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Con l’inizio del nuovo anno scolastico è iniziata la campagna dei giovani MPS sulla povertà giovanile. Qui di seguito pubblichiamo il volantino che il gruppo giovani sta distribuendo in queste settimane nelle scuole ticinesi.

 

Finito il periodo estivo, molti giovani studenti e lavoratori ritornano sui banchi di scuola per proseguire e terminare la propria formazione. Nell’attesa di affacciarsi sul mercato del lavoro, le prospettive occupazionali delle nuove generazioni stanno diventando la principale preoccupazione. Alla luce dei numerosi avvenimenti dei mesi estivi, come l’ideologia attorno all’apprezzamento del franco e le sue conseguenze sull’occupazione oppure l’aggravarsi della crisi dell’Unione europea che non può che avere forti ripercussioni sul nostro paese,  riportati su televisioni, radio e giornali, non è sorprendente se un sentimento d’incertezza per il proprio futuro lavorativo e sociale prende piede tra i giovani.

Molte notizie sulla situazione economica vengono espresse in modo tale da mascherare, al cittadino comune, le scelte che la classe economica e politica dominante sta facendo per riversare i costi della crisi sullo stato sociale e su coloro che vivono quasi esclusivamente del proprio salario.

 

Peggiorano le condizioni degli studenti

 

Mentre i profitti e le disuguaglianze sociali continuano ad aumentare (in Ticino il 2.5% della popolazione detiene il 43.1% della ricchezza totale), le risorse destinate alla scuola pubblica sono sempre inferiori.

Il risultato di questa evoluzione in atto ormai da diversi anni è un peggioramento generale della qualità della formazione e la creazione di una scuola a due velocità.

Una delle tendenza più preoccupanti in atto nelle scuole obbligatorie e superiori è l’aumento del numero di studenti per classe. Le conseguenze sono facili da spiegare. Da una parte per i professori e le professoresse diventa sempre più difficile dedicare il tempo adeguato alle esigenze dei singoli studenti. Dall’altra parte agli studenti viene chiesto di cavarsela individualmente.

Considerando che i servizi di dopo scuola stanno lentamente scomparendo, le difficoltà per moltissimi studenti e studentesse sono in continua crescita. I giovani cresciuti in un ambiente famigliare stabile e senza problemi finanziari, non avranno problemi a poter continuare i propri studi. Mentre dall’altra parte i figli delle persone meno abbienti (sempre più numerosi) fanno fatica a terminare la propria formazione. Mentre per i primi è possibile pagare per delle lezioni private fino a 80 franchi per ora (!), per i secondi risulta molto più difficile.

Il diritto allo studio è ulteriormente messo in discussione anche per la diminuzione delle borse di studio. Sia a livello nazionale sia a livello cantonale la volontà della classe politica è di rendere più difficile l’ottenimento di questi aiuti.

Il continuo taglio dei fondi messi a disposizione parallelamente ai costi sempre più cari a cui molte famiglie devono far fronte, restringono la possibilità a sempre più giovani di continuare la formazione. Non è un caso se, secondo gli ultimi dati dell’Ufficio federale di statistica, il 75% degli studenti universitari è costretto a lavorare per poter studiare.

Questa situazione implica delle importanti conseguenze per i sempre più numerosi studenti-lavoratori: minor tempo per studiare, in certi casi impossibilità di frequentare le lezioni, un carico maggiore di stress nella gestione del lavoro e della scuola ecc.

La gestione neoliberale, che è funzionale al capitalismo, ha mercificato pure l’offerta culturale. Non esiste più un entrata al cinema inferiore ai 20 franchi e le manifestazioni culturali (mostre, eventi musicali ecc.) sono sempre più care.

L’aumento del prezzo della cultura esclude i giovani dalla partecipazione alla vita sociale e culturale in società. Molti eventi culturali sono destinati a una nicchia di persone benestanti… Questa situazione non può che favorire fenomeni di disgregazione sociale tra i giovani, con le conseguenze del caso.

 

Lavorare per non arrivare a fine mese

 

La situazione è diventata assai più complicata per chi è già alla ricerca di un lavoro. Le principali decisioni politiche degli ultimi anni hanno chiesto ulteriore flessibilità e sacrifici a noi giovani complicando l’entrata nel mondo del lavoro.

Noi giovani del Movimento per il socialismo ci siamo opposti tramite diverse campagne contro l’avanzata di queste logiche imposte dalla classe politica dominante che compromettono il nostro futuro. Un esempio significativo è stata la campagna condotta contro la revisione della Legge sull’Assicurazione contro la Disoccupazione (LADI) del 26 settembre scorso. Abbiamo più volte sottolineato come questa revisione, entrata poi in vigore a partire dal 1 Aprile lasciando oltre 2’000 persone senza indennità di disoccupazione, sia particolarmente penalizzante per i giovani oltre che per tutti i salariati.

Dietro a questa misura vi è la stessa ideologia neoliberale che riscontriamo in altre misure anti-sociali (revisione AI, borse di studio ecc.) basata sulla logica dell’abuso. Le argomentazioni dei fautori della revisione infatti, ruotavano attorno alla pigrizia della gioventù. “I giovani non hanno voglia di lavorare”; “preferiscono stare a casa a far niente”; “sono tutti dei fannulloni e approfittano dell’assicurazione disoccupazione…”.

Queste sono alcuni luoghi comuni su cui si basava la campagna in favore della revisione. Naturalmente queste argomentazione sono lontanissime dal vero e non tengono in considerazione un dato importante: i salariati posseggono unicamente la propria forza lavoro e non sono loro a poter decidere quando, dove e come lavorare!

Con la revisione della LADI ogni lavoro offerto dovrà essere accettato, pena le sanzioni da parte della cassa disoccupazione con la perdita dell’indennità giornaliera di disoccupazione. In più, coloro che fino a oggi non hanno versato alcuna indennità (perché in formazione) il diritto alle indennità percepite passa da 260 a 90! Due semplici misure che mostrano come si vuole collocare a tutti i costi i giovani lavoratori dimenticando la realtà dei fatti: compressione dei salari e precarietà dilagante in ogni settore, licenziamenti di massa e prospettive economiche allarmanti.

 

Discutere per agire insieme

 

Aumento dei costi della vita e stagnazione o diminuzione reale dei salari, è questa la ricetta del governo ticinese per uscire dalla crisi. Un governo che in questi anni di crisi economica ha mostrato da che parte sta: dalla parte delle banche e del grande capitale, non certo da quella dei salariati che siano giovani, anziani o donne!

Per questo motivo noi non crediamo che un cambiamento possa avvenire passando dai palazzi del potere. La delegittimazione del governo è lampante in diversi paesi d’Europa. Dalla Grecia all’Italia, passando per la Francia fino alla Spagna, una nuova generazione di precari senza futuro si sta muovendo. Le piazze di tutta Europa traboccando di una nuova voglia di socialità e di cambiamento. Una società che risponda ai bisogni reali della gente e non alle esigenze di profitto di una minoranza della popolazione! Una nuova dimensione politica antitetica rispetto al tradizionale modello di democrazia occidentale dove la politica sia partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano l’organizzazione sociale in generale in cui ogni singolo soggetto, per la sua peculiarità e condizione di vita, possa riflettere, progettare e decidere liberamente del proprio futuro. Delle misure concrete per uscire dalla crisi economica e dalla sempre più dilagante povertà intergenerazionale.

Noi vogliamo tutto, perché il futuro ci appartiene. Anche nella nostra piccola realtà ticinese dobbiamo agire. Chiediamo un aumento generale della massa monetaria destinata alla formazione; la presa a carico dello stato dei corsi di dopo scuola; l’introduzione di un salario minimo legale per gli apprendisti di 1’000 franchi al primo anno (con un aumento del 30% per ogni altro anno successivo di apprendistato);l’accesso gratuito alle manifestazioni culturali per noi giovani come pure i trasporti gratuiti per studenti e apprendisti!

 

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