Il pericolo delle posizioni di Trump su Gaza e Palestina

È davvero sorprendente come gli esseri umani abbiano la capacità di immaginare e rappresentare le cose in un modo che si adatti ai loro desideri, perfino ai loro sogni, anche se la rappresentazione è in netto contrasto con la realtà. Ma la realtà è ostinata, come si dice, e presto impone la sua verità agli illusionisti e ai deliranti. Sono passati solo pochi giorni da quando abbiamo messo in guardia dal mito che si è creato attorno alla “pressione” di Donald Trump su Netanyahu per costringerlo ad accettare l’accordo di cessate il fuoco a Gaza e sull’intenzione del nuovo presidente americano di imporre un accordo per la Striscia di Gaza per terminare la guerra, e persino per l’intera questione palestinese, che sia compatibile con i diritti del popolo palestinese. Finché il nuovo presidente degli Stati Uniti non ha decisamente dissipato queste illusioni.
Il fatto è che il mito sopra menzionato si è diffuso in modo sorprendente, non solo nei media internazionali e arabi, ma anche tra le fila di Hamas, dove dilaga quello che viene chiamato “wishful thinking” (un pensiero pieno di aspettative), che confonde il desiderio con la realtà. Per esempio, Musa Abu Marzouk, uno dei leader del movimento residente in Qatar, poche ore dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco domenica 19 di questo mese, in un’intervista telefonica con il New York Times, ha fatto dichiarazioni, descritte dal giornale come “grandi elogi” verso Trump, che ha descritto come un presidente “serio” che ha insistito nel “porre fine alla guerra” e dichiarando che “Hamas” era pronto a dialogare con lui per raggiungere “un’intesa su tutto”. Abbiamo visto anche i leader dell’estrema destra sionista credere al mito sostenuto da Netanyahu per illuderli che Trump lo abbia “costretto” ad accettare l’accordo, e alcuni di loro esprimono la loro delusione nei confronti del presidente americano, e molti israeliani li seguono in questo delirio, compresi quelli critici, come un articolo sul quotidiano “Haaretz”, del15 di questo mese, che ha espresso il suo apprezzamento perché era diventato chiaro che Trump, secondo l’articolo, non era il “salvatore” come speravano i sionisti di estrema destra.
Sono queste le illusioni contro cui abbiamo messo in guardia la scorsa settimana su queste pagine, affermando che il mito intessuto attorno a Trump è “una totale assurdità!” Come se il presidente americano che ha reso il più grande servizio a Israele prima del suo successore, Joe Biden, avesse completato il suo atto, e ora tornato alla presidenza circondato da una squadra di sionisti cristiani ed ebrei, alcuni dei quali sono più a destra di Netanyahu, come se quest’uomo, leader dell’estrema destra mondiale e politico e reazionario senza limiti, “per magia, o forse per divina provvidenza, fosse diventato un antisionista e un sostenitore del popolo palestinese” (“Due Miti relativi al cessate il fuoco a Gaza”).
L’estrema destra sionista ha applaudito le dichiarazioni di Trump, che costituiscono la prima posizione espressa da un presidente americano a sostegno del progetto di realizzare il “Grande Israele”.
Non appena si è conclusa la cerimonia di insediamento, lunedì della scorsa settimana, Trump ha dichiarato in un’intervista alla Fox News di non essere sicuro di attuare l’accordo nelle sue tre fasi perché la guerra è “la loro guerra” (cioè quella degli israeliani). Il che significa che la decisione spetta a loro, per poi passare a elogiare la spiaggia e il clima della Striscia di Gaza, che gli hanno ricordato il consiglio dato da suo genero Jared Kushner lo scorso marzo ai leader dello stato sionista di spostare la popolazione di Gaza a il Negev e investire nelle spiagge della Striscia di Gaza per il turismo. Trump ha sorpreso il mondo domenica scorsa quando ha auspicato di fronte ai giornalisti che la popolazione di Gaza venisse trasferita fuori dalla Striscia, in un luogo dove “possano vivere in pace” (come se fosse preoccupato per la loro sicurezza), invitando i governi di Egitto e Giordania ad accoglierli in un modo che avrebbe permesso che la Striscia fosse “ripulita” dalla sua popolazione. Poi Trump è tornato in ballo lunedì sera, insistendo nel chiedere all’Egitto e alla Giordania di accogliere la popolazione di Gaza nonostante le dichiarazioni dei due governi che hanno respinto tale invito, alludendo agli aiuti americani ai due Paesi che lo fanno aspettare a rispondere al suo invito.
Naturalmente, l’estrema destra sionista ha applaudito le dichiarazioni di Trump, che costituiscono la prima posizione divulgata da un presidente americano che sostiene il loro progetto di realizzare il “Grande Israele” completando la Nakba del 1948 attuando la “pulizia etnica” dei territori occupati nel 1967. Questo è un cambiamento molto pericoloso, soprattutto perché è stato accompagnato dalla cancellazione da parte di Trump delle sanzioni dell’amministrazione Biden contro i coloni ebrei estremisti in Cisgiordania e dalle restrizioni della stessa amministrazione sulla consegna delle bombe più letali per i civili e gli edifici, ciascuna delle quali contiene circa una tonnellata di esplosivo.
Se osserviamo tutti questi annunci e ricordiamo l’”Accordo del secolo” formulato da Kushner nel 2020 e adottato da Trump e accolto da Netanyahu, mentre la stessa Autorità di Ramallah lo ha respinto per la sua grave ingiustizia nei confronti dei diritti palestinesi, allora il futuro della causa palestinese è completamente oscurata di fronte alla più pericolosa coincidenza della storia tra il governo più a destra sia nello Stato di Israele che negli Stati Uniti d’America, padrino del primo e sua principale fonte di forza. Siamo entrati in una fase storica in cui l’estrema destra sionista vede un’opportunità d’oro per realizzare il suo sogno di espellere la maggior parte dei palestinesi dall’intera terra tra il mare e il fiume e intensificherà le sue attività di insediamento e la “pulizia etnica” in questa direzione, mentre il suo alleato americano cerca di aiutarlo facendo pressione sui regimi arabi affinché contribuiscano al raggiungimento del progetto, o facciano pressione sugli altri Paesi del mondo affinché accolgano i palestinesi sfollati sulle loro terre.
Ciò che stiamo dicendo qui non è pessimistico, ma piuttosto, purtroppo, realistico. L’equilibrio di potere e le circostanze politiche internazionali e regionali non sono mai stati così favorevoli al progetto dell’estrema destra sionista come lo sono oggi. La resistenza palestinese a questo progetto non ha mai dovuto affrontare circostanze così estremamente difficili. L’unica speranza rimane che il movimento globale di solidarietà con il popolo palestinese cresca al punto da poter effettivamente influenzare il corso degli eventi e che la regione araba assista a nuovi sviluppi o rivolte popolari che contribuiscano a ostacolare il progetto sionista-trumpiano. Si tratta di desideri legittimi che ci motivano a continuare la lotta mantenendo viva la speranza, indipendentemente da quanto siano limitate le possibilità di realizzarli. Proiettare i desideri sulla realtà porta a disorientamento e frustrazione.

*Traduzione dall’originale arabo pubblicato da Al-Quds al-Arabi il 28 gennaio 2025 a cura della redazione di Rproject.it.