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Pubblichiamo questo breve testo che fa il punto sulla speculazione relative ai prezzi dell’energia nel contesto italiano. Esso emana dall’opposizione interna alla CGIL e si focalizza sulla situazione e sulle responsabilità italiane, anche se dà qualche chiave di lettura relativa al contesto internazionale. Si tratta di riflessioni valide, in parte, anche per il nostro paese, dove il gas conta per circa il 14% nei consumi finali. (Red)

Dietro gli aumenti energetici c’è la speculazione”: è la confessione resa da Roberto Cingolani (l’uomo tutto nucleare e digitalizzazione) al Senato della Repubblica.

Partiamo dalle sue affermazioni: “Non c’è qualcuno in Italia che sta facendo qualcosa di sbagliato. Il problema è la grande speculazione in certi Hub in cui si scambiano certificati e Future: il TtF a livello europeo e Psv italiano”.

E già, perché in questo fritto misto di ammissioni e reticenze, bugie e mezze verità c’è rischio di non cogliere la sostanza del problema. C’è una verità (la speculazione nella borsa del gas), un’omissione (chi sono questi famosi speculatori), una bugia (in Italia nessuno sta facendo qualcosa di sbagliato).

Primo, la speculazione sul mercato del gas è effettivamente l’attore principale dell’attuale aumento dei prezzi che si svolge in due luoghi (hub ) indicati dal geniale ministro: la borsa dei Paesi Bassi che determina il valore dell’indice TtF (Title Transfer Facility) e il Psv (punto di scambio virtuale) su cui si basa il mercato italiano del gas all’ingrosso.

Nel primo Hub si determina il prezzo di riferimento a livello europeo, nel secondo gli operatori nazionali stabiliscono il prezzo all’ingrosso da scaricare poi sui clienti finali nel nostro paese.

Ma cosa accade in questo Psv? Naturalmente il ministro non l’ha spiegato; i fornitori all’ingrosso, vendono sempre ad un prezzo maggiore di quello del TtF, e fin qui nulla di strano anche se in realtà, ci sarebbe molto da dire su questo meccanismo d’intermediazione infinite di natura esclusivamente speculativa. Ma così vanno le cose nel magnifico mondo del capitalismo del XXI secolo.

C’è però qualcosa di più che Cingolani ha omesso del tutto. Il gas trattato a Psv (ai punti di ingresso nella rete nazionale) viene solo in parte dagli acquisti della borsa olandese; l’altra parte, la più consistente, viene invece da contratti pluriennali in qualche caso ultradecennali, a prezzi enormemente più bassi. Ma anche questo gas viene poi prezzato in base all’indice olandese, producendo così guadagni miliardari ai maggiori operatori. Miracoli della finanza creativa applicata all’energia. A tal proposito consigliano un articolo di Virginia Della Sala sul Fatto Quotidiano del 13 marzo.

L’ articolo ha il merito di chiarire sia il meccanismo, sia i nomi dei grandi speculatori in primo luogo Eni, Enel, Edison. Chiarita anche l’entità della truffa si paga un prezzo al fornitore, (principalmente russo), di €40 a megawattora, ma poi la “buona” Eni rivende il gas sul mercato italiano avendo come base (che verrà ulteriormente rialzata nel passaggio Psv) i 100 euro mwh del TtF olandese.

Intanto vorremmo ricordare al ministro Cingolani che Eni ed Enel sono due aziende italiane, e se pur due aziende privatizzate e quotate in borsa, tuttora sono a maggioranza pubblica. Dunque lo Stato, tramite il governo, avrebbe tutti gli strumenti per dire basta a questo latrocinio. ma non lo fa: non vorrete mettere i nuovi lacci e laccioli al meraviglioso “Mercato…!!”.

Il furto continua alla borsa elettrica.

Ormai tutti sanno che il prezzo dell’energia elettrica sta salendo come, ed anche di più, di quello del gas. Come mai questa assoluta simmetria?

Eppure nel 2021 solo il 40% dell’energia elettrica immessa in rete (118 miliardi kwh su 294) è stata generata nelle centrali a gas.

Di certo non è aumentato il prezzo nella materia prima, delle rinnovabili, l’acqua dell’idroelettrico (44 miliardi di kwh), i raggi solari del fotovoltaico (25 miliardi), il vento che alimenta le pale eoliche (20 miliardi), il vapore del geotermico (6 miliardi), continuano ad avere un costo zero. Mentre pure le biomasse (24 miliardi di kwh) il carbone (13 miliardi), hanno avuto aumenti decisamente più contenuti. E allora?

Allora così come il prezzo del gas lo fa la borsa olandese, quello del kilowattora lo fa la borsa elettrica, dov’è nelle contrattazioni giornaliere decisivo è il cosiddetto “prezzo marginale”, cioè quello più alto offerto dai produttori per coprire il consumo previsto per il giorno successivo. Chiaro come nell’attuale situazione il prezzo più alto lo offrono le centrali a gas. Ma, per i meccanismi che regolano le borse elettriche europee, quel prezzo verrà poi riconosciuto a tutti i produttori. Misteri di un “libero mercato” disegnato appositamente per i grandi gruppi oligopolistici che controllano i vari mercati nazionali dell’UE.

Dunque, se il proprietario di un impianto idroelettrico avrà offerto un Megawattore a €50, mentre l’ultimo produttore con alimentazione a gas entrato in asta avrà proposto un prezzo di €400 a megawattora, entrambi otterranno lo stesso prezzo finale, ovviamente in quello più alto di €400/kwh. Di fatto il prezzo lo fa quindi il gas, assicurando così profitti giganteschi all’idroelettrico, ma pur alle inquinanti centrali a Carbone.

Con questo meccanismo il costo medio dell’energia elettrica all’ingrosso è passato da €58 nel primo trimestre 2021 a 407 € a megawattora nella seconda settimana dello scorso febbraio.

Ricapitolando il prezzo del gas già drogato dall’indice della borsa olandese finisce per drogare il prezzo di tutta l’energia elettrica che passa dalla borsa elettrica. Così grandi gruppi fanno bingo, mentre le famiglie impoveriscono.

A questo punto si sarà capito in cosa consistono gli extra profitti di cui parlano tutti perfino il governo. Il problema è che oltre a parlarne, altro non si fa.

Questo per una ragione molto semplice: è il mercato ci dicono, mica vorrete tornare allo statalismo? Un tempo i prezzi dell’energia li fissava lo stato, oggi abbiamo invece il vasto campionario di meraviglie offertoci dalla liberalizzazione. Dunque nessun abbattimento degli extra profitti al massimo lo si potrà fare per un brevissimo periodo emergenziale (vedi ultimo decreto del governo).

Fin qui, il gas e l’energia elettrica. Ma un discorso analogo va fatto anche per il prezzo dei carburanti alla pompa.

Nel 2008, nei mesi immediatamente precedenti allo scoppio della grande crisi finanziaria, il prezzo del barile di petrolio era schizzato 150 dollari, valore mai raggiunto in queste settimane. Eppure allora il prezzo della benzina alla pompa non supererò mai €2, mentre oggi siamo arrivati a €2,40.

Insomma tempi duri per la povera gente, ma felici per gli speculatori e in questo caso le compagnie petrolifere.

Oltre agli argomenti trattati in questo articolo, un discorso più generale andrebbe fatto sulle scelte di fondo della UE in materia energetica.

Queste scelte, autolesionisticamente condivise dal governo italiano, basate sul totale sganciamento delle forniture russe sono semplicemente disastrose. Importare gas via nave costerebbe il doppio di quello che arriva dalla Siberia.

Per concludere riteniamo necessario che il sindacato non solo debba denunciare questo aumento dei prezzi dei meccanismi ad essi collegati, figli di una politica neoliberista.

Nell’immediato bisogna recuperare una politica salariale che vada oltre l’indice Ipca (depurato proprio dagli aumenti energetici), e oltre gli andamenti di settore quindi, una politica salariale di pieno recupero dell’inflazione.

Nel tempo ci sarebbe da: ripensare tutti i processi di privatizzazione è liberalizzazione nei comparti strategici dell’energia; rinazionalizzazione delle aziende del settore, ed una politica dei prezzi finalizzata al rilancio dell’economia; spingere le aziende del settore anche con un intervento statale alla sottoscrizione dei contratti pluriennali che garantiscono le forniture da un lato ed il prezzo dall’altro.

Si tratta di strumenti semplici, che esistono da sempre, che solo la follia neoliberista negli ultimi tempi ha messo da parte a favore dei contratti spot a breve termine.

In ultimo, una politica di mediazione nel conflitto in corso da parte del nostro paese: l’esatto contrario di quanto si sta facendo soprattutto con le forniture militari all’Ucraina.

*area di opposizione interna alla CGIL