Abbiamo di fronte manifestamente da anni un governo semifascista (e con significative presenze esplicitamente fasciste al suo interno) che dichiaratamente attua una politica genocida e che cerca di rendere più economico e più efficace il suo genocidio attraverso l’affamamento di un popolo sotto le sue grinfie.
Il governo di Netanyahu impedisce palesemente il passaggio delle centinaia di camion refrigerati assiepati alle porte della Striscia di Gaza che, secondo quanto ci dice il Programma alimentare dell’ONU, trasportano scorte sufficienti a sfamare 2,3 milioni di persone per almeno tre mesi. Fallita miseramente la tragica beffa della Gaza Humanitarian Foundation, inscenata da Trump e Netanyahu al solo scopo di attirare i gazawi affamati per poterli trucidare come mosche, bloccate dalle navi corsare dei criminali israeliani le imbarcazioni della Freedom Flotilla, sulla tragedia in corso ritorna il silenzio.
In modo inedito, almeno nella storia recente, il cibo è a portata di mano, proprio lì accanto, e il potere statale che organizza la carestia garantisce che non passi, sfacciatamente, nel sostanziale silenzio degli altri governi. Questo è il comportamento degli assassini, e quando questi assassini osano chiamare antisemita chiunque protesti, si tratta di una circostanza aggravante. Naturalmente, la “lotta contro Hamas”, e ancor meno la liberazione degli ostaggi, non hanno assolutamente nulla a che vedere con decisione genocida perseguita da Israele: l’obiettivo (peraltro lo progettano e lo dicono apertamente) è che i palestinesi muoiano o che se ne vadano.
Si fa gran chiasso sulla incresciosa piazzata improvvisata da qualche disgraziato in un autogrill italiano contro dei turisti ebrei francesi, cosa certamente riprovevole ma da addebitare proprio alla demente identificazione tra lo stato criminale di Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich e le comunità ebree sparse per il mondo.
Ormai, chiedere ai governi europei di “rompere con Israele” è del tutto insufficiente e inadeguato. Occorrerebbe che i “nostri” governi, almeno a quelli che si dichiarano “indignati” dalla deliberata carestia a cui sono sottoposti oltre 2 milioni di palestinesi, seguissero l’esempio della Freedom Flotilla, della nave Madleen di Greta Thunberg e della Handala di Antonio Mazzeo (oltre che di tutte e tutti gli altri attivisti bloccati dai criminali israeliani). Occorre chiedere che i governi che si dichiarano “democratici” e “amanti dei diritti umani” intervengano per rompere il blocco, utilizzando mezzi militari misurati e appropriati.
Le finezze della diplomazia, di fronte alla stridente caduta di ogni ipocrisia “democratica” e “umanitaria”, non servono più (ammesso che siano state utili in passato). Ci sono stati in passato interventi militari per motivi meno chiari e meno nobili. Oggi, come ci dicono ogni ora le cronache e i filmati, si tratta di salvare le vite e porre fine alle intollerabili sofferenze di 2,3 milioni di esseri umani.
E l’Europa, che a chiacchiere ci tiene tanto a presentarsi come un esempio di democrazia, stavolta sì, dovrebbe essere in prima fila.
Questa dovrebbe essere una campagna unitaria della sinistra, dei sindacati, di tutte e tutti i democratici.
*articolo apparso sul sito refrattario e controcorrente il 30 luglio 2025.
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