Pubblichiamo qui di seguito la risoluzione in solidarietà con il popolo palestinese adottata dal congresso nazionale dell’MPS tenutosi il 18 e 19 ottobre scorsi. (Red)
1. Il genocidio a Gaza è il più grande crimine della storia recente
La reazione di Israele agli attentati del 7 ottobre 2023 è stata fin dall’inizio senza precedenti. A soli tre mesi dall’inizio della guerra, il tasso medio di uccisioni da parte dell’esercito israeliano (250 morti al giorno) era più alto che in qualsiasi altro conflitto armato di questo secolo, persino più alto che in Siria, Iraq o Ucraina. L’ulteriore sviluppo di questo dato raccapricciante è difficilmente comprensibile, poiché la completa distruzione di tutte le infrastrutture nella Striscia di Gaza (ospedali, organizzazioni umanitarie e civili) rende quasi impossibile registrare il numero dei morti. Pertanto, è molto probabile che la cifra ufficiale di 65’000 palestinesi uccisi siano troppo basse. Altri studi ipotizzano centinaia di migliaia di morti (dati aggiornati a metà settembre 2025). La maggior parte delle vittime sono civili. La violenza contro i bambini è senza precedenti: dopo soli quattro mesi, Gaza ha registrato di gran lunga il più alto tasso di bambini uccisi di tutti i conflitti recenti. Catherine Russell, direttrice esecutiva dell’UNICEF, ha sintetizzato la situazione in queste parole: «Da due anni, ogni giorno viene uccisa un’intera classe di bambini».
Anche giornalisti, collaboratori dell’ONU e delle organizzazioni umanitarie sono oggetto di attacchi mirati, più che in qualsiasi altra guerra moderna. Oltre 550 medici e infermieri sono stati uccisi, molti altri sono stati rapiti e torturati. Le infrastrutture civili sono state sistematicamente distrutte: il 92% delle case, il 90% delle scuole, il 70% degli impianti idrici e quasi tutta l’agricoltura sono stati distrutti. La fame viene deliberatamente utilizzata come arma di guerra: il 100% della popolazione soffre di grave insicurezza alimentare, i bambini muoiono di malnutrizione e malattie. Anche la distribuzione degli aiuti umanitari è mortale: viene regolarmente presa di mira dai bombardamenti, che causano in media due dozzine di morti al giorno.
L’intensità dei bombardamenti ha superato in pochi mesi le distruzioni causate in città come Coventry, Rotterdam, Amburgo e Dresda durante la Seconda guerra mondiale. Il genocidio a Gaza è uno dei crimini più letali e distruttivi contro una popolazione civile dai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki.
2. Il genocidio è il capitolo più recente della politica di pulizia etnica del sionismo, che dura da decenni
Il sionismo politico, nato alla fine del XIX° secolo, è stato fin dall’inizio un progetto etnonazionalista. In risposta al persistente antisemitismo, fu fissato l’obiettivo di creare uno Stato nazionale ebraico. Questo approccio rappresentò a lungo una posizione minoritaria tra gli ebrei, ma la situazione cambiò a partire dagli anni ’30 e con la Shoah. Il sionismo, nelle sue varie forme, divenne da allora la linea guida dominante nell’azione politica.
L’insediamento di ebrei in Palestina è stato fin dall’inizio associato all’espansione coloniale e all’appropriazione di terre e organizzato in base all’appartenenza etnica. La fondazione dello Stato di Israele nel 1948 sotto la guida del Partito Laburista sionista di sinistra ha portato alla Nakba, l’espulsione di 700’000 palestinesi dalla loro terra. La stragrande maggioranza delle famiglie e dei loro discendenti ancora oggi non vi può fare ritorno.
A partire dagli anni ’70, circoli nazionalisti, sionisti religiosi e ultraortodossi hanno progressivamente sostituito il predominio politico del Partito Laburista. Dopo la conquista della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, è stato sviluppato un sistema di apartheid che reprime sistematicamente la popolazione palestinese, la priva dei suoi diritti e le nega l’accesso ai diritti politici, sociali ed economici. Durante la presidenza del terrorista sionista Menachem Begin, tra il 1977 e il 1983, è cresciuto continuamente anche il campo politico che chiede un «Grande Israele». Il «Grande Israele» comprenderebbe non solo i territori palestinesi, ma anche parti degli attuali Stati di Giordania, Libano e Siria. La situazione provocata dal genocidio in corso a Gaza e dall’estensione degli attacchi militari al Libano, alla Siria, all’Iran, allo Yemen e recentemente anche al Qatar, sta dando ulteriore slancio ai sostenitori del “Grande Israele”.
Il genocidio in corso è, in definitiva, la continuazione del programma del sionismo politico. All’inizio di maggio 2025, l’esercito israeliano ha finalmente dato il via alla sua offensiva “Gideon’s Chariot” contro Gaza. Le Israel Defense Forces (IDF) stanno letteralmente radendo al suolo la Striscia di Gaza, concentrando la popolazione in poche aree e rimuovendo le macerie per gettare le basi per una nuova colonizzazione israeliana. Il genocidio a Gaza è così entrato nella sua fase più recente.
3. La comunità internazionale è complice del genocidio
L’escalation israeliana è stata tollerata e approvata dalla maggior parte dei governi europei e dagli Stati Uniti. È stata inoltre resa possibile dalle forniture di armi provenienti dagli Stati Uniti e dalla Germania. Le risoluzioni delle Nazioni Unite, gli avvertimenti di genocidio della Corte internazionale di giustizia (CIG), i mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale (CPI) contro Netanyahu e Gallant, gli appelli delle organizzazioni umanitarie e per i diritti umani e le proteste mondiali del movimento di solidarietà con la Palestina sono stati ignorati o bollati come espressione di antisemitismo. A metà settembre 2025, una commissione d’inchiesta del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha confermato che Israele sta perpetuando un genocidio a Gaza.
È significativo che il governo israeliano e la sua guerra genocida siano particolarmente ammirati dai circoli di estrema destra in tutto il mondo. Trump, Milei, Meloni, Le Pen, Weidel e soci sono tra i più ferventi sostenitori del genocidio. Netanyahu è considerato un uomo di Stato energico e i suoi metodi sono per tutti costoro un modello da seguire nel trattare i migranti e gli oppositori politici nel proprio paese.
La «preoccupazione» espressa nel frattempo dai governi europei per l’azione di Israele e le vaghe dichiarazioni di distanziamento non possono nascondere il fatto che da due anni la comunità occidentale sostiene un genocidio sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale. L’indebolimento del diritto internazionale promosso dagli stessi governi occidentali e l’ignoranza della giurisdizione internazionale istituita dopo il 1945 rafforzano infine i regimi autoritari e i criminali di guerra di tutti i paesi nel loro percorso espansionistico.
4. La Svizzera è complice del genocidio
La Svizzera è complice del genocidio dal punto di vista politico ed economico. Il Consiglio federale si rifiuta ancora oggi di condannare Israele e si schiera fermamente dalla parte del governo di Netanyahu. La presunta «tradizione umanitaria» è una farsa e il doppio standard con cui la Svizzera distingue tra la popolazione palestinese e le altre è scandaloso.
La piazza economica svizzera è direttamente corresponsabile delle uccisioni a Gaza. Elbit Systems è la più grande azienda israeliana produttrice di armi. Circa l’85% delle armi utilizzate da Israele contro i palestinesi sono fornite da Elbit. Dal 2019 esiste anche una filiale locale a Berna, la «Elbit Switzerland». Nonostante la violenza massiccia e le accuse della Corte internazionale di giustizia (CIG), Elbit Systems può continuare a esistere e a produrre indisturbata in Svizzera.
Con il pretesto di una presunta neutralità, la Svizzera contribuisce, soprattutto attraverso la sua piazza finanziaria, a sostenere crimini in tutto il mondo. La più grande banca privata svizzera, UBS, è un finanziatore diretto di Elbit Systems, così come la Banca nazionale svizzera (BNS). Nel primo trimestre del 2025, UBS deteneva azioni Elbit per un valore di 10,63 milioni di dollari. La BNS è uno dei 20 maggiori azionisti di Elbit. Nel primo trimestre del 2025, la BNS ha aumentato la sua partecipazione azionaria dell’1,2%, portandola a 75’342 azioni per un valore di circa 28,83 milioni di dollari. Inoltre, la BNS investe in diverse aziende che collaborano direttamente con Israele in ambito militare: Caterpillar, Palantir, IBM, Amazon, Google.
Nell’ambito del progetto Nimbus, Google fornisce un’importante infrastruttura cloud all’esercito israeliano. A Zurigo si trova il più grande centro di sviluppo di Google al di fuori degli Stati Uniti. Anche in questo caso la politica svizzera non interviene, consentendo il proseguimento indisturbato dei lavori.
La Svizzera non è solo un importante centro finanziario, ma anche un importante snodo per il commercio di materie prime. Ad esempio, Glencore ha sede a Zugo. Glencore è, insieme alla Drummond Company Inc. con sede negli Stati Uniti, il principale fornitore di carbone di Israele. Le sole forniture di Glencore dal Sudafrica hanno coperto il 15% delle importazioni israeliane di carbone nel 2023 e nel 2024. È noto che le guerre e le forze armate sono grandi consumatori di energia. Sicuramente una parte del carbone fornito da Glencore viene utilizzato direttamente per il genocidio. Gli affari e quindi i profitti vengono gestiti indisturbati in Svizzera.
5. L’«annessione silenziosa» della Cisgiordania si intensifica
Una soluzione a due Stati, sostenuta da parte della comunità internazionale, non ha mai rotto con l’idea del dominio israeliano nella regione ed era quindi destinata al fallimento fin dall’inizio. Si tratta di un mito sostenuto dal governo israeliano per ingannare l’opinione pubblica mondiale e prendere tempo con i palestinesi. Le ripetute assicurazioni sulla soluzione dei due Stati sono ormai da anni lontane dalla realtà.
Almeno da quando Netanyahu ha stretto una coalizione con partiti di estrema destra nel dicembre 2022 per mantenere il potere e Smotrich ha ottenuto il controllo della Cisgiordania come ministro, oltre alla costruzione di insediamenti illegali secondo il diritto internazionale, è in corso una silenziosa annessione della Cisgiordania. Smotrich lavora da anni per modificare il “DNA del sistema” in modo che i fatti da lui creati sopravvivano anche a un cambiamento di governo. Lo fa continuando a indebolire l’Autorità Palestinese (AP), già fortemente indebolita. Ha congelato 80 milioni di dollari di fondi fiscali della AP, ha privato Gerusalemme Est di risorse finanziarie e ha rafforzato la violenza dei coloni in Cisgiordania, equipaggiando i coloni come «battaglioni di difesa» con uniformi e armi M16.
La violenza dei coloni in Cisgiordania è da anni intollerabile. Ai palestinesi vengono negati i mezzi di sussistenza con continue vessazioni, leggi di apartheid e, non da ultimo, con la forza delle armi. I palestinesi si vedono ripetutamente negare l’accesso ai loro terreni agricoli da coloni armati in collaborazione con l’esercito e vengono costruiti cosiddetti avamposti, che vengono poi riconosciuti dallo Stato israeliano come nuove aree di insediamento.
6. Il genocidio si estende alla Cisgiordania
La vita quotidiana sotto la «silenziosa annessione» in Cisgiordania è estremamente violenta. Lo dimostrano i seguenti esempi delle ultime settimane:
- Il 26 agosto 2025 i soldati israeliani hanno attaccato la città di Ramallah. Ramallah è la sede dell’Autorità Nazionale Palestinese e di solito viene risparmiata da operazioni di questo tipo. Lì i soldati hanno assaltato una banca e rubato denaro con la motivazione di confiscare «fondi destinati al terrorismo».
- Nella notte del 2 settembre 2025 è stato arrestato il sindaco di Al-Khalil (Hebron), Tajsir Abu Sneineh. Secondo quanto riportato, le forze di occupazione israeliane vorrebbero instaurare una leadership palestinese alternativa che abbia un atteggiamento pacifico nei loro confronti.
- L’11 settembre 2025, a Tulkarem, circa 1000 palestinesi, tra cui bambini, sono stati rapiti e portati nelle prigioni israeliane.
Questi episodi, che si aggiungono alla violenza quotidiana dei coloni in Cisgiordania, dimostrano che l’annessione è già in fase di attuazione. Eppure, l’annuncio di Smotrich all’inizio di settembre 2025 di voler annettere quasi completamente la Cisgiordania rappresenta una nuova dimensione. In risposta al riconoscimento ufficiale di uno “Stato” palestinese da parte dei paesi europei, Smotrich ha annunciato, in una conferenza stampa il 3 settembre 2025, l’effettiva annessione dell’82% della Cisgiordania.
Smotrich ha esortato Netanyahu a sfruttare la finestra storica aperta dal genocidio di Gaza per realizzare il sogno di un “Grande Israele” e seppellire una volta per tutte l’idea di uno Stato palestinese. Ha lanciato questa minaccia: “Siamo stanchi di piegarci alle minacce e alle intimidazioni. Se l’Autorità Palestinese oserà ribellarsi e farci del male, la distruggeremo, proprio come stiamo facendo con Hamas». Questo non è solo l’annuncio di un’annessione, ma la dichiarazione di voler estendere il genocidio di Gaza alla Cisgiordania.
7. La resistenza anticoloniale dei palestinesi continuerà
Dalla Nakba del 1948, la resistenza palestinese ha subito molteplici trasformazioni. Inizialmente sono sorti movimenti di stampo panarabo in esilio, in particolare il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) di sinistra e successivamente Fatah. Dalla Giordania e dal Libano hanno condotto una guerriglia che ha portato a conflitti con i governi locali e infine all’espulsione da questi paesi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che fungeva da organizzazione ombrello. Con la prima Intifada (1987-1990), la resistenza si è spostata nei territori occupati e ha assunto la forma di proteste di massa. Mentre il PFLP perdeva influenza, Hamas, movimento islamista fondato nel 1988 come critica a Fatah e all’OLP, acquisiva grande importanza. Dopo gli accordi di Oslo del 1993, molti leader tornarono dall’esilio, ma la delusione per il processo di pace sfociò nel 2000 nella seconda Intifada, che divenne sempre più violenta. Nel 2006 Hamas vinse le elezioni a Gaza, il che portò a una guerra civile con Fatah. Da allora Hamas ha controllato la Striscia di Gaza, mentre Fatah ha dominato la Cisgiordania.
La resistenza palestinese non può tuttavia essere ridotta ai soli attori Fatah, OLP, PFLP e Hamas. Da un lato, ciò significherebbe ignorare molte altre forme di resistenza, come la fondazione del movimento transnazionale Boycott, Divestment and Sanctions (BDS) nel 2005 o la “Grande Marcia del Ritorno” dal 2018 al 2019, durante la quale ogni settimana migliaia di abitanti della Striscia di Gaza hanno protestato lungo la recinzione di confine e sono stati colpiti dai cecchini israeliani. D’altra parte, si trascura il fatto che, oltre agli orientamenti ideologici – siano essi nazionalisti arabi, di sinistra o islamisti – anche la questione della cooperazione con la potenza occupante gioca un ruolo importante. Su questo punto, negli ultimi anni Hamas è riuscita a distinguersi da Fatah e da altri partiti all’interno dell’OLP, guadagnando così una legittimità, mentre l’Autorità Palestinese e Fatah sono diventate sempre più impopolari.
Ma indipendentemente dalla forma assunta dalla resistenza, la risposta dello Stato israeliano è sempre stata la stessa: forte repressione, ulteriori espulsioni e limitazioni alla libertà di movimento dei palestinesi. Per Israele non esiste alcuna forma di resistenza che possa essere concessa ai palestinesi. In quanto Stato etnonazionalista, Israele considera la semplice esistenza dei palestinesi nel territorio compreso tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo come una minaccia.
Ciò conferisce alla resistenza palestinese un carattere anticoloniale e, di conseguenza, una legittimità, proprio come le lotte dei popoli siriano e ucraino contro la guerra e l’occupazione. Il 7 ottobre 2023 non è arrivato dal nulla, ma si è emerso nel corso dei 75 anni di occupazione, con le sue lotte, le sue sconfitte e le sue rassegnazioni. Il suo carattere crudele e violento lascia intuire la portata della violenza insita nella quotidianità dell’apartheid e dell’occupazione.
La resistenza palestinese continuerà nonostante il genocidio, finché tutte le persone tra il Giordano e il mare non avranno gli stessi diritti politici e sociali.
8. Il cessate il fuoco mette a nudo le strutture di potere esistenti
Dal 10 ottobre 2025 a Gaza vige un cessate il fuoco. In una prima fase, il cessate il fuoco ha comportato il ritiro dell’esercito israeliano dal 53% del territorio di Gaza, la cessazione dei bombardamenti, lo scambio di ostaggi e l’arrivo nella Striscia di Gaza degli aiuti umanitari urgenti. Ciò è sicuramente un fatto positivo.
Tuttavia, la tregua mette ancora una volta in luce le strutture di potere dominanti. Da un lato quelle globali: Trump è riuscito a imporre una tregua nel momento in cui ciò serviva ai suoi interessi. Ma anche quelli regionali: ai palestinesi di Gaza viene imposta una soluzione di pace che assomiglia più a una sottomissione. Con il suo piano in 20 punti, Trump promette la pace, ma se il piano verrà davvero realizzato, la guerra continuerà piuttosto con mezzi economici. Secondo la logica neoliberista, i palestinesi dovrebbero essere pacificati attraverso investimenti, zone economiche speciali e programmi infrastrutturali, mentre dovrebbero consegnarsi completamente al potere degli attori coloniali che stanno commettendo o rendendo possibile e cofinanziando un genocidio nei loro confronti. L’attuale occupazione dovrebbe essere sostituita da un’amministrazione tecnocratica esterna. Il diritto all’autodeterminazione politica non è previsto per i palestinesi. Questo piano non porterà la pace a lungo termine.
9. L’ondata di solidarietà internazionale sta politicizzando un’intera generazione e mettendo in luce le contraddizioni di classe del capitalismo
Attualmente, le proteste contro il genocidio e il regime coloniale di apartheid di Israele sono il movimento sociale più visibile in Europa. Gli attivisti cercano di rompere il blocco umanitario, occupano le università, bloccano le ferrovie e le strade, si riuniscono, si organizzano e creano reti.
Il segno più forte di solidarietà internazionale con il movimento era finora la Global Sumud Flotilla, anche se alla fine Israele ha impedito l’arrivo a Gaza. Alla fine di agosto 2025, la flottiglia è salpata con oltre 50 navi e 1000 partecipanti per rompere il blocco della Striscia di Gaza. Per sostenere la flottiglia, il 22 settembre e il 3 ottobre 2025 centinaia di migliaia di lavoratori, studenti e attivisti solidali con la Palestina in Italia hanno risposto all’appello dello sciopero generale lanciato dal sindacato di base Unione Sindicale di Base (USB). In collaborazione con i collettivi di lavoratori dei porti del nord Italia, hanno organizzato scioperi e proteste in tutto il paese per bloccare le forniture di armi a Israele. Anche in altri paesi, come il Marocco, la Francia e la Grecia, i lavoratori portuali bloccano regolarmente le forniture a Israele. Questi scioperi politici sono un esempio per tutta l’Europa.
La repressione contro il movimento di solidarietà con la Palestina è unica sotto molti aspetti. Raramente nella storia recente un movimento sociale è stato attaccato in modo così massiccio, fisicamente e ideologicamente, dalla polizia, dai governi e dai media. Il movimento evidenzia quindi anche chiari contrasti di classe. Giovani, lavoratori solidali e persone provenienti da ambienti migratori si oppongono ai collaboratori capitalisti, ai governi e ai loro scagnozzi, nonché ai sostenitori di estrema destra di Israele. Ciò conferisce al movimento un potenziale speciale nella lotta contro la guerra e il fascismo.
Di fronte alla crudeltà di Israele, il movimento di solidarietà non si lascerà intimidire o fermare, indipendentemente dall’entità della repressione. Al contrario: la brutalità dei governi europei contro il movimento funge talvolta da catalizzatore, che spinge le popolazioni non solo contro il sostegno a Israele da parte dei rispettivi paesi, ma anche contro i governi e le loro politiche antisociali in generale.
- Basta con il genocidio! Ritiro immediato di tutte le truppe israeliane e dei coloni da Gaza e dalla Cisgiordania!
- Per l’ammissione completa e incondizionata di tutti i beni di prima necessità a Gaza!
- Basta con la cooperazione militare, economica, scientifica e politica con Israele!
- Per il diritto al ritorno, alla resistenza e all’autodeterminazione del popolo palestinese!
- Per una Palestina decolonizzata dal Giordano al Mediterraneo, in cui tutti/tutte abbiano gli stessi diritti!
- Per la costruzione di un ampio movimento di solidarietà di classe con la popolazione palestinese!
Blocchiamo tutto! Free Palestine!
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