Vaud. Una mobilitazione eccezionale del personale pubblico
Pubblichiamo questo articolo relativo alla mobilitazione del personale pubblico in atto nel Canton Vaud per opporsi alle misure di austerità proposte dal governo cantonale. Molti aspetti ricordano – seppur in un contesto diverso – il dibattito in atto nel nostro Cantone. Con la notevole differenza nelle risposte date dalle direzioni sindacali che prediligono una semplice testimonianza di dissenso (come la manifestazione del 29 novembre) alla ricerca – difficile ma non impossibile – della costruzione sul terreno di un rapporti di forza. Dal Canton Vaud c’è forse qualcosa da imparare. (Red)
Il Consiglio di Stato sta attuando una politica di austerità profondamente antisociale. Lo stato delle finanze cantonali è solo un pretesto. La mobilitazione eccezionale dei dipendenti del settore pubblico e parapubblico è giusta e necessaria.
Per giustificare la sua politica di austerità, la presidente del Consiglio di Stato, Christelle Luisier, ha osato dichiarare: «Il Cantone non ha un problema di entrate, ma un problema di spese».
Vediamo di chiarire le cose.
1. Il Cantone di Vaud presenta una situazione di bilancio che farebbe impallidire d’invidia anche il più rigoroso monetarista. I sostenitori della motosega – Javier Milei, presidente dell’Argentina, ed Elon Musk in testa – non crederebbero ai loro occhi: un debito di circa 500 milioni, per un PIL cantonale di 72,4 miliardi, ovvero un tasso di indebitamento inferiore allo 0,7%. E l’«onere degli interessi»… non è tale: secondo i conti del 2024, lo Stato ha incassato circa 85 milioni di interessi sui suoi investimenti e crediti fiscali. Senza dimenticare i beni patrimoniali che ammontano a diversi miliardi.
2. Se oggi esistono deficit pubblici, è perché i governi, sia a livello federale che cantonale, si sono moltiplicati i regali fiscali ai possidenti. L’elenco è infinito: massiccia riduzione della tassazione dei dividendi; successive riduzioni delle imposte di bollo; smantellamento, cantone dopo cantone, delle imposte di successione; ecc.
Il Canton Vaud è all’avanguardia in questa politica di defiscalizzazione del capitale. Lo stesso ex ministro delle Finanze, Pascal Broulis, lo ha riconosciuto: «In dieci anni abbiamo ridotto le imposte sulle imprese per un totale di 3 miliardi» (L’Agefi, 10 giugno 2022).
3. Il Consiglio di Stato tace sull’incredibile frode fiscale organizzata attorno allo «scudo fiscale». Per tredici anni, le autorità hanno illegalmente sottotassato grandi imprenditori e azionisti, e questo con piena consapevolezza. Risultato: una minuscola minoranza ha beneficiato, abusivamente, di un regalo fiscale pari, come minimo, a mezzo miliardo di franchi. Il minimo sarebbe richiedere il rimborso del denaro non riscosso. Il governo si rifiuta di farlo. È ancora guidato dal pugno di ferro dei possidenti. Bernard Nicod lo conferma senza mezzi termini: «Si dice che la legge sullo scudo fiscale sia stata applicata male. È stata applicata secondo le direttive dei padroni, punto e basta!». (Le Temps, 20 novembre 2025).
La politica di austerità del Consiglio di Stato non è quindi affatto una conseguenza «inevitabile» dello stato delle finanze cantonali. Essa illustra semplicemente ciò che ha ricordato Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea: «Da decenni, il capitale è stato remunerato meglio del lavoro. L’equilibrio delle forze pende chiaramente da una parte».
I dipendenti del settore pubblico e parapubblico non si lasciano però intimidire. La loro mobilitazione è eccezionale. Più di 8000 scioperanti il 18 novembre, è una cosa mai vista prima. 25’000 manifestanti nelle strade, anche questo è un record. E la lotta continua!

La loro lotta è pienamente giustificata. Il Consiglio di Stato vuole prelevare un «contributo di crisi» dello 0,7% sui salari. Questo si aggiungerebbe alla mancata indicizzazione. È il peggior datore di lavoro di tutta la Svizzera! Secondo l’indagine annuale dell’UBS (388 aziende), infatti, «tutti i settori di attività prevedono aumenti salariali per il prossimo anno», in media dell’1%. Anche nel settore pubblico, nessun datore di lavoro prevede una tale riduzione salariale. Inoltre, il governo sta attaccando i servizi pubblici, mentre già mancano i fondi ovunque: nuovi tagli, di cui pagherebbero il prezzo i pazienti, al CHUV e in altri ospedali; messa in discussione dei servizi ai residenti delle case anziani, con un calo della qualità dei pasti e delle attività ricreative; riduzione dei finanziamenti versati alla Fondazione per l’accoglienza diurna dei bambini, quando un posto all’asilo nido sappiamo essere oggi già troppo costoso per molte famiglie; e via di questo passo. Infine, come nei regimi autoritari, il Consiglio di Stato rifiuta categoricamente di negoziare con le organizzazioni del personale, un principio democratico che dovrebbe essere tra i più elementari.
Insomma, ci sono davvero tutti i motivi per proseguire e ampliare la mobilitazione. E sarebbe ora che i tre ministri che si dichiarano di sinistra – sono stati comunque eletti sotto le bandiere del PS o dei Verdi, non del Centro padronale! – si oppongano pubblicamente a questa politica antisociale e denuncino l’atteggiamento profondamente antidemocratico dei loro accoliti, adepti delle limousine premium. Il loro silenzio è già durato abbastanza.
*segretario centrale del sindacato SSP/VPOD. Il presente contributo è apparso sul quotidiano le Courrier di martedì 25 novembre 2025