Stamattina, sgombero dello storico centro sociale Leoncavallo a Milano. La polizia è entrata nel centro sociale all’alba di giovedì 21 agosto con l’ufficiale giudiziario. Su ordine di Piantedosi hanno rispolverato, dopo 36 anni, lo sgombero del Leoncavallo ad agosto. Hanno voluto colpire un simbolo storico. Milano svuotata di senso, ridotta a vetrina per turisti e speculatori. La metropoli verticale non sopporta la democrazia orizzontale
Sgombero nella mattinata di giovedì 21 agosto 2025 per lo Spazio Pubblico Autogestito Leoncavallo di Milano, esperienza autogestita attiva nel capoluogo lombardo da mezzo secolo esatto. Bloccati da blindati e forze dell’ordine tutti gli ingressi di via Watteau, 7, dove il Leoncavallo si era trasferito nel 1994, a seguito di un primo sgombero – anch’esso agostano – con successiva rioccupazione di un altro stabile.
L’indicazione per i solidali è di presidiare via Stella all’angolo con via Bettoni, subito a nord del centro sociale.
Lo sfratto era stato rinviato, a luglio, e calendarizzato per il 9 settembre. In realtà blindati, ufficiale giudiziario e forze dell’ordine si sono presentati, a sorpresa, già oggi, 21 agosto. Con loro pure i legali dell’immobiliare Orologio della famiglia Cabassi, a cui – secondo la Corte d’Appello di Milano – andrebbero 3 milioni di euro a titolo di “risarcimento”; soldi che il Viminale ha ora chiesto all’associazione Mamme del Leoncavallo
Mirko Mazzali, legale del Leoncavallo, alla notizia della esecuzione dello sfratto, commenta: “Dopo quarant’anni di nuovo uno sgombero ad agosto. Non mi pare una buona idea ripetere il passato. C’era una data, il 9 settembre, e dovrebbe essere rispettata. Cerchiamo di capire perché è successo e se è legittimo. Avevano richiesto l’uso della forza pubblica per il 9 settembre, se hanno anticipato immagino ci sia una ordinanza del questore”.
Commentando lo sgombero, Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme antifasciste, ha detto di non essere sorpresa dall’anticipo dello sgombero, che ha attribuito a «pressioni politiche» citando la delegazione di Fratelli d’Italia che ha incontrato Piantedosi. Ha poi aggiunto che «Milano sta diventando una città di merda, in cui non c’è nessuna possibilità nemmeno di proporre delle alternative, una visione diversa, la possibilità di creare una socialità […]. È una città che è stata piena di cultura, di attività, un modello per tutt’Italia per le proposte culturali: gli sta bene questo deserto, questo happy hour a tutte le ore? A noi no».
«Oggi via Watteau vale miliardi», racconta uno dei giovani occupanti dello storico centro sociale – e l’amministrazione stende un tappeto rosso ai Cabassi, proprietari dell’immobile, che a Milano hanno già guadagnato cifre stratosferiche. In città i centri sociali hanno perso la battaglia sulle aree dismesse: sono tutte messe a profitto dagli immobiliaristi». Ma la vera domanda è, come dice sempre l’attivista, «cosa sorgerà al posto del Leo, un ambulatorio popolare? No, chiaramente sorgerà un nuovo complesso residenziale da decine di migliaia di euro al metro quadro».
“Nessun rispetto per 50 anni di storia dei movimenti, contro-cultura, aggregazione giovanile, politica dal basso”. Lo scrive sui social l’europarlamentare Ilaria Salis parlando dello sfratto del Leoncavallo. “Avanza – continua il post di Ilaria Salis – la Milano della speculazione edilizia e della gentrificazione, la città della rendita e delle “week”: una Milano senz’anima, esclusiva ed escludente, contro i poveri, contro chi vive del proprio lavoro, contro i giovani. Una Milano che appare più ricca e patinata, ma che in realtà è molto più povera e brutta”. “Spero che il Leoncavallo – conclude l’europarlamentare – possa presto riprendersi lo spazio che merita. E che mille nuovi spazi sociali vengano conquistati e restituiti alle comunità che nonostante tutto resistono, in una città sempre più ostile e meno accogliente, una città espropriata ai suoi abitanti. Una città da rovesciare! Giù le mani dagli spazi sociali! Giù le mani dalla città!” #Milano è di chi la vive, non di chi ci specula“.
“Il centro sociale Leoncavallo è stato per noi una scuola politica. Il movimento delle Tute Bianche è nato lì nel 1994 e lì abbiamo cospirato per preparare i contro-vertici di Praga e Genova“. Lo scrive su twitter lo spagnolo Pablo Iglesias, ex leader di Podemos, che giovanissimo lavorò a stretto contatto con gli attivisti dello storico centro sociale nel periodo delle mobilitazioni no global. “Spero che trovino presto uno nuovo spazio. Fausto e Iaio sempre nella nostra memoria“, conclude Iglesias.
“Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo – ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi – segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti“.
Una dichiarazione che evidenzia di come la “cultura della legalità” tanto sbandierata da destra a sinistra non sia altro che tanatopolitica, garanzia per i grandi potentati economici e legittimazione per la criminalizzazione di qualsiasi forma di dissenso
Sulla vicenda del Leoncavallo, la sua storia e la lunga campagna per avere uno spazio dentro la città vetrina, quella del cemento e degli affari “made in Milano”, Radio Onda d’Urto ha realizzato numerosi approfondimenti, che si possono riascoltare qui.
*https://www.osservatoriorepressione.info/milano-sgomberato-il-centro-sociale-leoncavallo/ (21 agosto 2025)
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