Pubblichiamo la presa di posizione del SOA in merito alla proposta del Municipio di Lugano di versare una indennità per i danni materiali subiti dai frequentatori del Macello al momento dello sgombero avvenuto nel 2021. (Red)
Ovvero come il Municipio di Lugano preferirebbe spendere 35.000 franchi, dopo gli oltre 2 milioni di franchi di uno sgombero e abbattimento, piuttosto che riconoscere uno spazio autogestito in città.
Vedi, certe cose che succedono lasciano tante tracce di quello che è accaduto. Ma sono tracce che non tutti possono vedere, ma solamente quelle persone che hanno la luccicanza, solo loro. (Shining, Dick Halloran)
La politica del municipio di Lugano negli ultimi anni assomiglia sempre più a un film dal montaggio discontinuo, con aspirazioni che oscillano tra il distopico e l’horror, ma con esiti sempre più grotteschi. Peraltro, data la nostra grande considerazione per il cinema di genere, vorremmo cogliere l’occasione per chiarire alcuni aspetti che ci riguardano e fare il punto sulla situazione a quasi quattro anni dal secondo – e a oltre quattro dal primo – sgombero del CSOA il Molino dagli spazi dell’ex macello. O, se preferite, il passaggio dal distopico progetto Matrix-USI, all’horror movie “Shining Lugano”, con la preziosa, quanto oscura partecipazione, del Dipartimento istituzioni e alcol test e la claudicante comparsa del Procuratore Generale Pagani.
Se non altro perché le tracce di quello che è accaduto, a differenza di quelle di Dick Halloran, le possono vedere ancora tutt*, in viale Cassarate 8, protette da recinzioni posticce e blocchi di cemento. Macerie che, in questi ultimi 4 anni, il Molino, divenuto Strade Occupate Autogestite (SOA), ha riportato costantemente in giro per la città Ticino, continuando a tenere aperta la frattura e ribadendo le necessità di spazi d’autogestione e conflitto.
Allo stato attuale, l’inchiesta sullo sgombero e l’abbattimento della struttura abitativa del CSOA – coordinata dal PG Pagani, sempre più ansioso di chiudere in qualche modo la vicenda dopo un primo agghiacciante tentativo di archiviazione (eravamo già nel grottesco) – propone di avvalersi di un parere tecnico esterno sulle possibili alternative all’abbattimento. In attesa di conoscere gli esiti di questa perizia ricapitoliamo i vari passaggi per un po’ di, doverosa, chiarezza.
Dopo l’abbattimento notturno del 2021, l’Associazione Alba avvia una vertenza civile nei confronti del municipio e richiede il risarcimento dei danni di tutto il materiale andato distrutto sotto le macerie, quantificandolo nella cifra forfettaria di 100’000 franchi. Da quel momento, per salvaguardare le prove, l’intera area è messa sotto sequestro dalla procura ai fini dell’inchiesta.
Verosimilmente solo per porre fine alla questione, ma soprattutto per limitare i costi, sbloccare lo smaltimento delle macerie e non far naufragare definitivamente il progetto Matrix, il municipio, che inizialmente aveva respinto la pretesa, recentemente accetta di pagare una cifra di risarcimento. Certo è che non si risana così facilmente la ferita della perdita di uno spazio, ed è goffo il tentativo di riscrivere la storia. Anche perché, il valore di quel luogo non era determinato tanto dai suoi elementi materiali, quanto più dal processo di costruzione e dalle esistenze che lo avevano attraversato, lasciandovi segni di sé. Valore prezioso e ben visibile ancora oggi all’interno dell’ex-macello, conservatosi nonostante il nulla cosmico, con straordinaria tenacia e resistenza.
E sebbene ci sia chiaro che con questa mossa il municipio di Lugano voglia anche togliersi dal gobbo qualche denuncia per danni, l’assemblea del SOA, decide comunque di acconsentire al dissequestro delle macerie e di “ritirare” la denuncia civile dietro un rimborso di 35’000 franchi, come risarcimento dei danni materiali o, in alternativa, della messa a disposizione di uno spazio con le caratteristiche adeguate e da noi ritenuto idoneo per l’autogestione. Cosa che – vogliamo sottolineare – riguarda e non cancella in alcun modo le responsabilità politiche, tanto meno l’accusa di abuso di autorità e la messa in pericolo della popolazione di cui, i vertici istituzionali comunali e/o cantonali, dovranno rispondere.
Allo stesso modo siamo pure coscienti che lo sblocco delle macerie (che sarebbe comunque prima o poi avvenuto) consentirà anche di avanzare con l’inutile e imbarazzante progetto Matrix, che prevede una spesa di almeno 26.5 milioni di franchi, in costante aumento, per l’ennesimo luogo standardizzato, radical-chic borghesuccio della “Shining Lugano”, dove più paghi meglio è e guai a parlare troppo forte: esattamente come nel bar dell’Overlook Hotel.
Del valore venale dei soldi ci è sempre interessato poco, ma nell’evenienza sapremo comunque farne buon uso, come sempre fatto nei benefit di solidarietà con realtà di lotta e resistenza. In ogni caso, per citare una vecchia modalità con cui si regolavano i conti in passato: avrete pagato (nemmeno troppo caro), non avete ancora pagato tutto! Un risarcimento degno sarebbe inestimabile – non proprio come “i gioielli della corona” recentemente espropriati – ma non siamo distanti. Di stimabile e computabile ci saranno invece i costi per la rimozione delle macerie causate dalle loro stesse ruspe, a cui il comune avrebbe dovuto provvedere, prima o dopo e che vanno ad aggiungersi ai costi di messa in sicurezza generale dell’area e a quelli della prima rimozione di parte delle macerie già alloggiate in alcune “benne” di una discarica di Mendrisio. Anche questo, per usare il gergo di una certa parte politica: “a spese dei contribuenti”. Che poi vuol dire a spese nostre. Altro esempio di tracce che non tutti possono vedere ma che certamente contribuiscono a quello che altri hanno definito lo sgombero più caro della storia (https://naufraghi.ch/la-demolizione-piu-cara-della-storia/). E che pensiamo di poter quantificare attorno ai due (2!) milioni di franchi, senza dimenticare i costi delle numerose e dispendiose inchieste penali relative a quei fatti e sfociate finora in nulla.
Una montagna di soldi buttati che, al di là di non aver risolto un bel niente, ci pare importante ricordare soprattutto a quella parte politico-mediatica-istituzionale che, criminalizzando e riducendo diritti di espressione e di autodeterminazione politica, dal basso, a spese contabili per il loro elettorato, ad ogni manifestazione si pronuncia con editoriali o interpellanze sui costi presunti per la (loro) sicurezza.
Quando è invece palese che in questo territorio occorre sempre e con urgenza quello spazio in grado di esprimere e dare luogo alle necessità, alle proposte, all’energia e all’espressione di conflitto delle persone, a cui l’unico spazio libero del genere è stato tolto.
In questi ultimi anni di Strade Occupate e Autogestite abbiamo saputo individuare, recuperare, attraversare, liberare, diversi luoghi abbandonati a Lugano. Edifici pubblici e privati, spesso posizionati in luoghi di grande pregio fondiario, presi prigionieri dalla speculazione edilizia, che li preferisce vuoti e inerti. Quindi se il municipio vorrà effettivamente riconoscere le rivendicazioni di quella parte della popolazione che continua a vivere e a resistere – nonostante i Pelli, i Foletti, i Buhler e i Quadri (tristi e smunti), dovrà in primo luogo accettare che possa esistere in città uno spazio per questa realtà e per questa resistenza.
Vi piaccia o no, come più volte ripetuto, “qui siamo e qui rimaniamo”: nelle strade e negli interstizi di questo territorio frattale e mercificato. Embrioni comunitari nella meccanica quantistica del nostro rompere conflittualmente con lo stato di cose presenti:
– sia in una villa abbandonata con parco annesso (Villa Viarnetto)
– sia in una scuola elementare abbandonata di quartiere (ex scuole elementari di Viganello)
– sia in hotel o in ex strutture ricettive turistiche in riva al Ceresio, lasciate a marcire abbandonate in attesa di speculazioni migliori (Ex albergo Fischer, ex locale Le Cap)
– sia in complessi tecnico-scolastici di periferia (ex scuole di Trevano)
– sia in strutture assistenziali-caritatevoli territoriali demolite per far spazio all’ennesimo nuovo polo (ex-Caritas; ex Istituto Vanoni).
Il ventaglio di possibilità da noi proposte è già stato ampiamente dimostrato. Ma nel caso in cui il Municipio fosse ancora imbarazzato nella scelta non mancheremo di segnalarne altri spazi: con la nostra pratica e con l’azione diretta in autogestione.
Attendiamo quindi il termine del 15 novembre, indicato nell’accordo con il Municipio, per conoscere la loro decisione, intraprendere e comunicare i prossimi passi, consapevoli che sapremo far buon uso del risarcimento che ci spetta.
Nel frattempo ribadiamo che:
– una città senza spazio libero e autogestito è come un cielo senza stelle;
– le svastiche associate a Israele non ci appartengono in quanto, da sempre, fanno parte di quella galassia neofascista a cui il Municipio di Lugano ha concesso l’autorizzazione e con cui parte dello stesso Municipio e i loro partiti condividono visioni e contenuti (vedi, come ultimo esempio, il municipale Marco Chiesa in “dialogo” con la remigrazionista olandese al Lugano Financial Forum);
– e che il fascismo non può abitare in una società di qualsivoglia natura, non può agire al riparo di autorizzazioni di sorta e che chi l’autorizza ne è complice.
Nessuno spazio al fascismo. Ne qui, ne altrove.
No Border, No Nation, Stop Deportation,
Palestina libera
1-10-100-1000 spazi autogestiti
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