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aaagreveloitravailNel grande movimento di massa francese per imporre il ritiro della famigerata legge sul lavoro un ruolo centrale viene giocato dalla CGT, l’organizzazione sindacale storicamente collegata al PCF e fortemente impiantata nella classe operaia.

In realtà la riduzione o la scomparsa di alcuni comparti storici del proletariato francese hanno non poco modificato la struttura di questo sindacato e non meno significativo è stato il venir meno del controllo del PCF su di esso in forza della sua crisi. Il PCF, per altro, proprio in questi giorni sta svolgendo il suo 37° congresso in un contesto politico interno del tutto inedito: il documento della direzione uscente ha ottenuto poco più del 51% e si confronta con altri 4 documenti di minoranza, una novità assoluta per un partito che fino a non molto tempo fa era molto centralizzato.
Contro la CGT le forze padronali hanno lanciato una fortissima campagna politica di denigrazione, che esprime molto bene l’odio di classe dei padroni contro questi sindacato, ma più in generale contro gli operai, volto ad indebolire e colpire il movimento di massa che sta lottando da alcuni mesi.
La storia della CGT è abbastanza complessa e così anche le posizioni politiche e strategiche che questo sindacato esprime. In Italia nelle forze di sinistra, in comparazione e contrapposizione alle posizione collaborazioniste e ultramoderate della CGIL, si è prodotta in queste settimane un’analisi agiografica della CGT transalpina.
L’articolo di Robert Pelletier che pubblichiamo qua sotto denuncia gli attacchi volenti portati avanti dai padroni contro questo sindacato, richiamandone però la complessità del dibattito e della vita interna ben espressa nel recente congresso di aprile, sotto l’impatto della mobilitazione sociale e della pressione dei settori sindacali militanti più combattivi. In proposito si veda l’articolo “Il 51° congresso della CGT, le poste in gioco decisive” (in francese).

Fin dall’inizio della mobilitazione contro la legge sul lavoro, governo, padroni e i media ai loro ordini hanno sviluppato una virulenta campagna contro la CGT. Nei suoi ultimi interventi, Gattaz (il Presidente del MEDEF, la Confindustria francese) ha denunciato la “deriva” della CGT, la sua radicalizzazione e politicizzazione che esercitano “una dittatura staliniana”… Per il capo dei padroni, “la sigla CGT è sinonimo di disoccupazione”. La violenza delle parole sottolinea l’odio dei padroni, forti del sostegno del governo, contro le lavoratrici e i lavoratori, soprattutto quando queste/i rifiutano gli arretramenti sociali.

Una o diverse CGT?
Una delle caratteristiche degli attacchi di governo e padronato è quella di agire come se la CGT fosse totalmente omogenea dietro a Philippe Martinez (il segretario della CGT), designato come “padre padrone” della CGT.
Invece, la storia ed anche la preistoria (Carta di Amiens) hanno modellato una confederazione attraversata da diverse correnti e da comportamenti assai differenti. Il crollo politico ed organizzativo del PCF, che ha fatto venir meno la colonna vertebrale della CGT, ha accentuato queste disparità. Il fatto che la riorganizzazione della confederazione, che voleva ridurre drasticamente il numero delle Federazioni, liquidare le Unioni locali e mettere le Unioni dipartimentali sotto il controllo delle Unioni regionali, sia sempre stato rinviato dal 2014 in poi, dimostra la volontà di queste strutture di mantenere il controllo sulle proprie scelte strategiche.
E’ apparso d’altronde chiaramente che sono state proprio certe Federazioni, certe Unioni dipartimentali e numerose Unioni locali a spingere per l’attuale mobilitazione ai livelli più alti. E bisogna anche constatare che l’impegno della CGT SNCF (la federazione dei ferrovieri che ha indetto dei forti scioperi NdT) è molto distante da quello della Federazione chimica e di molti sindacati di azienda.

Assumersi le proprie responsabilità
L’impegno delle UD e delle UL è in parte una risposta alle difficoltà della mobilitazione nelle aziende, soprattutto nel privato, e corrisponde alla volontà di certi sindacati di inserirsi in una più ampia mobilitazione intercategoriale, rifiutandosi però di esserne l’avanguardia. Ma è anche una risposta alle tergiversazioni dell’Intersindacale che dal 9 marzo in poi hanno caratterizzato l’andamento delle mobilitazioni. La giustificazione di un certo attendismo è collegato in primo luogo alla difficoltà reale a mobilitare settori più larghi di lavoratori e non solo quelli che sono i collettivi militanti e i settori di lavoratori già convinti e decisi a battersi fino in fondo..
Le cause di questo atteggiamento sono da ricercare negli arretramenti e nelle sconfitte subite da una dozzina di anni a questa parte; le posizioni della CFDT e dei suoi alleati di queste sconfitte sono contemporaneamente causa e conseguenza, senza che la CFDT sia chiamata a pagarne un prezzo in termini politici o di consensi elettorali nei luoghi di lavoro. Da qui la giustificazione della direzione confederale CGT, e della stessa Solidaires, di cercare di mantenere un quadro unitario. Sappiamo che certe volte il dire di volersi rimettere alle decisioni alla base, ai salariati, può nascondere il rifiuto di assumersi le necessarie responsabilità a livello di direzione.
In questo momento in cui le voci si infittiscono sui possibili arretramenti della direzione confederale CGT in merito al ritiro del testo di legge, l’allargamento della mobilitazione dello sciopero costituisce l’unico antidoto. Per rispondere ad Hollande che vuole un chiarimento “tra due sindacalismi” (un sindacalismo di contestazione o un sindacalismo di responsabilità”), la nostra capacità di saper rovesciare i rapporti di forza, di vincere, peserà con tutta la sua forza perché questa chiarificazione si faccia dalla parte giusta della barricata di classe.