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aaaaaapronzonijpgPubblichiamo qui di seguito l’intervento del Deputato del MPS al Gran Consiglio Matteo Pronzini contro l’iniziativa e il controprogetto all’iniziativa Prima i nostri.

 

 

 

Il mio intervento vuole spiegare le ragioni per le quali mi oppongo sia all’iniziativa che al controprogetto.

Sostanzialmente possiamo dire che la ragione di fondo sta nel fatto che entrambe condividono la stessa filosofia.
Prima i nostri…? Ma chi sono i nostri? L’uso di questa parola sotto forma di pronome, lascia aperte molte interrogazioni, molti dubbi.
Persino il testo dell’iniziativa non chiarisce cosa intende . Basta leggere l’iniziativa con attenzione, in particolare la nuova lettera b) dell’art. 14: “(nuovo) sul mercato del lavoro venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul suo territorio per rapporto a chi proviene dall’estero (attuazione del principio di preferenza agli Svizzeri)”. Se nella prima parte dell’articolo si lascia intendere che “nostri” sono tutti coloro che vivono sul territorio, nella parentesi si glissa verso il principio di preferenza agli Svizzeri). Questo per dire che una volta stabilito che vi sono dei “nostri” e dei “loro” il passo per una continua e sempre più selettiva definizione e circoscrizione è molto breve.
Nulla di nuovo sotto il sole: per decenni il Front National dei Le Pen (padre e figlia) è stato l’ispiratore e il propagandista di questa parola d’ordine. Chi volesse ripercorrerne l’origine e gli sviluppi deve solo digitare l’espressione “Les Français d’abord” su Google e vi troverà non solo la referenza a questo testo di Le Pen padre, ma tutta la descrizione (in una voce di Wikipedia) delle prodezze di questo signore e della sua progenie.
Non meraviglia quindi che questo slogan sia stato fatto proprio da UDC e Lega in casa nostra; e sia oggi anche la logica che anima tutta una serie di organizzazioni della destra xenofoba europea, a cominciare dalla Lega salviniana.
Non meraviglia nemmeno molto che PPD e PLRT si trovino su questa stessa lunghezza d’onda: negli ultimi 20 anni, votazione dopo votazione, elezione dopo elezione, il PLRT (così come il cristianissimo PPD) sono arrivati a praticamente allinearsi alla UDC di Blocher. Non a caso si era parlato di una possibile alleanza elettorale.
Sorprende un po’ di più (ma non poi così tanto) che alla fine anche il PS si sia allineato su questa posizione. Sorprende guardando alle tradizioni politiche alle quale esso si vorrebbe richiamare; non sorprende pensando al fatto che nel recente passato esso abbia già sostenuto misure dal carattere “punitivo” nei confronti di categorie di lavoratori esteri, contrabbandate per misure di equità (alludo alla tassazione dei frontalieri); ma non sorprende perché proprio questo è il triste esito di chi non ha visto e non ha voluto vedere quello che arrivava (il dumping salariale) nel quadro dei bilaterali.
E, a più riprese, ha detto “Sì” ai bilaterali accontentandosi delle cosiddette “misure di accompagnamento” , vere e proprie ciofeche che hanno permesso al padronato di costruire la propria politica di dumping salariale. Una responsabilità che il PSS condivide con le altre forze governative (e, purtroppo, con le direzioni sindacali).

Poiché stiamo parlando di rapporti di lavoro, cioè di quei rapporti che costituiscono l’essenza del capitalismo nella forma padrone e salariato (un rapporto che abbraccia l’80% dei rapporti di lavoro nel capitalismo contemporaneo), non vi sono dubbi, almeno per noi, che per il padronato nostri fa rima con profitti, con interessi, con volontà di abbassare i costi di produzione e rendere più competitiva (termine magico) l’economia cantonale. E in questa prospettiva, non bisogna lasciarsi ingannare, proposte come quelle dell’iniziativa UDC vanno benone, anche se poi, ufficialmente e formalmente, il padronato se ne distanzia in nome della libertà economica assoluta.
È un gran bel doppio gioco (che può essere riassunto nel più tradizionale predicare bene e razzolare male) nel quale eccellono i vari Blocher, Spuhler che non sono, come qualcuno ama pensare dei piccoli padroncini tiranneggiati dal grande capitale, ma sono parte integrante e influente del gotha padronale svizzero, e in particolare di quello che “i nostri affari” li facciamo soprattutto presso di “loro”, i partner economici internazionali…
E che dire del presidente dell’UDC ticinese, quadro dirigente –come ama definirsi – di un’azienda che occupa quasi un terzo di frontalieri in un settore nel quale tradizionalmente i disoccupati che abitano in Ticino sono numerosi. Non ci pare di averlo visto sulle barricate per denunciare simili situazioni e non abbiamo notizia di aspre battaglie che condurrebbe giornalmente in difesa di quelli che lui chiama ” i nostri”
In realtà simili campagne hanno come obiettivo quello di dividere i salariati, istillare tra di loro il veleno della xenofobia e della divisione. Affermare oggi il principio della “priorità alla manodopera estera” significa consegnare i salariati nelle mani di chi vuole far di tutto per dividerli, per bloccarne qualsiasi iniziativa e azione in difesa dei diritti salariali e sociali di tutti i salariati, qualsiasi sia la loro nazionalità.
Significa sdoganare l’idea che sia “colpa” di una categoria di lavoratori (una categoria definita su base nazionale) per la degradazione delle condizioni salariali e sociali che vive, ormai da quasi due decenni, il nostro paese.
Significa inoltre pensare che è limitando i diritti di una categoria di salariati definita su base nazionale (o territoriale) che si risolvono i problemi dei salariati che vivono e lavorano su questo territorio. Ed il diritto che qui si chiede di limitare è quello al lavoro.
Per chi, come noi, pensa in termini di solidarietà sociale e di classe non possono esserci né “nostri”, né “loro” con i quali dividere sulla base di criteri di razza, nazionalità o territorialità i lavoratori (perché è di lavoratori salariati che stiamo parlando); per noi “nostri” e “loro” possono essere utilizzati solo in termini di interessi materiali e sociali alternativi, di classe.
Così , per noi, “prima i nostri” non può che significare che la battaglia deve essere condotta prima di tutto a favore degli interessi dei salariati, interessi economici, sociali e culturali. Salariati che sono tutti nella stessa barca, oggi ridotta quasi ad una piccola scialuppa, ben diversa dagli yaght padronali.
L’unica politica a sinistra non può che essere, per noi, quella di una difesa intransigente dei diritti dei salariati, indipendentemente dalla loro collazione di razza, nazionale o territoriale. E non ci si venga a dire, come fa qualche sindacalista da diporto, che se si limitasse la libera circolazione, se i lavoratori frontalieri fossero di meno (visti i loro interesse divergenti e il grado di ricattabilità maggiore) sarebbe più facile organizzare la resistenza sindacale. Se così fosse avremmo il personale cantonale in subbuglio di fronte alle decurtazioni e agli attacchi che subisce da anni. Invece a manifestare in difesa di salari e condizioni di lavoro abbiamo i lavoratori dell’edilizia (formata per 2/3 da lavoratori frontalieri), quelli che si dipingono come dei “privilegiati”; oppure abbiamo lavoratori del settore industriale (exten, Cattaneo, etc): anche qui una presenza massiccia di “loro”.
E naturalmente il nostro pensiero non può non andare alle innumerevoli volte che, a livello nazionale e cantonale, sono state proposte misure proprio per combattere il dumping salariale e sociale. Sistematicamente sono proprio quelle stesse forze politiche che oggi si schierano in difesa del principio della priorità ai lavori indigeni, che condividono comunque gli obiettivi dell’iniziativa UDC, ad essersi schierati sistematicamente contro qualsiasi misura significativa di lotta al dumping salariale. Per la semplice ragione che per loro e per il padronato (di cui sono espressione – basti vedere chi li guida) il dumping salariale non è il problema, ma la soluzione del problema del rilancio della competitività economica del cantone.
In concomitanza con la discussione di questa iniziativa si è discusso, nella stessa tornata parlamentare, anche la nostra iniziativa popolare “Basta con il dumping salariale in Ticino”: ed è significativo che siano tutti impegnati a combattere questa iniziativa opponendola ad una ciofeca di contro-progetto, che tutti difendono, e che ha come solo obiettivo di far cadere l’iniziativa in votazione popolare. Altro che lotta al dumping!