazione sindacale, la Cisl, che sostiene apertamente legge finanziaria e governo e che purtroppo dispone di una forza non indifferente nei luoghi di lavoro.
Certo che se la direzione della CGIL avesse una chiara visione di classe, non avrebbe avuto difficoltà a dire “va bene, anche noi facciamo sciopero il 28 novembre, incontriamoci e discutiamo come possiamo organizzare al meglio insieme le manifestazioni, i cortei ed anche dove possibile le assemblee sui luoghi di lavoro per costruire un percorso coinvolgente e partecipato”.
Non sembra questo la strada, sostenuta dalla minoranza interna di sinistra, che la direzione CGIL voglia percorrere, ed è quindi probabile che l’Assemblea Nazionale Generale della Confederazione del 6/11 e la grande assemblea delle delegate e dei delegati di Firenze il 7 novembre, convalidino semplicemente un orientamento che pone la data dello sciopero generale a dicembre. Più si ritarda lo sciopero e più questo assumerà un carattere meramente dimostrativo.
Tutti i dirigenti sindacali dovrebbero porsi un problema: una/un attivista di base non semplicemente partigiana/o sul suo luogo di lavoro come si dovrebbe comportare davanti alle sue/ suoi compagne/i? Dire loro: “sciopera la data x o la data y”? Certo si può dire: “sciopera entrambi i giorni”, come sarà giusto fare, ma sappiamo quanto sia difficile per una lavoratrice e un lavoratore perdere due giorni di stipendio quando esiste una drammatica emergenza salariale.
Le/i militanti della nostra organizzazione continueranno a battersi perché si costruisca una piena convergenza nella lotta e nello sciopero, cioè l’unità di classe, come sono molte/i militanti sindacali a chiederla, per non ripetere il gioco perdente degli anni passati.
E come organizzazione sosterremo tutti gli scioperi e tutte le manifestazioni.
Vorremmo però richiamare l’attenzione di tutte/i che la finestra apertasi con le lotte dei mesi scorsi potrebbe anche rinchiudersi rapidamente, che nel prossimo mese è in discussione non solo il possibile rafforzamento ulteriore o indebolimento di questo pericoloso governo di estrema destra, ormai pienamente sostenuto da ampi settori della borghesia italiana, ma anche una modifica dei rapporti di forza tra le classi sociali, la possibilità o meno di rafforzare la lotta contro le mortifere politiche dell’austerità e della corsa al riarmo.
*Sinistra Anticapitalista