Nel recente dibattito sulla questione del sistema di abilitazione, la discussione si è inevitabilmente estesa al tema più generale del rapporto tra formazione e sbocchi professionali dei docenti. Molte delle testimonianze individuali e collettive (ad esempio, le varie prese di posizione di gruppi di studenti e docenti in abilitazione o già abilitati) hanno denunciato situazioni di precarietà nella scuola. In particolare, essa si manifesterebbe attraverso l’assegnazione di posti di lavoro a tempo parziale, legata alla mancanza di ore di insegnamento.
I segnali della presenza e persistenza di possibili sacche di precarietà sono almeno due e riguardano la costituzione del rapporto di lavoro. Il primo è la percentuale lavorativa (meno del 50%, più del 50%, o tempo pieno); il secondo è lo statuto del rapporto di lavoro, ossia un rapporto a tempo indeterminato (nomina) o un rapporto a tempo determinato (incarico).
Il primo aspetto, ovvero il lavoro a tempo parziale nell’insegnamento, non è necessariamente sinonimo di precarietà. Infatti, molti docenti scelgono volontariamente un insegnamento a tempo parziale, in base a considerazioni individuali o familiari.
Il secondo aspetto, invece, è strettamente legato alla gestione del personale da parte del datore di lavoro. Si ricorda, infatti, che la nomina – cioè l’assunzione a tempo indeterminato – può avvenire solo con un rapporto di lavoro almeno pari al 50%.
La situazione del lavoro a tempo parziale
Abbiamo cercato di approfondire la questione del lavoro a tempo parziale nella scuola utilizzando i dati forniti dalla statistica ufficiale del sistema scolastico (relativi all’anno scolastico 2022/2023, l’ultimo pubblicato). Ecco le indicazioni emerse (dati in unità fisiche – qui tabelle e grafici – tratti da La scuola ticinese in cifre – ed. 2024):
Scuole dell’infanzia
- Il 4% degli insegnanti (la quasi totalità donne) ha un rapporto di lavoro inferiore al 50%
- Il 42,4% degli insegnanti (la quasi totalità donne) ha un rapporto di lavoro tra il 50% e l’89%
- Solo il 53,7% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro a tempo pieno
Scuole elementari
- Il 6,8% degli insegnanti (4/5 donne) ha un rapporto di lavoro inferiore al 50%
- Il 41,8% degli insegnanti (4/5 donne) ha un rapporto di lavoro tra il 50% e l’89%
- Solo il 51,3% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro a tempo pieno
Scuola media
- Il 14,9% degli insegnanti (per ¾ donne) ha un rapporto di lavoro inferiore al 50%
- Il 40,6% degli insegnanti (4/5 donne) ha un rapporto di lavoro tra il 50% e l’89%
- Solo il 44,5% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro a tempo pieno
Scuola media superiore
- L’11% degli insegnanti (50% donne) ha un rapporto di lavoro inferiore al 50%
- Il 39,6% degli insegnanti (50% donne) ha un rapporto di lavoro tra il 50% e l’89%
- Solo il 49,3% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro a tempo pieno
Se confrontato con l’occupazione complessiva nelle scuole dell’obbligo e nelle scuole medie superiori, si osserva la seguente stratificazione:
- Il 10% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro inferiore al 50%
- Il 40% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro tra il 50% e l’89%
- Solo il 50% degli insegnanti ha un rapporto di lavoro a tempo pieno
Questi dati, seppur riferiti alle tre diverse tipologie di percentuale di lavoro, non hanno mostrato sostanziali variazioni negli ultimi anni (almeno fino all’anno scolastico 2022/2023).
Un altro elemento da sottolineare è che il lavoro a tempo parziale coinvolge maggiormente le donne, indipendentemente dal fatto che esse siano ormai maggioritarie in tutti gli ordini di scuola. Infatti, la percentuale di donne che scelgono rapporti di lavoro a tempo parziale è superiore alla media della loro presenza, segnalando che il lavoro a tempo parziale – come indicato anche da altre analisi settoriali – è principalmente sostenuto dalle donne. Questo dato richiede ulteriori approfondimenti, in particolare per quanto riguarda le implicazioni sul piano salariale e previdenziale.
Importante è anche il dato relativo ai rapporti di lavoro inferiori al 50%, che nella media raggiungono il 10%. Questo dato è significativo poiché, almeno sulla carta, un rapporto di lavoro sotto al 50% non offre garanzie di stabilità e continuità, mentre un contratto con una percentuale di almeno il 50% potrebbe garantire tali condizioni. Ciò suggerisce che i contratti di lavoro inferiori al 50% siano, in molti casi, una situazione subita e non una “libera scelta”.
Vale la pena aggiungere che il lavoro a tempo parziale caratterizza l’insegnamento in modo molto più marcato rispetto ad altre attività nell’amministrazione cantonale. Infatti, considerando il grado di occupazione nell’amministrazione, i dati sono i seguenti:
- L’1,2% dei dipendenti ha un rapporto di lavoro inferiore al 49%
- Il 9,5% dei dipendenti ha un rapporto di lavoro al 50%
- Il 18,2% dei dipendenti ha un rapporto di lavoro tra il 51% e il 99%
- Il 71% dei dipendenti ha un rapporto di lavoro al 100%
Questo quadro differisce notevolmente da quello scolastico, anche se i rilevamenti non sono direttamente comparabili. In tutti i settori scolastici, i contratti di lavoro inferiori al 50% sono significativamente più numerosi rispetto all’1,2% registrato nell’amministrazione (si va dal 4% della scuola dell’infanzia al 14,9% della scuola media). Per quanto riguarda i contratti a tempo pieno, nella scuola si osserva una percentuale che varia dal 44,5% (scuola media) al 53,7% (scuola dell’infanzia), mentre nell’amministrazione raggiunge il 71%.
Fatte queste considerazioni, resta il fatto che il lavoro a tempo parziale coinvolge almeno metà degli insegnanti delle scuole ticinesi. Sarebbe utile poter disporre di dati più disaggregati riguardanti i contratti di lavoro a tempo parziale tra il 50% e l’89%.
Nomine e incarichi: quale evoluzione?
I dati sopra riportati indicano tendenze chiare riguardo al lavoro a tempo parziale, che, quando non rappresenta una scelta libera, è sicuramente un segnale di precarietà. Un indicatore ancora più forte e chiaro, come già accennato, riguarda lo statuto giuridico del rapporto di lavoro, in particolare la differenza tra “nomina” e “incarico” ( soprattutto per il personale docente), tra nomina e diversi altri statuti riconducibili a quello di “ausiliario” per il personale amministrativo.
Ricordiamo che, secondo l’art. 7 della LORD, la “nomina” è l’atto amministrativo con cui il dipendente viene assunto a tempo indeterminato e assegnato a una funzione, mentre l’”incarico” (art. 15 della LORD) è l’atto amministrativo con cui il dipendente viene assunto per un periodo determinato. Per quel che riguarda l’amministrazione si tratta soprattutto del cosiddetto “personale ausiliario”, cioè coloro che vengono assunti a tempo indeterminato se si tratta di “personale invalido e personale di pulizia”; mentre vengono assunti a tempo determinato “ i supplenti, il personale necessario a coadiuvare i servizi dell’Amministrazione nell’esecuzione di compiti a carattere straordinario o provvisorio o nell’evasione di accumuli transitori di lavoro e il personale in stage”. Tutta una galassia di persone i cui rapporti sono retti di fatto dal diritto privato (con riferimenti contrattuali ad alcune disposizione di legge che devono rispettare) gestite con contratti a termine che molto spesso si prolungano nel tempo.
La “nomina”, quindi, si caratterizza come un rapporto di lavoro stabile. Non a caso, spesso viene messa in discussione da chi vuole privare i dipendenti pubblici dei loro presunti “privilegi”, insistendo sulla necessità di abolire la nomina per equiparare il rapporto di lavoro pubblico a quello del settore privato. Va ricordato che in Svizzera, forse seconda solo agli Stati Uniti, il settore privato è caratterizzato da minori vincoli nelle procedure relative allo scioglimento dei rapporti di lavoro, non conoscendo praticamente il concetto di contratto a tempo indeterminato.
Al momento, è difficile analizzare la situazione dal punto di vista statistico, poiché non sono disponibili dati concreti (né nei rendiconti del Consiglio di Stato, né nelle pubblicazioni statistiche relative al mondo della scuola e dell’amministrazione) sulle percentuali di incaricati e di personale ausiliario nelle scuole e nell’amministrazione cantonale, né tantomeno sulla loro evoluzione negli anni più recenti. In realtà, i dati ci sono e vengono sistematicamente inviati dalla sezione risorse umane del DFE alla commissione della gestione del Gran Consiglio. La quale, come fa con tutta una serie di dati e documenti, li tiene per sé e, soprattutto, si guarda bene dal condividerli con il resto dei membri del Parlamento o con i cittadini e le cittadine di questo Cantone; né, tantomeno, li hai mai utilizzati per avviare una discussione e una riflessione pubbliche sulla questione.
Una convinzione diffusa, alla luce degli eventi recenti riguardanti l’abilitazione dei docenti e della politica del personale adottata negli ultimi anni, sembra suggerire che il lavoro precario stia aumentando nell’amministrazione e nella scuola. Di conseguenza, c’è una crescente esigenza non solo di approfondire l’analisi di questo fenomeno, ma anche di avviare politiche che possano limitarlo in modo significativo.
Spetta alle organizzazioni che affermano di difendere gli interessi dei salariati, in particolare – in questo caso – quelle dei lavoratori pubblici, avviare un’azione che, prima di tutto, analizzi il fenomeno dal punto di vista qualitativo e quantitativo; per poi avviare una processo di mobilitazione in difesa dei diritti di chi lavora, o vorrebbe lavorare, senza il peso di una condizione di precarietà assolutamente inaccettabile.
*articolo apparso sul sito www.naufraghi.ch il 12 aprile 2025.