Da un anno e mezzo a questa parte sono spuntati nelle strade di Napoli, quelle ovviamente interessate al passeggio dei turisti, beverini con un’etichetta in bella mostra “Acqua Bene Comune – buona da bere”. L’etichetta non dice bugie. L’azienda speciale ABC, che gestisce il servizio idrico nel capoluogo campano, fa rilievi dei dati sulla qualità dell’acqua in misura cinque volte superiore a quelle imposte dalla legge nazionale. I rilievi sono effettuati alla fonte, alle grandi condutture che portano l’acqua a Napoli, alle vasche e in tutti i punti di prelievo distribuiti in città.
Il laboratorio d’analisi dell’ABC ha raccolto nell’ultimo anno più di 143.000 dati per la sola città di Napoli. Il laboratorio, tra l’altro, offre il servizio di analisi anche per conto della Regione Campania e di altri comuni. Non dispongono di una struttura d’analisi idonea, per esempio, l’accaparratrice del servizio idrico nella popolosa area vesuviana, la SpA GORI (società governata dall’ACEA/Caltagirone e dalla multinazionale SUEZ), con a capo il presidente La Boccetta, a sua volta nominato dal senatore Carlo Sarlo (persona di Dell’Utri) e ACQUEDOTTI SCPA, l’azienda privata gestrice dell’analogo servizio nei comuni di Napoli Nord e vicinissima all’onorevole Luigi Cesaro (altrimenti noto come Giggino ‘a Purpetta).
L’ABC è un’azienda speciale, non una SpA, quindi inaccessibile per i capitali privati. Ha un solo padrone: il Comune di Napoli. E’ d’obbligo dare i meriti al sindaco De Magistris che, assumendo le ripetute istanze del comitato dei cittadini per l’acqua pubblica, un anno fa sollecitò la maggioranza del consiglio comunale a votare la delibera per la “messa in sicurezza” dell’azienda. A De Magistris bisogna riconoscere almeno altri due meriti. Il primo: un anno e mezzo fa nominò presidente dell’ABC un militante del comitato per l’acqua pubblica, Maurizio Montalto; il secondo: aver scelto per il nuovo CdA dell’Azienda, insediatosi meno di un mese fa, attivisti da anni impegnati in battaglie contro le discariche (la compagna Marika Fioretti e Maria Rosaria Luongo) e contro la privatizzazione del servizio idrico (il compagno Carlo Borriello).
Scelte che segnano una nuova politica aziendale che va via via differenziandosi, per modalità di gestione, sia dall’amministrazione del duo Barracco-Panico sia da quella gestita dal gruppo dell’ex presidente Mattei.
La nuova presidenza ha aperto i CdA ai comitati dei cittadini per l’acqua pubblica.
La nascita, poco più di un mese fa, di un Consiglio Civico che si propone di agevolare la partecipazione attiva degli utenti cittadini (pareri, suggerimenti di gestione, richieste di trasparenza su come sono spesi i fondi dell’azienda…).
Con un bando pubblico, dal budget del presidente Montalto sono stati stornati 50.000 euro (5.000 euro per otto progetti) in “missioni internazionali” per aiutare la distribuzione dell’acqua potabile in paesi come il Malawi, Palestina, Etiopia…
Nei primi quattro mesi del 2016 ci sono state oltre 3.100 visite (in massima parte scuole) interessate a conoscere gli impianti. In tutto il 2013 le visite sono state soltanto 213.
Le spese, calcolate in base annua, del nuovo presidente per pranzi, relazioni con la stampa, riunioni e altre rappresentanze sono state di 3.600 euro su una disponibilità di 230.000 euro. Dal 2012 al 2014, per viaggi e rappresentanze sono stati spesi, ogni anno, tra i 30.000 e i 40.000 euro. Nel 2014, con la presidenza Mattei, sono stati assegnati, senza alcun bando pubblico, oltre 80.000 euro a Centri Universitari.
L’ABC non è un’oasi socialista e in essa non mancano contraddizioni di fondo, che sono poi più o meno le stesse di ogni istituzione del sistema borghese, ma resta un’azienda pubblica, che va difesa dalle politiche liberiste così come vanno difese la scuola pubblica, la sanità pubblica e il trasporto pubblico. Non sarà difendibile se, per esempio, una volta stabilizzati (con l’obiettivo di assumerli) i lavoratori della Net Service s.r.l., non avvierà una concreta strategia per completare l’internalizzazione dei servizi, in massima parte già affidati ai lavoratori ABC.
In molti comuni della città metropolitana di Napoli, dove il servizio idrico è affidato ad aziende private, sono sorti nuovi comitati per l’acqua pubblica. Chiedono ai rispettivi sindaci di scegliere ABC e non un gestore privato. Una sfida, quella dei comitati, contro la legge regionale sull’acqua in Campania, costruita apposta per aprire le porte alle grandi lobby. Qualche comitato più appassionato sta tentando di organizzare squadrette per il “riallaccio dal basso” di quelle utenze, vessate dalla povertà, staccate perché morose.
Parliamoci chiaro e con un minimo di realismo politico: il diritto all’acqua non può essere competenza delle aziende; deve essere assunto, semmai, dai capitoli di spesa dello Stato con una legge nazionale che dovrà farsi carico di garantire il servizio idrico anche a tutti quelli che non possono pagare le bollette. Sperare, però, che ciò avvenga attraverso le democratiche vie istituzionali è “o un’ingenuità o un imbarazzo” (A. Labriola). Che fare allora? In primo luogo dare una mano a questi comitati; la seconda è approfittare di ogni occasione per parlare alle “energie antagoniste” napoletane e spingerle a sostenere la battaglia di chi vuole che sia “l’anomalia” ABC e non una azienda privata a gestire il servizio idrico nella città metropolitana.
È per questo motivo che Sinistra Anticapitalista Napoli ritiene necessario costruire un momento pubblico di confronto e dibattito tra tutte le realtà antagoniste napoletane: una discussione orientata all’azione che inquadri la lotta per l’approfondimento del processo di ripubblicizzazione dell’acqua nel contesto più generale della lotta per la difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici locali contro gli attacchi del governo Renzi, che si sono precisati senza ombra di equivoco con il cosiddetto decreto Madia.
Solo dopo aver raggiunto l’ obiettivo di ripubblicizzazione integrale dell’acqua nell’ambito della città metropolitana, potremo vedere aprirsi scenari di “emulazione” in altre regioni del Paese. E forse, chissà, dietro un’auspicabile spinta più tenace da parte dei comitati, delle organizzazioni politiche, dei movimenti sociali si potrebbe acuire la “crisi di rapporti” tra i sindaci dei Comuni e lo Stato Centrale. In poche parole, ogni battaglia politica deve essere inserita in una strategia più ampia, dal locale al nazionale, atta ad avviare una crescita permanente del conflitto sociale.