Tempo di lettura: 8 minuti

aaapodemosIl 25 maggio scorso il quotidiano spagnolo ritenuto “di riferimento”, «El País», riportava nelle sue pagine economiche un articolo con il seguente titolo: «Uno spagnolo su tre è a rischio di povertà o di esclusione sociale». Il lettore, un po’ impressionato, che però avesse cercato un commento, un editoriale sull’argomento, non lo avrebbe trovato quel giorno.

Fiducioso, avrebbe sfogliato il giornale il giorno successivo, per imbattersi in un editoriale («El País» ne pubblica solitamente due) che non s’occupava affatto di ciò, ma della campagna elettorale. Logico, siamo in campagna elettorale, si sarebbe detto, ma perché quel titolo, «Il Venezuela nella campagna elettorale»? Il succo dell’editoriale era comunque questo: «sapere se Podemos difende il regime bolivariano per convincimento (lavorarono per lui per diversi anni) o per timore che un cambio di posizione spinga Maduro a rivelare quanti milioni il suo governo ha versato a questo partito per la sua fondazione». Un po’ contorto, ma chiaro.

Chiaro che la campagna elettorale è entrata nel vivo, ed ha subito assunto i toni della cruzada di infausta memoria, senza risparmio di colpi, il più bassi possibile. Lo stesso giorno «El País» pubblicava infatti un articolo dal titolo «L’opposizione del Venezuela chiede a Podemos dettagli sul suo finanziamento», dando per scontato che i finanziamenti c’erano stati. E il giorno dopo insisteva: «Rivera accusa Podemos di appoggiare la repressione degli oppositori in Venezuela». Già, perché Rivera, il “moderato” Rivera leader di Ciudadanos, s’era scoperto un improvviso interesse per il Venezuela, ed era volato a Caracas (dove, sia detto per inciso, risiedono circa 400.000 spagnoli e venezuelani con la nazionalità spagnola che, chissà, forse potrebbero anche votare in giugno…). L’iniziativa di Rivera, così platealmente scoperta e ingenua. è stata sbertucciata non dalle sinistre – come si potrebbe pensare – ma dallo stesso Rajoy, il leader del paleolitico Partido Popular («Rajoy ironizza sull’interesse di Rivera per il Venezuela in campagna elettorale», titola infatti «El País» il 28), che in quanto a impegno contro il Venezuela dello scomparso Chávez è un esperto veterano.

 

Ma quali finanziamenti?

Ora, sui presunti finanziamenti venezuelani a Podemos non ci soffermeremo molto. Vi sono state almeno cinque inchieste in Spagna finite nel nulla, perché non si è riscontrata nessuna irregolarità. Il fatto è che si continua volutamente a confondere tra loro Podemos e il CEPS, Centro studi politici e sociali. Il CEPS, ormai non più operante, era una fondazione d’orientamento anticapitalista che nel corso di molti anni ha fornito consulenze non solo al governo venezuelano, ma anche ad almeno altri cinque o sei governi latinoamericani e – cosa sottaciuta perché stonerebbe col quadro che si vuol dipingere – anche allo stesso governo spagnolo del Partido Popular e alla Comunità valenziana, allora governata, da decenni, dallo stesso partito. Del CEPS, che si è avvalso nel corso degli anni del contributo di circa 300 fra studiosi ed esperti, facevano parte, con ruoli importanti, sia Iglesias sia altri compagni che in seguito – nel 2014, quando il centro era ormai inattivo da tempo -, assieme a molti altri compagni e compagne di diversa provenienza. avrebbero fondato Podemos. I rapporti fra il CEPS e il governo venezuelano erano cessati nel 2008, da ormai sei anni, quindi è assolutamente cialtronesco prestare a Chávez o a chi per lui l’idea del … finanziamento di Podemos, un progetto politico che non era ancora nato né nella testa di Iglesias né di nessun altro.

C’è però un appiglio a cui si aggrappano gli assatanati di cui sopra, ed è stato fornito dal quotidiano di destra «Abc», che ha pubblicato qualche tempo fa una minuta interna del governo venezuelano risalente al maggio 2008 in cui si decide di destinare un fondo di svariati milioni a lavori da concordare con la CEPS, perché ciò «permetterà di stringere rapporti con riconosciuti rappresentanti delle scuole di pensiero di sinistra, fondamentalmente anticapitaliste, che in Spagna possono suscitare il consenso di forze politiche e di movimenti sociali, favorendo in questo Paese mutamenti politici più favorevoli al governo bolivariano».

Questo quanto riportava il documento pubblicato da «Abc». Ora, non occorre essere un genio per capire: a) che non si parla affatto di finanziare la nascita di un partito; b) che si tratta di finanziare una fondazione perché, in sostanza, migliori “l’immagine” del governo venezuelano presso forze politiche e movimenti sociali già esistenti (e non da “fondare”), facendo evolvere l’opinione pubblica in senso più favorevole a Caracas, poiché in quegli anni il governo spagnolo appoggiava apertamente l’opposizione, che era anche in buona parte un’opposizione golpista. E su questo punto concludiamo dicendo che a quanto risulta tale finanziamento non ebbe seguito, se non altro perché a partire proprio da quel 2008 il CEPS cessa di lavorare per il Venezuela.

Si potrebbe comunque fare un elenco lunghissimo di fondazioni e centri che lavorano per i più diversi governi, con studi, indagini, suggerimenti. Ma essendo tali fondazioni e centri d’orientamento neoliberale, o comunque non “anticapitalista”, il loro finanziamento da parte di quei governi non suscita il minimo scandalo. Così va il mondo di lorsignori.

 

No, non sono impazziti

Come si spiega tutto questo agitarsi lungo l’asse Madrid-Caracas. Che siano fuori di testa? No, non sono impazziti: sono semplicemente in preda al panico. Rajoy ha buone speranze di continuare a restare il primo partito del Paese, a patto di riuscire a distrarre la sua base elettorale dal fallimento della sua politica, dagli ormai incalcolabili casi di corruzione che hanno decapitato il suo Partido Popular un po’ ovunque – dai vertici madrileni al più sperduto paesino della meseta -, e dalle spudorate menzogne con cui ha iniziata la campagna: «non faremo altri tagli», subito smentito da quei distrattoni degli euroburocrati che non hanno trovato di meglio di ricordargli proprio in questi giorni il suo solenne impegno a … procedere ad altri tagli il prossimo anno. Ed è talmente, il Rajoy, agli sgoccioli, che alla sua non propria tenera età s’è messo a capo del movimento studentesco. Non quello solito, ma quello particolare e specifico della Comunità valenziana costituito dagli studenti delle scuole private convenzionate. Spiegazione? Il nuovo governo della Comunità, formato dal PSOE e dai nazionalisti di sinistra di Compromís, con l’appoggio esterno di Podemos, ha deciso di ripristinare corsi pubblici aboliti dal precedente governo del PP, e di ridurre i finanziamenti alle scuole private dove queste hanno troppo pochi allievi o dove non si attengono a programmi decenti. Le scuole private sono un serbatoio di quattrini per gli ambienti che girano attorno al PP (è in corso un’indagine della magistratura che riguarda un “sovrapprezzo” di 1000 milioni di euro su un investimento pubblico per la scuola privata della regione di 2500 milioni: il 40 % in più) e un serbatoio ideologico per la gerarchia religiosa spagnola, che non ha fatto molti progressi dal tempo del franchismo. E così qualche giorno fa s’è vista a Valencia un’adunata di señoritos, reclutati nelle 429 scuole private della Comunità valenziana. che sfilavano come un branco di pecore, rivendicando più soldi per sé e meno soldi per quegli sfigati delle scuole pubbliche…

Quanto a Rivera, data un’occhiata ai sondaggi che lo mostrano più o meno stabile, ma scottato dalle precedenti esperienze con gli stessi sondaggisti, che gli avevano assegnato sempre un 3-4 % in più di quel che poi aveva raccolto (il suo elettorato “di centro” è mobile qual piuma al vento), ha deciso di darsi una mossa e di fare la faccia feroce. In Venezuela. Ma s’è mosso un po’ in ritardo, facendosi sbertucciare, come s’è visto, da Rajoy, veterano di campagne antichaviste, che gli ha dato del parvenu, e per dimostrare quanto lui faceva invece sul serio non ha esitato a convocare nientepopodimeno che il Consiglio nazionale di difesa sul… problema Venezuela. Teme un’invasione? Si rivolgerà alla NATO? Staremo a vedere. Per ora il Consiglio non ha preso alcuna decisione. I suoi membri devono comunque essere alquanto perplessi.

E il PSOE? Sta maluccio. La prospettiva di retrocedere a terzo partito è molto concreta e i mal di pancia stanno facendosi cronici. Il povero Sánchez cerca di mantenersi in equilibrio fra una destra interna molto aggressiva, capeggiata dall’ambiziosa e arrogante Susana Díaz, detta “La Barona”, che ha in mano la potente federazione andalusa, e una serie di “baroni” regionali che cercano di munirsi di salvagente. Non è un mistero che alcuni di questi (Comunità valenziana, Aragona) abbiano sondato Podemos e Izquierda Unida sulla possibilità di giungere ad accordi locali almeno per il Senato, terreno di caccia riservato al PP dalla legge elettorale. Ma quando Iglesias ha rilanciato la proposta a livello nazionale (che, se accolta, avrebbe sicuramente sloggiato il PP almeno dal Senato), Sánchez ha rifiutato sprezzantemente, rivendicando la completa “autosufficienza” del suo partito. Ha poi stoppato la federazione madrilena che aveva avanzato l’idea di entrare in giunta con la sindachessa Carmena, eletta da una confluencia di sinistra l’anno scorso, anche se non è riuscito a fare altrettanto con quella barcellonese, che ha aderito alla giunta di Ada Colau proprio in questi giorni. Ciliegina sulla torta, Sánchez si è impegnato di fronte alla platea degli industriali catalani a garantire che, comunque vadano queste elezioni, vi sarà sicuramente un governo entro l’estate. Il che significa che il PSOE è disposto a lasciare che si formi un governo PP-Ciudadanos, garantendogli un appoggio esterno con l’astensione. Che è un modo come un altro per suicidarsi.

 

Appendice italiana | «La Repubblica» spara (a salve) contro Podemos

E in Italia? La nostra stampa in generale si occupa scarsamente della Spagna (per la verità si occupa pochissimo anche del resto del mondo), ma quando lo fa va giù pesante, soprattutto quella di destra e centrodestra. Fa il suo mestiere, e noi glielo lasciamo fare. Stupisce invece, ma fino a un certo punto, la svagata leggerezza del quotidiano di riferimento dell’intellighentzia sedicente “di sinistra”, «La Repubblica».

Come altro definire se non svagatamente leggero l’articolo «Se questo è un sindaco», firmato “dal nostro inviato Marco Cicala” e pubblicato sul supplemento «il Venerdì» del 13 maggio scorso? Il sommarietto recita seriosamente: «Da un anno Podemos governa in sette città spagnole (Madrid e Barcellona incluse). Ma come governa? Abbiamo provato a capirlo a Cadice. Dove c’è un primo cittadino molto pittoresco». L’inchiesta di Cicala si riduce a un giretto fatto in compagnia di «Raul, uruguaiano, meccanico riconvertitosi alla vendita di pesce su furgoncino», col quale visita una casa occupata, ma che non si esprime né su Podemos né su altro, e in quattro chiacchiere con «Fernando Santiago […] navigato analista della vita cittadina», con un passato in Izquierda Unida, con «Pablo Simón, analista del sito politikon.es», con uno «storico attivista dell’associazionismo» locale e con «Emilio, edile […] fatalista». Non ci dice però se ha fatto anche uno sforzo per parlare pure con qualcuno di Podemos, visto che era l’oggetto dell’inchiesta. Anche così, comunque, qualcosa salta fuori. Il sindaco José Maria Gonzalez Santos, detto Kichi, «benché provenga dal – tardissimo – trozkismo», avrebbe fatto quanto segue: «si è autoridotto lo stipendio a 1800 euro e l’ha tagliato a tutti i dipendenti comunali. Ha rinunciato a guardie del corpo e auto blu. È intervenuto contro gli sfratti e per le mense scolastiche. Ha bloccato progetti di parking e di hotel giudicati invasivi. Ma», conclude l’insoddisfatto Cicala, «si è fatto notare soprattutto per i gesti simbolici». E giù per un paio di pagine alla caccia del «pittoresco». La Spagna in fin dei conti è «pittoresca», no?

Comunque, a Cicala perdoniamo tutto, perché almeno è stato leggero. Molto leggero, rispetto alla pesante rozzezza del suo quotidiano. Il 6 aprile scorso, infatti, «Repubblica» aveva dedicato un’intera pagina a Podemos, con un titolo molto stuzzicante: Fondi neri da Chávez per creare Podemos. In Spagna è bufera sul partito di Iglesias.

Il lettore frettoloso, quello che di fronte a un testo più lungo di uno sms o di un tweet è preso dal panico, avrà registrato il titolo e sarà passato oltre: per quanto interessante, la notizia appariva meno succulenta delle storie che stavano emergendo dai Panama Papers, con «fondi neri» (questi sì) di decine di capi di Stato, ministri, ex ministri, divi dello sport e dello spettacolo.

Il lettore meno frettoloso sarà rimasto invece, se non proprio deluso, un po’ sconcertato. Nel testo, di Alessandro Oppes, non c’era traccia di alcuna «bufera» (se era molto scrupoloso, avrà dato uno sguardo on-line ai quotidiani spagnoli: nessun accenno a «bufere», nemmeno nelle rubriche metereologiche). D’altro canto, nel testo non comparivano nemmeno i «fondi neri». Quel che c’era, era invece un riassunto di un articolo del quotidiano di destra «Abc» (affidabilità deontologica pari a quella dei nostri «Libero» e «Il Giornale») in cui con qualche contorcimento si cercava di convincere il lettore spagnolo che Podemos era stato finanziato da Chávez, per «bolivarizzare», appunto, la Spagna. Ne abbiamo parlato più sopra.

Oppes riassumeva il tutto con ampio uso di condizionali e di formule prudenziali («guerra di dossier dal contenuto tutto da dimostrare», «presunto finanziamento illecito», eccetera), ben conscio di maneggiare una materia (organica) di dubbia origine e autenticità, ma alla fine del suo articolo non resisteva alla tentazione di ispessire ulteriormente la nebbia, e concludeva citando anche un «rapporto di origine incerta […] in cui si cerca di dimostrare un finanziamento illecito a Podemos da parte del governo iraniano […] Un documento “privo di indizi razionali”, secondo la procura, che ne chiede l’archiviazione». Non si capisce allora perché Oppes ne abbia fatto cenno. O forse si capisce anche troppo. In questo caso, poteva fare bingo, citando anche un articolo uscito sul quotidiano di destra «La Razón», lo stesso giorno delle “rivelazioni” di «Abc», in cui si producevano “prove” di un finanziamento a Iglesias e compagni da parte del … Qatar. Così si poteva chiudere il cerchio, dimostrando che Podemos è in realtà la nuova SPECTRE, capace di mettere insieme bolivarismo chavista, integralismo sciita (Iran) e integralismo sunnita (Qatar)…