La netta vittoria dell’iniziativa popolare che limita al 10% del reddito disponibile i premi di cassa malati segna un passaggio politico di grande rilievo nel panorama cantonale. Non si è trattato di un voto tecnico o marginale, ma di una presa di posizione chiara e potente della popolazione: salariati e salariate hanno detto basta a un sistema di assicurazione malattia che, invece di garantire un diritto fondamentale come la salute, lo trasforma in un privilegio sempre più costoso e inaccessibile. Le franchigie elevate, la rinuncia a prestazioni per ragioni economiche, le disuguaglianze nell’accesso alle cure non sono più anomalie, ma la normalità di un sistema profondamente ingiusto.
Il segnale è inequivocabile: la salute non è una merce, non può essere subordinata né agli equilibri contabili del bilancio cantonale né alle logiche speculative di chi da decenni trasforma un bisogno primario in fonte di profitto. La vittoria popolare è quindi non solo un atto di giustizia sociale, ma anche una condanna aperta al distacco crescente delle élite politico-economiche dai bisogni reali della popolazione.
L’MPS ha sostenuto con decisione questa battaglia, consapevole che la sfida non si esaurisce con il voto. Già nelle ore successive, infatti, i partiti che si erano opposti all’iniziativa hanno cercato di preparare il terreno per svuotarne la portata: appelli generici al “contenimento della spesa”, minacce velate di tagli ai servizi pubblici, richiami alla necessità di “prendersi tempo”. In realtà, dietro queste formule si nasconde la stessa logica che ha portato al collasso attuale: quella di scaricare i costi sempre e solo sulla popolazione, preservando privilegi fiscali e rendite consolidate.
Le dichiarazioni dei rappresentanti borghesi parlano chiaro: Speziali (PLRT) invoca una revisione del sistema di sussidi e della pianificazione ospedaliera; Marchesi (UDC) pretende di colpire la spesa statale “dove c’è grasso che cola”, espressione che tradisce la volontà di intaccare servizi essenziali per i cittadini; Piccaluga (Lega) elenca fantomatiche “40 misure di risparmio”; Agustoni (Il Centro) parla di utopia, pur riconoscendo la priorità della volontà popolare. Un coro che, con rare eccezioni, converge verso un obiettivo: neutralizzare la decisione dei cittadini e delle cittadine e trasformarla in un compromesso al ribasso. Persino il governo, con l’annuncio di un orizzonte temporale che slitta al 2028, mostra chiaramente la volontà di guadagnare tempo e logorare le aspettative popolari.
La nostra posizione è diversa e radicalmente opposta. L’applicazione deve essere immediata, anche a costo di un aumento dell’indebitamento pubblico a corto termine. Nel medio termine, è necessario riorientare il peso fiscale: non su salariati e salariate già schiacciati, ma su grandi patrimoni, milionari e beneficiari di regimi fiscali di favore che negli ultimi anni hanno goduto di sgravi e privilegi a spese della collettività. Questa non è una scelta ideologica, ma una questione elementare di equità: chi ha beneficiato maggiormente deve contribuire di più. Senza una redistribuzione reale della ricchezza (che negli ultimi anni si è sempre più polarizzata), non sarà possibile affrontare in maniera strutturale né la questione dei premi di cassa malati, né altre emergenze fondamentali come il finanziamento della scuola pubblica.
Ma la vera minaccia che incombe è ancora più grave: quella di un attacco diretto al sistema sanitario, in particolare al servizio pubblico. I richiami al razionamento delle prestazioni non sono incidenti di percorso, bensì segnali precisi di una strategia che vuole ridurre diritti e universalità delle cure in nome del bilancio. E in questo quadro si inserisce la scelta sciagurata della nuova pianificazione ospedaliera, affidata al governo e approvata con l’opposizione del solo MPS. Una pianificazione che rischia di ridurre l’offerta, indebolire la sanità pubblica e rafforzare ulteriormente le logiche di mercato.
Il voto di domenica rappresenta dunque un’occasione storica: trasformare un atto di resistenza popolare in un processo di riorganizzazione profonda, capace di mettere la salute e il benessere delle persone prima degli interessi finanziari e dei calcoli politici. Ma questa occasione non durerà a lungo: se non ci sarà una mobilitazione popolare vigile e determinata, i partiti borghesi e le loro alleanze con i poteri economici riusciranno a svuotarla di senso. Ecco perché oggi la battaglia non è finita: è appena cominciata. E proprio in questo senso vanno le prime proposte fiscali presentate dall’MPS nella giornata di ieri.
Sul tutto plana oggi la minaccia anche di un attacco profondo al sistema sanitario ed in particolare alle prestazioni, in particolare quelle offerte dal servizio pubblico. Gli appelli al razionamento delle prestazioni hanno caratterizzato i commenti dei partiti borghesi al risultato della votazione.
E qui rischiamo di toccare con mano la scelta sciagurata della prossima pianificazione ospedaliera, sia della competenza attribuita al governo, sia delle linee strategiche approvate – con la solo nostra opposizione. Una scelta che rischiamo di pagare amaramente senza poter costruire un’opposizione popolare.
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