Le nostre proposte
È necessaria una politica di opposizione di fronte alle politiche della borghesia e dei suoi partiti; una politica che deve essere condotta –senza tregua– a tutti i livelli istituzionali, ma, soprattutto, a livello sociale.
Clima, parità di genere, lotta al dumping, fiscalità più equa, guerra, scuole e sanità, in questa pagina trovi le nostre principali lotte e le nostre proposte per il futuro.
Cambiamo il sistema per cambiare il clima!
Abbiamo a disposizione ancora pochissimi anni per tentare di arginare il disastro ambientale che sta per far soccombere il suolo, l’aria e l’acqua, mettendo a dura prova la stessa sopravvivenza dell’essere umano.
Siamo a un bivio!
La logica del profitto che mantiene in vita questa economia, così cieca e ostinata, ridurrà il nostro pianeta a un territorio arso, allagato e devastato, chi ne pagherà maggiormente le conseguenze saranno le prossime generazioni e le persone che già soffrono di povertà e indigenza.
Sotto il naso di tutti la puzza di inquinanti, sotto gli occhi di tutti foreste bruciate, ghiacciai ormai scomparsi, terra infeconda e oceani colmi di plastiche. Siamo a un bivio: eco-socialismo o barbarie! Solo attraverso un cambiamento totale di approccio verso la natura potremo ottenere un effetto benefico: i compromessi annacquati di conferenze sul clima, i buoni propositi, gli appelli alla responsabilità individuale, le solite promesse che non verranno mantenute, non ci portano altro che altre sciagure e peggioramenti costanti.
La “crescita economica” non può continuare all’infinito: le risorse non ci sono e occorre un passo indietro, una presa di coscienza ben chiara. Le migrazioni, dovute al riscaldamento climatico, faranno sì che le tensioni internazionali (e interne) portino a guerre civili. Per questo è importante capire che i cambiamenti climatici sono LA minaccia più urgente: sia ecologica che sociale! I nostri obbiettivi sono chiari: gli interessi per il bene comune (e la salute è il principale bene pubblico!) devono essere prioritari, occorre introdurre criteri ecologici in ogni progetto, senza indugio.
Il surriscaldamento globale sta diventando irreversibile, le popolazioni sono costrette ad emigrare, il mare fagociterà gran parte delle coste, l’inquinamento atmosferico provocherà ancora più morti (sono già 9 milioni ogni anno!).
Dobbiamo mobilitarci per mettere un freno a quello che sta succedendo, dobbiamo continuare e consolidare il movimento di contestazione che deve tradursi nella esigenza di un’altra società, in rottura con i modelli economici capitalisti, energivori e inquinanti. Il tutto in una prospettiva eco-socialista.
Abbattiamo il capitalismo portatore di distruzione sociale e ambientale. Un altro mondo, vivibile e giusto, è necessario e urgente!
Contro il sessismo e la cultura patriarcale
La nostra società si fonda sullo sfruttamento del lavoro e della vita delle donne. La nostra cultura è costruita su stereotipi di genere che ingabbiano donne e uomini dentro schemi predefiniti.
Questi stereotipi condizionano le scelte formative, professionali e di vita.
-18% in busta paga, violenza economica e molestie quotidiane
Le ragazze vengono indirizzate verso un ventaglio ristretto di professioni, come venditrice, estetista, assistente di cura, educatrice d’asilo, che sono anche quelle meno retribuite e con condizioni di lavoro più precarie. Per i maschi le possibilità di scelta sono più ampie e si trovano in settori socialmente e economicamente migliori. Questo permette al sistema economico di avere a disposizione una manodopera femminile che svolge lavori essenziali in condizioni di lavoro precarie e con salari molto bassi.
Ma anche quando le donne svolgono lo stesso lavoro degli uomini e hanno la loro stessa formazione, vengono pagate mediamente il 18% in meno dei loro colleghi maschi. Anche se attive professionalmente le donne si fanno ancora carico della maggior parte del lavoro domestico non retribuito (cura della casa, dei figli e delle figlie e dei famigliari anziani o malati). E dopo una vita passata a lavorare dentro e fuori casa, le pensioni delle donne sono ancora molto più basse di quelle maschili. La svalorizzazione non è solo economica. Nella nostra società è la stessa vita delle donne che sembra valere di meno. Aggressioni, insulti, molestie, violenza caratterizzano la quotidianità delle donne, allo scopo di mantenere il controllo sul loro corpo e sulla loro vita, relegandole alla loro funzione riproduttiva.
Anche le persone LGBTQ+ sono vittime di queste violenze che negano loro qualsiasi diritto.
Vogliamo dunque batterci contro tutte le violenze e le discriminazioni nei confronti delle donne e delle persone LGBTQ+, nel mondo del lavoro, all’interno della famiglia, nelle scuole e nello spazio pubblico.
Contro sessismo e cultura patriarcale chiediamo:
- l’introduzione di un salario minimo legale di 4’500 fr mensili lordi (per 13 mensilità) per un lavoro a tempo pieno relativo a 40 ore settimanali valido in tutti i settori e per tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici;
- l’istituzione di una sezione specifica dell’ispettorato del lavoro dedicata al lavoro delle donne per controllare sistematicamente condizioni di lavoro e di salario;
- il potenziamento delle strutture di socializzazione del lavoro di cura (asili nido, dopo scuola, ecc) gestite dall’ente pubblico e aperte a tutte le famiglie che ne hanno bisogno;
- Il potenziamento delle strutture di accoglienza e ascolto delle donne e delle persone LGBTQ+ vittime di violenza e l’introduzione di un numero cantonale di emergenza per le vittime di violenza domestica e molestie.
Contro dumping e rincaro, difendiamo i nostri salari!
Il potere d’acquisto di chi vive e lavora in Ticino continua a peggiorare, con un’accelerazione marcata negli ultimi due anni.
I responsabili dell'attacco ai salari e attacco alle pensioni
Responsabili il padronato, ma anche la classe politica che governa: a lei si devono gli aumenti delle tariffe elettriche in molte città, ai suoi lobbisti in Parlamento si deve la possibilità infinita delle casse malati di aumentare i premi; a lei si devono leggi che in Ticino vedono il 30% dei pensionati vivere in una condizione di povertà; a lei si devono leggi che permettono ai datori di lavoro di non compensare i salari all’inflazione.
È questo il mondo, il capitalismo reale del padronato che lo domina con la collaborazione dei partiti politici al governo, che spinge salariati, pensionati e le loro famiglie a un’esistenza sempre più grama. L’attacco ai salari comprende anche l’attacco alle pensioni che altro non sono che una forma indiretta di salario. Sia nel settore pubblico che in quello privato questo attacco si concentra soprattutto sulla diminuzione del tasso di conversione, sull’aumento dell’età pensionabile, sul taglio alle prestazioni.
Per difendere i nostri salari chiediamo:
- l’introduzione di un salario minimo legale di 4’500 fr mensili lordi (per 13 mensilità) per un lavoro a tempo pieno relativo a 40 ore settimanali e la compensazione del rincaro per tutti i salari del settore pubblico e privato
- misure per controllare il mercato del lavoro, potenziando l’ispettorato del lavoro, introducendo l’obbligo di notifica di qualsiasi contratto di lavoro (e delle relative modifiche) per quel che riguarda orario di lavoro e salario: tutto questo per tentare di arginare il dumping salariale e sociale (come chiede la nostra iniziativa popolare)
- il divieto di licenziare per motivi economici
- il divieto di attività per le agenzie di lavoro interinale e il potenziamento del collocamento pubblico
- il rafforzamento dei diritti dei salariati sui luoghi di lavoro
- un aumento del 20% delle rendite pensionistiche, la diminuzione dell’età di pensione e l’indicizzazione annuale di tutte le rendite all’aumento del costo della vita
I soldi ci sono, facciamo pagare i ricchi!
Oramai tutti hanno ceduto all’ideologia del meno imposte. “Destra” e “sinistra” fanno a gara nel dichiarare di voler “alleviare” il fardello che graverebbe sul “ceto medio”, cioè redditi netti tra 100’000 e 150’000 franchi.
SA, super ricchi e grandi patrimoni: i veri parassiti
Il risultato di questa propaganda che si trasforma in proposte di sgravi (da quelli sulle imposte di circolazione, a quelle sulle deduzioni per la cassa malati) è che vengono bruciate decine di milioni di franchi senza che questi “sgravi” apportino un serio e concreto aiuto ai redditi che più ne hanno bisogno, essendo inoltre trascurabili e del tutto ininfluenti per gli alti redditi e persino per il cosiddetto “ceto medio”.
Ma il venir meno di questi milioni apre la via alle politiche di risparmio, ai tagli alla quantità e alla qualità dei servizi pubblici: scuole, ospedali, aiuto domiciliare, case anziani. I dati più recenti sulla concentrazione del patrimonio in Ticino ci dicono che, nel nostro Cantone, poco più del 2,5% dei contribuenti (coloro che dichiarano un patrimonio netto superiore a un milione di franchi) detengono quasi la metà della fortuna (per l’esattezza il 43,1%), mentre il 46,9% dei contribuenti (quelli che dichiarano una sostanza inferiore ai 50’000 franchi) possiede appena il 2,3% di tutta la ricchezza.
Mentre governo e partiti borghesi rilanciano nuove proposte di sgravi, appare più che mai necessario andare a cercare i soldi là dove ci sono. Nelle tasche di chi ha grandi capacità contributive, delle SA, dei grandi patrimoni.
Per una imposizione più equa e sociale chiediamo:
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l’aumento dell’aliquota sugli utili delle persone giuridiche al 15%
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il raddoppio dell’aliquota sul capitale delle persone giuridiche
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l’aumento delle aliquote fiscali sulle persone fisiche per i redditi imponibili superiori ai 100’000 franchi
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la pubblicità di tutti i dati fiscali
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l’abolizione dell’imposizione forfettaria (per i sempre più presenti ricchi stranieri)
Mobilitiamoci contro i venti di guerra!
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, ha rilanciato i venti di guerra in Europa e nel mondo. Questa guerra ha già causato sofferenze incalcolabili, come tutte le guerre che ogni forma di imperialismo scatena, da quello russo a quello statunitense a quello cinese.
Cittadine e cittadini ostaggi di interessi distruttivi
Non c’è nessun rispetto per i diritti umani, per le donne, per la popolazione civile, per le infrastrutture civili, addirittura vengono attaccate e messe in pericolo delle centrali nucleari. Gli interessi di queste forze, governi e regimi, non corrispondono assolutamente ai bisogni e alle aspirazioni dei popoli. Questo è quanto ci offre il capitalismo! In questo quadro noi ribadiamo, attraverso la nostra attività politica, che valori quali l’autodeterminazione dei popoli, la difesa delle libertà e dei diritti di ognuno, il rifiuto della guerra come strumento per risolvere le divergenze, non sono negoziabili! Spese e investimenti nel settore degli armamenti hanno ripreso ad aumentare, Svizzera compresa. Dobbiamo batterci per impedire che il settore degli armamenti in Svizzera riesca a portare a termine questi progetti. Dobbiamo batterci per evitare che, ancora una volta,cittadinie cittadine debbano pagarne le conseguenze con tagli massicci della spesa pubblica, che inevitabilmente verranno decisi dalle forze politiche che governano questo paese se aumenteranno le spese militari! Dobbiamo batterci per evitare un ulteriore avvicinamento della Svizzera alla NATO!
Tutte le guerre hanno ricadute drammatiche a livello umano, sociale, ambientale, economico. Solo a livello ambientale, la guerra in Ucraina si sta rivelando un disastro per i prossimi decenni, forse secoli. Il capitalismo reca con sé oggi una tale forza distruttiva da rendere assolutamente necessaria un’opposizione irriducibile e senza compromessi alle sue politiche.
Questa è l’unica strada praticabile per offrire al mondo una prospettiva diversa, una prospettiva fatta di pace, giustizia e diritti. Il Movimento per il socialismo è inserito in questa dinamica e si batte per un cambiamento radicale di società.
Per una scuola di tutte e di tutti
Negli ultimi anni, la scuola è stata al centro di una politica di risparmio. A questo si accompagna una serie di riforme tutte tese a renderla sempre più orientata verso le esigenze del mercato.
La perdita del valore formativo e culturale della scuola
Persino il progetto “La scuola che verrà”, pur dichiarandosi fondato su criteri apparentemente democratici e progressisti come quello di “inclusione”, in realtà veicolava questa idea della necessità della scuola di adeguarsi alle esigenze del mercato e della competitività (non a caso la scuola che ci si vuole servire è quella delle competenze, cioè delle acquisizioni atte a permettere ai giovani di competere sul mercato del lavoro). L’attuale discussione sul “potenziamento” dell’insegnamento del tedesco rientra in questa logica utilitaristica.
Da qui la perdita del valore formativo e culturale della scuola, che pregiudica sia le condizioni di apprendimento che quelle di insegnamento. Invece noi vorremmo una scuola fondata sulle conoscenze, sull’acquisizione di sapere critico, in grado di rivolgere a tutti lo stesso messaggio, cercando gli strumenti per farlo nel modo più efficace.
Per una scuola davvero inclusiva:
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la diminuzione a 14 del numero massimo di allievi/e nelle scuole dell’infanzia, a 16 nelle scuole elementari (1 ciclo), a 18 nelle scuole elementari (2 ciclo), 20 nelle altre scuole
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il potenziamento cantonale e la generalizzazione delle infrastrutture di carattere sociale a tutti gli ordini di scuola (mense, palestre, etc.), delle strutture di cura e di studio assistito (pre-scuola e doposcuola), delle colonie diurne durante vacanze scolastiche
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l’abolizione dei livelli e il diritto di tutti ad accedere a tutte le formazioni scolastiche e professionali
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il potenziamento delle strutture del sostegno pedagogico e la costituzione di un servizio di sostegno sociale in tutte le strutture scolastiche
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L’introduzione di un salario minimo iniziale di almeno 1’000 franchi per gli apprendisti
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il miglioramento delle condizioni di lavoro e di salario degli insegnanti, oggi fanalino di coda a livello nazionale, anche attraverso la diminuzione delle ore di insegnamento
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l’aumento dei finanziamenti per le borse di studio e l’abolizione delle tasse universitari
Giù le mani dagli ospedali, migliori condizioni di lavoro per il personale
Da anni governo e partiti maggiori tentano di razionare il sistema delle cure riducendo l’offerta sanitaria (chiusura di ospedali, di pronto soccorso, soppressione di letti, concentrazione di reparti, etc.).
Dobbiamo opporci a questi smantellamenti, per la nostra salute!
Il tutto all’insegna della logica mercantile che vorrebbe sviluppare ulteriormente la medicina privata. A tutto questo si aggiunge la debolezza di un sistema sanitario che non riesce ad organizzarsi come rete e a rispondere in questo modo alle esigenze delle cittadine e dei cittadini.
Dobbiamo opporci con decisione ai processi di riorganizzazione (pensiamo a quello nel settore dell’ostetricia e della ginecologia a Locarno promosso dal gruppo Moncucco e dall’EOC) che tendono a diminuire l’offerta sanitaria ai cittadini e alle cittadine.
La crisi Covid ha mostrato quanto sia necessario poter disporre di un numero sufficiente di strutture sanitarie, di posti letto normali o in terapia intensiva, così come nel settore delle cure ambulatoriali. In questo settore, ormai diventato prioritario e fondamentale, i privati hanno di fatto preso il sopravvento – cliniche e centri medici che lasciano al pubblico – pronto soccorsi- solo i casi meno redditizi e più complicati.
Ma non potrà esserci miglioramento dell’offerta sanitaria pubblica e del sistema delle cure senza un miglioramento quantitativo e qualitativo delle condizioni di lavoro del personale.
Il personale sanitario continua a lavorare in condizioni difficili. Ritmi intensi, carenza di effettivi, stress, salari insufficienti: sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano il lavoro quotidiano di cura in ospedali, case per anziani, servizi domiciliari. Una situazione sempre più difficile che spinge le lavoratrici e i lavoratori del settore a cercare soluzioni individuali (lavoro parziale), oppure ad abbandonare la professione (sono circa 3’500 le infermiere e gli infermieri che ogni anno lasciano la professione).
Per la nostra salute vogliamo:
-
Il potenziamento delle strutture sanitarie pubbliche e la salvaguardia degli ospedali regionali
-
Il miglioramento delle condizioni di lavoro e salariali del personale per rendere la professione nuovamente attrattiva contribuendo in questo modo a migliorare la qualità delle cure
L’unico partito ad essersi sempre opposto ai tagli alle pensioni
Nel 2012 il Parlamento cantonale votava la nuova legge sulla cassa pensione del personale pubblico e para-pubblico del Cantone creando, in sostituzione della vecchia cassa pensione, l’Istituto di Previdenza del Cantone Ticino (IPCT).
Giochi in borsa e tagli alle rendite
Con quella legge si decideva di passare da un sistema fondato sul cosiddetto primato delle prestazioni a uno fondato sul primato dei contributi.
Questo cambiamento ha comportato allora, per gli assicurati, una diminuzione delle future rendite di circa il 20%. Oltre a questo taglio, il Parlamento decise che il Cantone, cioè il datore di lavoro, doveva limitarsi a sostenere l’IPCT con una cifra ridicola, alcune centinaia di milioni di franchi. Cifra molto inferiore a quanto gli altri cantoni avevano immesso nelle relative casse E questo dopo decenni in cui il datore di lavoro (Cantone e gli altri enti affiliati a IPCT) aveva sistematicamente diminuito il proprio sostegno alle future pensioni dei dipendenti.
Quella decisione venne avversata da Lega e UDC che volevano colpire ancora più a fondo i dipendenti e dall’MPS che riteneva quella decisione assolutamente inaccettabile e tale da non risolvere i problemi dell’IPCT. Tutti gli altri partiti (e purtroppo anche le organizzazioni sindacali) l’accolsero con grande soddisfazione.
Dopo 10 anni i problemi sono ancora tutti lì. Il Parlamento (ancora una volta tutti d’accordo, anche Lega e UDC) ha pensato di risolvere i problemi dell’IPCT invitandola (?) a “giocarsi in borsa” le future pensioni dei dipendenti. Infatti, con la sola opposizione dell’MPS, il Parlamento ha deciso che il datore di lavoro (il Cantone) avrebbe concesso un “prestito” di 700 milioni all’IPCT che potrà “far fruttare” in borsa nei prossimi decenni per migliorare le proprie finanze…e migliorare le rendite. Un’operazione che, evidentemente, è fallita ancora prima di nascere…
Accanto a ciò vi è stata la decisione di tagliare il tasso di con – versione, portandolo dall’attuale 6,17% al 5%: il che significa un ulteriore taglio del 20% delle future rendite. Una decisio – ne inaccettabile contro la quale il personale si sta, da mesi ormai, mobilitando.
Senza dimenticare la decisione, adottata dal CdA dell’IPCT dove sono ben rappresentanti i partiti di governo, di tagliare le future rendite vedovili del 20-30%-l Movimento per il Socialismo è stato l’unico partito che da sempre si è battuto sistematicamente contro la logica dell’i – nevitabilità dei tagli alle pensioni. Lo sta facendo difenden – do le pensioni degli assicurati all’IPCT così come lo ha fatto a Bellinzona contestando il taglio delle rendite e del pensio – namento anticipato dei dipendenti comunali.
Nel corso della prossima legislatura cantonale la difesa delle pensioni degli assicurati IPCT sarà al centro del dibattito po – litico; un’importante presenza dell’MPS in Gran Consiglio permetterà di dar ancora più voce all’impegno in difesa delle pensioni.
Per questa ragione vi invitiamo calorosamente a votare e far votare la lista MPS.
Ecco come ci siamo opposti allo scempio
La lotta dell’MPS contro la riduzione delle rendite per gli assicurati all’IPCT non comincia certo oggi. Siamo attivi, assieme ad altri, nelle mobilitazioni che contestano le ultime decisioni dell’IPCT; ma il nostro impegno nella difesa delle rendite ha praticamente preso avvio con la nascita stessa dell’IPCT in sostituzione della vecchia cassa pensione. Qui di seguito i punti principali di questa nostra azione.
- Nel 2012 abbiamo contestato, praticamente da soli in Parlamento, il passaggio dal primato delle prestazioni a quello dei contributi che ha comportato un taglio alle future rendite del 20%.
- Nel 2020 abbiamo presentato – candidato Pino Sergi – una lista alternativa (a quelle sindacali) per l’elezione del consiglio di amministrazione di IPCT. Quella lista – che per un soffio non riuscì a ottenere un seggio- era denominata “Trasparenza, Solidarietà, Partecipazione”, e già allora evocava la necessità di una forte opposizione in seno al CdA contro il taglio al tasso di conversione – già ventilato – e al taglio delle rendite vedovili.
- Nella primavera del 2021 abbiamo lanciato un appello al CdA dell’IPCT – sottoscritto da circa 1500 persone assogget – tate alla cassa – che chiedeva la rinuncia al taglio del tasso di conversione e alla diminuzione delle rendite vedovili (riduzione del 20-30% delle rendite).
- Nella primavera del 2022 ci siamo opposti in Parlamento (soli contro tutti) al “prestito” di 750 milioni deciso in alterna – tiva al versamento da parte del datore di lavoro (il Cantone) di 500 milioni all’IPCT come contributo per migliorare la situazione patrimoniale della cassa. In quell’occasione abbiamo presentato una serie di proposte parlamentari a difesa delle rendite (aumento dei contributi del datore di lavoro, riduzione dell’obiettivo di copertura dal 85 al 80%, aumento della rendita sostitutiva AVS, ecc.)
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