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Il processo di santificazione di Marina Masoni è ormai compiuto. Avviato dal fedele Righinetti, rilanciato dal fedele Bignasca, è a lei che ormai si guarda per risolvere i problemi del paese. E si sa: una santificazione in vita amplifica il carattere taumaturgico del richiamo alle sue opere.
Tutto questo avviene proprio mentre una delle sue creazioni più celebrate, la Fashion Valley ticinese, si rivela — sotto il profilo dello sviluppo industriale — un autentico fallimento.
Il povero Pietro Martinelli (a cui va la nostra stima) è stato trascinato in quest’operazione come co-protagonista di una “collaborazione” con la Santa, che avrebbe portato immensi benefici per il paese. Basterà ricordare che quell’“accordo” nacque da uno scambio tra sussidi di cassa malati e sgravi fiscali per i cosiddetti ceti medi. Una prospettiva che oggi farebbe (e fa) giustamente inorridire lo stesso PS.
Il processo di santificazione di Marina Masoni è ormai compiuto. Avviato dal fedele Righinetti, rilanciato dal fedele Bignasca, è a lei che ormai si guarda per risolvere i problemi del paese. E si sa: una santificazione in vita amplifica il carattere taumaturgico del richiamo alle sue opere.
Tutto questo avviene proprio mentre una delle sue creazioni più celebrate, la Fashion Valley ticinese, si rivela — sotto il profilo dello sviluppo industriale — un autentico fallimento.
Il povero Pietro Martinelli (a cui va la nostra stima) è stato trascinato in quest’operazione come co-protagonista di una “collaborazione” con la Santa, che avrebbe portato immensi benefici per il paese. Basterà ricordare che quell’“accordo” nacque da uno scambio tra sussidi di cassa malati e sgravi fiscali per i cosiddetti ceti medi. Una prospettiva che oggi farebbe (e fa) giustamente inorridire lo stesso PS.
Ancora una volta assistiamo alla dimostrazione di come il potere giudiziario di questo paese resti agganciato solidamente a quello politico. Le nomine dei magistrati continuano ad essere, malgrado le dichiarazioni di principio, frutto di logiche partitiche e di sponsorizzazioni personali più che di reali competenze.
Ce lo ricorda, ancora una volta, la vicenda della candidatura Belotti, sostenuta in modo spudorato dal presidente del Consiglio della Magistratura Damiano Stefani presso alcuni parlamentari, conferma che la magistratura resta “cosa nostra”, dominio dei partiti e dei loro equilibri.
Un sistema incancrenito che si fa beffe delle solenni dichiarazioni di indipendenza e separazione dei poteri. Roba da manuali di civica.
Patetico l’amarcord pilotato per il trentesimo dell’entrata in governo della Lega e dell’elezione della prima donna in governo, Marina Masoni. Proprio mentre tutti si rendono conto di quali sprechi abbiano rappresentato per il Cantone progetti legati al suo nome (a cominciare dalla Fashion Valley), il vice-direttore del CdT ne esalta la capacità “di dialogare”, di “proporre soluzioni concrete” e la “stima reciproca” con il “marxista” Martinelli.
Per noi, quelli sono gli anni in cui l’offensiva neoliberista a livello nazionale e cantonale ha preso il largo: dall’approvazione della LAmal alla logica privatistica di FFS e PTT, dal freno all’indebitamento all’offensiva fiscale nel nostro Cantone, con l’imbroglio della “simmetria dei sacrifici”. Molte di quelle scelte segnano ancora oggi negativamente la vita quotidiana di tutti noi.
Ma la storia, si sa, la scrivono sempre i vincitori.
Due rappresentanti del governo di questo paese andranno a baciare il culo a Trump, per usare la fine espressione con la quale egli ha indicato quelli che tutti si ostinano a chiamare negoziati. Una espressione che illustra in modo chiaro quali sia l’atteggiamento con il quale Trump intende negoziare.
Ma davvero c’è da stupirsi? Non troppo. La Svizzera è da tempo abituata a scendere a patti con i potenti di turno — siano essi sfruttatori, dittatori o rappresentanti del grande capitale — sempre, naturalmente, “per il bene del paese”. Che poi, tradotto, significa per il bene di banche, multinazionali e aziende esportatrici di vario genere.
Questa volta l’obiettivo è proteggerle dai possibili effetti di dazi e misure protezionistiche, affinché non siano mai costrette — orrore! — a ridurre i propri margini di profitto.
Ecco quali sono gli interessi per i quali ci si umilia a baciare il culo a Trump.