Riduzione delle emissioni: promesse, promesse, promesse
Ogni anno il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) pubblica Emission Gap Report [Rapporto sul divario delle emissioni], che illustra i progressi compiuti nell’attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015. Il rapporto del 2025 è stato pubblicato poco prima della COP30, la conferenza mondiale sui cambiamenti climatici attualmente in corso a Belém, in Brasile: «L’accordo di Parigi è stato fondamentale per ridurre le emissioni globali di gas serra (GHG) previste», sembra una buona notizia. E lo stesso vale per quest’altra: «Le proiezioni del riscaldamento globale basate sulle politiche attuali sono scese da poco meno di 4°C (al momento dell’adozione dell’accordo di Parigi), a poco meno di 3°C di oggi».
Lette velocemente, queste frasi sembrano dimostrare che l’Accordo è responsabile della riduzione delle emissioni fonte del riscaldamento globale.
Ma dobbiamo andarci con calma e partire dalla parola chiave contenuta in queste frasi, cioè proiezioni. Come dimostra il rapporto, nel 2024 le emissioni effettive di gas serra sono state più alte che mai. In effetti, l’attuale tasso di crescita è più di quattro volte superiore a quello degli anni ’10 di questo secolo.
Allora, che cosa succede con le proiezioni?
In base all’Accordo di Parigi, i governi nazionali dovrebbero presentare i Nationally Determined Contributions (NDC) [Contributi Determinati a Livello Nazionale], ovvero i loro piani volontari e non vincolanti per la riduzione delle emissioni entro il 2035. I primi NDC sono stati presentati nel 2020 e la seconda fase, teoricamente più ambiziosa, era prevista per settembre di quest’anno. Quindi, ciò che il Gap Report rivela non sono le riduzioni effettive delle emissioni, ma le promesse di riduzioni future.
E anche considerando il loro carattere teorico, gli NDC finora concessi sono ancora ben lontani dai tagli necessari per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C in questo secolo.
Inoltre, dei 195 firmatari dell’Accordo di Parigi, solo 64 si sono dati la pena di presentare nuovi NDC entro la scadenza di quest’anno. E le riduzioni delle emissioni promesse da questa minoranza «sono relativamente modeste e caratterizzate da una significativa incertezza».
A tutto questo si deve aggiungere un fatto certo: gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo di Parigi, quindi i loro NDC (una gran parte delle riduzioni totali promesse) scadranno a gennaio.
Non c’è da stupirsi che l’UNEP, nonostante le affermazioni in stile Pollyanna del primo paragrafo, abbia intitolato l’intero rapporto Off Target [Fuori bersaglio].
Come diceva Greta Thunberg quattro anni fa, prima della COP26: «Bla bla bla. Questo è tutto ciò che sentiamo dai nostri cosiddetti leader. Parole che suonano grandiose, ma che finora non hanno portato a nessuna azione».
L’influenza dei lobbisti delle compagnie petrolifere e dei petrostati rimane dominante alla COP30. Prepariamoci ad altri bla, bla, bla.
*articolo apparso su Climate&Capitalism l’8 novembre 2025.