Il prossimo 28 settembre si voterà sull’iniziativa che intende limitare al 10% i premi di cassa malati. E proprio oggi (cfr articolo sul Corriere) il ministro Vitta ha ufficialmente iniziato le danze ad una campagna di intossicazione e disinformazione tesa a ingenerare paura a chi pensasse di votare l’iniziativa in questione.
L’iniziativa, naturalmente, ha un costo stimato attorno ai 300 milioni di franchi. Ma non è che oggi questi soldi non li paghi nessuno: a farsene carico sono infatti circa i due terzi dei nuclei familiari di questo Cantone, che versano premi superiori al 10% del proprio reddito.
La campagna di disinformazione è in corso da mesi da parte di chi osteggia l’iniziativa: “Se verrà accettata – ci dicono – si dovrà ridurre la spesa pubblica e, soprattutto, aumentare le imposte per tutti”, arrivando perfino a ventilare un incremento del 20-30%. Naturalmente, a lor signori non passa neppure per l’anticamera del cervello che il contributo necessario per rendere i premi più sostenibili potrebbe essere assunto, senza particolari sforzi, da chi in questi decenni ha accumulato enormi patrimoni, mentre la stragrande maggioranza della popolazione ha visto salari e redditi stagnare.
Facciamo due conti: 300 milioni divisi per i 35 miliardi di partimonio dei 20 più facoltosi nostri illustri e ricchi ospiti corrispondono a meno dell’1% (milione più, milione meno). Chiedere un contributo supplementare dell’1% ai patrimoni superiori ai 100 milioni di franchi è infinitamente meno di quanto questi stessi patrimoni incassano ogni anno solo attraverso interessi e dividendi (senza muovere un dito) e sfruttando comunque il lavoro, creatore di ricchezza, di migliaia di donne e uomini in tutto il mondo.
Non crediamo dunque ai catastrofisti, a quelli che vogliono spaventare la gente dicendo che l’accoglimento dell’iniziativa porterà al disastro: i soldi ci sono, basta che tutti facciano la loro parte.
La rivista Bilanz pubblica ogni anno la lista delle 300 maggiori fortune domiciliate in Svizzera. L’ultimo numero riportava in copertina il titolo “Rekord: 152 Milliardäre”, stampato in oro su sfondo nero. Sempre più miliardari, dunque, e soprattutto sempre più ricchi: livelli mai raggiunti prima. È il sintomo di una sperequazione crescente, frutto di decenni di sgravi fiscali (tassazione regressiva, imposizione secondo il dispendio – la cosiddetta tassazione globale –, ecc.), ma anche di un’insufficiente redistribuzione della ricchezza prodotta tramite salari dignitosi. Abbiamo già visto in qualche caso come il contributo fiscale di queste persone (che d’altronde sono in Ticino anche, ma non solo, per quello) sia ridicolo.
Ed è per questo che vostra figlia deve fare due lavori, i vostri nipoti non possono permettersi una casa, molti anziani devono aspettare la fine del mese per fare la spesa e lo Stato non ha risorse sufficienti per scuole e sanità. Una diseguaglianza così ampia non si vedeva, dicono gli esperti, dai decenni che precedettero la Rivoluzione francese, quando la fine dell’aristocrazia arrivò a colpi di ghigliottina.
Secondo Bilanz, come detto una ventina di ultra-milionari risiede in Ticino: le loro fortune sommate raggiungono i 35 miliardi di franchi. Alcuni si distinguono per le cosiddette “attività filantropiche”: il modo elegante di restituire qualcosa alla comunità mantenendo però il controllo totale su come venga utilizzato. Diversamente dalle imposte, che invece comportano la delega a organi eletti – Parlamento o Consiglio comunale – del compito di decidere come impiegare i soldi. Una fastidiosa perdita di potere, evidentemente, per questa categoria di persone.
AhEcco una prima carrellata su alcuni di coloro che hanno moltissimo e che, con uno sforzo impercettibile, potrebbero dare un contributo decisivo a migliorare la vita di tutte e di tutti. Torneremo durante la campagna a sostegno dell’iniziativa ad illustrarne altri.
Prendiamo il primo esempio: Lindsay Owen-Jones (patrimonio stimato tra 1 e 1,5 miliardi), ex CEO di L’Oréal e appassionato di auto da corsa, che donò alla sua vecchia università 30 milioni per rinnovare la biblioteca e costruire un nuovo alloggio per studenti. Una cifra che corrisponde a circa il 2% del suo patrimonio. Un piccolo sacrificio? Nemmeno per sogno: le sue partecipazioni azionarie nella multinazionale che ha diretto gli fruttano ogni anno circa 20 milioni di dividendi: per questa donazione Sir Lindsay non ha quindi nemmeno dovuto mettere mano al proprio capitale.
Poi abbiamo la nostra baronessa dal titolo nobiliare acquistato e dal nome liturgico infinito: Francesca Anna Dolores von Thyssen-Bornemisza de Kászon et Impérfalva (3-3,5 miliardi). Mecenate e collezionista d’arte, impegnata in attività culturali e sociali, cerca di ripulire dall’acciaio bellico (corazzate e munizioni fornite all’esercito nazista) il patrimonio ereditato dalla famiglia. Certo, i soldi del papà Barone li vuole gestire lei, e infatti la troviamo nel secondo miglior paradiso fiscale al mondo: la Svizzera, dove basta poter dimostrare di non lavorare per pagare imposte solo sul dispendio. Tanto, se voli in jet privato, delle strade non hai bisogno.
E infine la famiglia Perfetti (6-7 miliardi): i fratelli Giorgio e Augusto, seguiti dalla nuova generazione, Egidio e Daniele. Grandi imprenditori, hanno costruito la loro fortuna con chewing-gum, caramelle, lecca-lecca e tutte quelle dolcezze che i genitori cercano invano di tenere lontane dai denti dei figli. Peccato che, alla fine, le spese dentistiche non le copra la cassa malati…
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